Di Debora Zanni
Rita Pelusio: clown e attrice comica, di teatro e di televisione. La sua esperienza artistica è focalizzata, e la sta finalizzando, nella differenza tra ciò che fa in teatro e ciò che fa in televisione. Credere nel teatro a servizio di un messaggio e nel suo valore come mezzo per esprimersi in modo comico: questo è il principio di Rita. Qualche tempo fa fondò «Comici civili», un gruppo di comici che, con i propri spettacoli veicolava dei messaggi sociali, ritenuti da tutti importanti. Il lavoro di Rita è sempre stato riferito alle donne, e i suoi spettacoli, generalmente, sfociano negli ambiti comico e politico. Il nostro incontro si è concentrato su i «Saltimbanchi senza frontiere», un’esperienza vissuta da Rita in prima persona; l’attrice la definisce un pezzo, un tassello di un percorso, il suo percorso. «Saltimbanchi senza frontiere» riguarda un gruppo di artisti di strada, che si raccoglieva attorno alla cascina Torchiera.
Nel ’98 questo gruppo decise di fare la «Rassegna dei Saltimbanchi Off», non chiedendo alcun sostegno al comune e organizzandosi autonomamente, in modo gratuito. Invitando artisti dall’Italia, e a volte da tutta Europa, la manifestazione si apre al pubblico facendo pagare unicamente un biglietto d’ingresso di quattro euro. Grazie a questo lavoro, e a tutto il ricavato, fu sistemata la cascina abbandonata, ma non fu mai data l’acqua. Dopo diciotto anni l’esperienza degli organizzatori si era esaurita, un po’ per colpa dell’età e di nuove priorità, un po’ perché mancava la spinta artistica, e un po’ perché stavano venendo meno le forze per poter gestire tutta la gente.
Dopo un breve periodo di smarrimento venne deciso di proporre lo stesso progetto degli anni precedenti, ma portandolo al servizio di realtà sociali, politiche, civili nelle quali credevano, e che avevano più bisogno. Così si recarono in Val Susa, una delle valli di passaggio utilizzate dai migranti che, arrivati in Italia, volevano andare in Francia. Andarono lì, a Claviere, per sostenere i migranti, in quanto ritenuti una risorsa: essi attiravano artisti da tutta Italia per una parata, di segno politico, ma che procurava anche divertimento. Così per un anno cominciarono questo lavoro. Anche i social in piccola parte contribuirono: tutti mettevano like e partecipa, ma contro ogni aspettativa, la gente arrivava. In questo modo si formò «Saltimbanchi senza frontiere», che tra l’altro era ed è ancora, un movimento aperto: chiunque ha la possibilità di unirsi. I Saltimbanchi non sono un gruppo, sono un qualcosa che si basa sulla gratuità, ed è guidato da uno spirito di «volontariato» inteso come presa di consapevolezza. Gli attori sono tutti attanagliati dal dover vivere a pieno il proprio lavoro (perché il teatro in Italia non è grandemente finanziato); però pensare che ci sia ancora un motivo per fare una cosa assolutamente gratuita, fuori dal mondo del mercato, per il puro piacere di farla e perché si pensa che sia necessario farla – anche se ci si mette corpo e anima – è gratificante; e le adesioni per farne parte infatti sono state tantissime. Rita «odia» il volontariato, anche se, in realtà, lo fa in continuazione.
Lo odia perché dovrebbe essere lo Stato ad occuparsene: lei fa volontariato per risolvere un qualsiasi problema, ma questo è un problema dello Stato. «Cittadinanza attiva» è il nome che lei darebbe a questa attività. «Più che volontariato, oserei dire Necessariato», ecco cosa ci ha detto Rita: «una persona non vuole veramente fare una certa cosa, ma la fa perché è necessaria da fare, per evitare delle mancanze». Durante la nostra chiacchierata siamo riusciti a parlare anche del suo concetto di arte. Per lei è sempre stata un gioco: fa teatro, però si diverte anche a creare scritte, vignette, «la parte più interessante era tutto quello che ti portava a fare quella scritta». Questo è un aspetto che integra anche nel teatro: «non importa se della tua arte ne fai una professione, l’importante è che la coltivi. E poi, giocando, riesco a creare». Le tre parole cardini per Rita sono: Desiderare, Provare (o Assaggiare), e Giocare. Per Domenico, il drammaturgo, invece sono: Rosso; Airone, perché li adora e perché sono animali eleganti che non fanno niente; e Scalare, perché bisogna sempre avere un punto in alto in cui arrivare.