Di Alessandro Mangogna
Nella Microsoft House di viale Pasubio si è parlato di innovazione in tutte le sue forme, anche nell’ambito agrario: in particolare si è parlato di coltivazione idroponica. Ma di cosa si tratta? Il termine «idroponica» deriva dal greco antico hýdor (acqua) + pónos (lavoro) e viene utilizzato per descrivere questa particolare tecnica in cui non è più la terra a fornire nutrimento, ma l’acqua. In poche parole la pianta viene sorretta da un materiale inerte, quale può essere l’argilla espansa, mentre le sue radici sono immerse in una miscela di acqua e composti contenenti tutti gli elementi indispensabili alla nutrizione minerale. Si tratta di una pratica fortemente automatizzata, in cui ogni parametro necessario per il benessere della pianta viene continuamente monitorato tramite dei sensori e regolato nel caso non si trovi entro certi limiti di accettabilità. Per fare un paragone con qualcosa di più vicino a noi è come quando in ospedale misurano ai pazienti temperatura, pressione e battito cardiaco. I parametri di base che stabiliscono lo stato di salute di una pianta sono invece l’intensità della luce a cui è esposta, la concentrazione di ossigeno e sostanze nutritive nell’acqua e il pH di quest’ultima. Se in un primo momento eravamo un po’ scettici sulla validità di questa tecnica di coltivazione, in quanto ci era sembrata così lontana dall’idea tradizionale di orto o piantagione, Francesco Tumiatti di Microsoft ci ha illustrato in modo molto chiaro i vantaggi che si possono ottenere con l’idroponica. In primo luogo questa può sopperire all’inadeguatezza del terreno nei casi in cui è particolarmente roccioso o sabbioso; inoltre il medesimo risultato è ottenuto con circa un decimo dell’acqua usata per una coltivazione tradizionale e viene meno anche la necessità di usare diserbanti, in quanto manca il terreno per la crescita delle specie infestanti, e l’utilizzo di antiparassitari è notevolmente ridotto. Dunque non sempre tutto ciò che si discosta dalla nostra idea di «naturale» e «biologico» è dannoso o va ad intaccare la qualità del prodotto, anzi in alcuni casi ciò che si ottiene con tecniche innovative come l’idroponica è addirittura più salutare. Dovremmo sforzarci di assecondare con più entusiasmo il progresso e l’innovazione scientifica, che rappresentano gli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per risolvere i problemi che dovremo affrontare in futuro, in seguito alla progressiva diminuzione della disponibilità di materie prime e di terreno coltivabile, accostati ad un aumento della popolazione mondiale e quindi della richiesta di beni alimentari.