Educare alla bellezza è possibile? Necessario

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di Martina Dimastromatteo

Cos’è la bellezza? Quando devo scrivere qualcosa, mi piace sempre interrogarmi sull’origine dei termini. Ecco quindi che apro il vocabolario e: bèllo agg. [lat. bĕllus «carino, grazioso», da *duenŭlus, dim. di duenos, forma ant. di bonus] buòno. Curioso, non trovate? Bello e buono si corrispondono, o almeno così dovrebbe essere. Ad oggi, il concetto di bellezza è pressoché oggettivo. Ci sono delle cose, dei fatti, delle persone, che sono considerati universalmente belli e, da un lato, questo valore è giusto e va preservato. Quel che però non si deve perdere di vista è il senso che sta dietro a queste «cose», l’anima. Non possiamo far sì che i nostri giudizi siano superficiali, veloci. Il buono, il bello, richiedono tempo, attenzione. Ed è qui che entra in gioco la soggettività, anche questa da proteggere a denti stretti.

Immaginiamo di trovarci in un museo, pensereste mai di riuscire a visitare una mostra in cinque minuti? Non sarebbe fisicamente possibile: ogni quadro andrebbe osservato per essere compreso. E se un’opera risultasse chiara fin dal primo sguardo, meriterebbe comunque una sosta, prima di esprimere un parere, positivo o negativo che sia. Questo ragionamento non vale esclusivamente per le opere d’arte, può e deve essere esteso ad un’infinità di campi. Serve educare lo sguardo, andare al fondo delle cose, averne cura. Solo così potremmo vedere il bello in un raggio di sole che illumina la strada che percorriamo tutti i giorni, solo così potremmo provare quel senso di serenità che genera il confronto con la bellezza.

Questo tipo di percorso non è semplice, immediato: sarà necessario incaponirsi un po’, capiterà di scontrarsi con qualcosa di incomprensibile, difficile, anche brutto. Ma è solo la conoscenza che può farci apprezzare quel che ci circonda, mostrarci le cose sotto una nuova luce. E se questa connessione tra buono e bello esiste, e io credo proprio che sia così, dalla bellezza può solo nascere altra bellezza.

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