Di Paola Gurumendi
Quando ci si ammala a 13 anni non si pensa di avere la forza per andare avanti, ma con il passare del tempo ti abitui alle stanze bianche degli ospedali, diventi una piccola infermiera che segue le sue stesse cure e ti senti come una leoncina piena di forza, soltanto che sinceramente in fondo a tutto questo, ti senti solo persa e arrabbiata.
Mi hanno sempre detto di non mollare, ho fatto mille promesse a mille persone, ma ricorderò sempre la prima di tutte – espressa dopo l’intervento – al mio primo fisioterapista. Lui sì che sapeva come farmi tornare il sorriso: era bello, bruno e molto giovane, mi piaceva un sacco ?.
Ricordare il periodo in Istituito non è bello, ma a volte mi aiuta a superare le difficoltà recenti perché ripeto a me stessa «hai superato un ostacolo così grande che questo deve essere un gioco. Non hai vinto la guerra, ma solo una battaglia: questo è già un bel traguardo. Non tutti ce la fanno e tu sei viva, ricordatelo».
Sono passati undici anni ormai e ho ripreso a vivere tra mille difficoltà, delusioni, tradimenti e persone perse. Vivo una vita totalmente diversa dalle mie coetanee: non sono una ragazza che pensa al vestito, al gioiello, all’ultimo modello di cellulare. Mi sento di un altro genere: preferisco i romanzi alla serata in discoteca, amo la musica e la scrittura creativa, non mi piace il casino delle serate sui Navigli (sia chiaro, ogni tanto ci vado con mia cugina e qualche amico) ma sento che non è il mio mondo, che quella delle grandi serate non è la parte migliore di me.
Molte volte purtroppo sono entrata in depressione: erano i giorni peggiori perché niente aveva senso, ma poi ho scoperto l’amore. A diciotto anni mi innamorai per la prima volta e anche se non è andata bene, grazie a questa storia ho cominciato a scrivere. Ho ritrovato nei fogli bianchi una voglia pazzesca di esprimere i miei desideri creando mille poesie su un amore cercato e fino ad ora non trovato.
Sì ragazzi, posso dire che la scrittura mi ha salvato la vita. Poco tempo dopo ascoltai per caso il brano dei Moda’ Scusami e da allora sono diventati la colonna sonora dei miei momenti. Ora sono una loro grande fan e posso dirvi che non c’è giorno che non ascolti una loro canzone: sono una romantica nata che crescendo non fa altro che scrivere poesie, storie, avventure, che legge romanzi a volontà e ascolta musica per non restare ferma; sono appassionata di danza, di moto, di viaggi e soprattutto della mia famiglia.
L’ultimo periodo di depressione mi ha veramente distrutta, ma anche in questo caso il mio angelo custode mi ha fatto un bellissimo dono che non ho più lasciato. In quei giorni bui ho scoperto la mia seconda famiglia: i B.Livers, ragazzi che come me lottano per un futuro migliore fuori dagli ospedali. Grazie a Bill Niada, il fondatore del progetto B.Live e soprattutto alle persone che lavorano con lui, ho ritrovato la voglia di vivere, quella voglia che non avevo più. Insieme abbiamo l’opportunità di conoscere persone, fare esperienze lavorative, creare borse, gioielli, vestiti, e anche questo stupendo giornale, Il Bullone, dove i cronisti siamo noi ragazzi e i volontari.
Insieme a tutte queste belle cose ho trovato anche un lavoro che riesco a gestire con tanti altri impegni. Raccontarvi il mio lavoro è come parlare con gli amici. Dopo tanti colloqui andati a vuoto sono riuscita a firmare un contratto per lavorare da Zara, in centro a Milano. Posso anche dire che dopotutto una vittoria l’ho avuta perché adesso ho delle piccole sicurezze che prima non avevo. Fare la commessa non è solo mettere a posto i vestiti, gestire la cassa o convincere i clienti a comprare.
È molto di più! Per fare la commessa per prima cosa devi essere disponibile verso i colleghi, ma soprattutto verso i clienti e anche se ogni tanto qualcuno ti fa arrabbiare, troverai sempre qualcuno da aiutare e da consigliare ed è questo che lo rende bello e interessante. Suggerire a qualcuno che cosa indossare o come indossarlo, ti lascia la libertà di giocare con i modelli e i colori dei vestiti, delle scarpe e degli accessori.
A fine giornata ritorni a casa con tanti grazie, con mille sorrisi, con una fame da lupi e con laconsapevolezza di aver dato il meglio che puoi e sapendo che certe persone torneranno in negozio, ti senti felice. Fare la commessa è un lavoro stancante, pieno di responsabilità, ma nello stesso tempo è gratificante. La mia vita non è mai stata rosa e fiori, ma non per questo ho mollato, anzi provo sempre a guardare avanti e mai indietro perché ciò che mi rende unica, come lo è ogni essere umano è la consapevolezza che lottare sarà sempre il modo migliore per sopravvivere in questo mondo.
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