Oltre lo stigma e la disinformazione

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Di Laura Tasto

Paura, vergogna, segreto, tabù: questo è lo stigma in quattro semplici parole. È un marchio a fuoco indelebile sulla pelle che, con l’avanzare del tempo, diventa parte di te.

Lo stigma ti identifica nella società facendoti perdere ogni tipo di identità personale: non importa quanto tempo tu possa passare cercando di migliorarti, agli occhi delle persone cieche, sei e sarai sempre solo quel marchio.

La paura della persona stigmatizzata nasce dalla paura che gli altri hanno nei suoi confronti, dal terrore di essere scoperta e di essere etichettata per sempre. Allora inizi a mantenere questo segretoche, col tempo, diventa sempre più grande e meno gestibile. Ti divora. Dover nascondere al mondo buona parte della tua vita perché ti costringi a farlo, una sorta di auto-conservazione che scatena inevitabilmente quel grande gap culturale, in altro modo chiamato: tabù.

Tu non ne parli, gli altri non ne parlano, nessuno ne parla e tutti fanno finta che questa cosa non esista e, appena salta fuori l’argomento, quasi si stesse parlando di un malaffare, si abbassa la voce per non farsi sentire. Stai improvvisamente parlando di qualcosa di scabroso, come se il solo pronunciare quelle parole ti facesse sentire a disagio e in colpa, perché se ne parli significa che conosci il problema, e come fai a conoscerlo se non ci sei dentro?

Logica malata, forse la mia logica malata. Magari sono solo io a percepirlo così perché ci sono dentro. No, è davvero così.

E qui passiamo direttamente alla vergogna, al guardarsi allo specchio e vedere con i tuoi occhi quello che tutti vedono. La tua immagine cambia: il tuo corpo, le tue mani, i tuoi occhi sono sempre gli stessi, ma è come se attorno a te ci fosse un alone nero, marcio, invisibile agli occhi di chi non lo vuole vedere, ma che tu vedi benissimo. Ti vergogni di questo alone, ti vergogni di essere diverso, di essere sbagliato. Avverti un certo senso di colpa, anche se di colpevole non hai niente. Ti vergogni al solo pensiero di portarti dentro tutto questo schifo creato dall’ignoranza altrui, anche perché, come ho accennato prima, ad un certo punto sei il primo a pensare male di te stesso.

Per tutta la vita ti senti dire che le persone come te sono cattive, persone da cui stare alla larga, e allora ti auto-convinci che tutti quelli che lo dicono abbiano ragione. Anche tu ti staresti alla larga, se fosse possibile.

Link foto: https://www.dianova.ngo/news/consequences-of-addiction-stigma/

Un grande cantante, il cui talento è celebrato ancora oggi, grazie al film Bohemian Rapsody, Freddie Mercury, passò gli ultimi anni della sua vita nascondendosi per lo stesso motivo. Solo il giorno prima di morire rivelò che era malato di AIDS.

Sono lunghe e difficili le battaglie per abbattere uno stigma. Nel caso dell’AIDS dobbiamo ringraziare Fernando Aiuti (recentemente scomparso), per il suo famoso bacio con Rosaria Iardino, forse la comunicazione più efficace mai fatta in Italia sul tema dell’HIV. Uno sforzo e un successo mediatico che però, negli ultimi dieci anni, si è andato completamente a perdere, lasciando lo spazio a nuove forme di ghettizzazione: bambini sieropositivi non accettati nelle scuole, dentisti che si rifiutano di curare pazienti infetti, associazioni di volontariato che richiedono una fotocopia degli ultimi esami fatti per farli accettare ad un medico. 

Il silenzio dietro l’ignoranza è lo stigma che viene alimentato ogni giorno nei confronti di chi non risulta idoneo a vivere in una società buonista e ipocrita, che prima di sputare sentenze e discriminare chi avrebbe più bisogno di aiuto, dovrebbe guardarsi allo specchio e guardare in faccia il vero nemico: la disinformazione.

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