Di Alice Nebbia
Foto di: Alice Cannara Malan
Sabato 2 febbraio un gruppo di B.Livers ha sfidato la neve dell’appennino ligure fino ad approdare a Sori, nella splendida cornice della riviera del Levante ligure, per assistere all’incontro di pallanuoto tra la Pro Recco Waterpolo 1913 e l’A.S. Roma. Una giornata spensierata, all’insegna del tifo (ovviamente Pro Recco!) che ha ci ha visti sostenitori dei giocatori biancocelesti, affiancati durante la presentazione a bordo piscina, e dell’ottimo cibo ligure.
Una società, quella della Pro Recco, fondata nel 1913 che «vanta una tradizione d’eccellenza: 32 scudetti, 8 Champions League, 13 Coppe Italia, 6 Coppe Europee e molti altri premi che la rendono ancora oggi la squadra più titolata al mondo in questo sport».
Al sedicesimo turno di campionato, i biancocelesti guidati dall’ex pallanuotista e allenatore plurivincente a livello mondiale, Mister Rudic, hanno letteralmente «affondato» la squadra romana 14-4, dopo 4 tempi, tanto intensi quanto avvincenti. Un match che ha fatto acquisire punti preziosi che mantengono la squadra in cima alla classifica. Dopo la partita e i meritati applausi per la vittoria, la società ci ha gentilmente concesso l’intervista presso la loro sala stampa. Queste sono state le parole del Presidente, Maurizio Felugo e di alcuni giocatori, tra cui il portiere Stefano Tempesti, il centrovasca Francesco di Fulvio e il centroboa Matteo Aicardi.
Come raccontereste la pallanuoto a chi non ne sa nulla?
«Poche persone sanno come si svolge questo sport. È un’attività che dà tanto a livello formativo e aiuta a crescere, tuttavia richiede un notevole sforzo fisico, un allenamento quotidiano, ma dal punto di vista della soddisfazione personale ti gratifica molto. Quando fai tanto sacrificio nella tua vita sportiva, speri in una gratificazione e posso affermare che la pallanuoto è lo sport che mi ha maggiormente ricompensato».
Come vi rialzate dalle sconfitte, come singoli individui e come gruppo? E quanto conta la famiglia?
«Ci sono inevitabilmente dei momenti di difficoltà», dice di Fulvio, «ma grazie allo spirito di squadra, riusciamo superarli. Siamo una squadra, anzi una famiglia e grazie al nostro senso di unione e coesione sappiamo rialzarci e superare gli ostacoli». Aggiunge Felugo: «La sconfitta scotta, sul momento, ma l’avere al proprio fianco delle persone con cui confrontarti è di supporto, ti aiuta a riflettere e a ricostruire qualcosa di veramente valido per te e per la squadra».
Quanto è importante il senso di appartenenza a un gruppo, nello sport?
«Siamo una squadra composta da giocatori internazionali che hanno vinto Olimpiadi e Mondiali», afferma Tempesti e continua, «la storia insegna però che quando si hanno grandi campioni all’interno di uno stesso gruppo, ma manca il senso di appartenenza a questo, i risultati non arrivano. Questo è un valore che viene ancor prima dell’essere un campione o un talento. Se manca questo, tutto il resto viene meno e finisci per non arrivare da nessuna parte».
Il dolore fisico, come lo vivete?
«Per due anni e mezzo», afferma Aicardi, «ho dovuto convivere con un dolore dal quale non riuscivo ad uscire. Per fortuna ho incontrato alcune persone che mi hanno fatto capire da dove proveniva il male e come funzionava il dolore e grazie a loro ce l’ho fatta. Se riconosci che dolore hai a livello fisico, lo affronti psicologicamente in maniera diversa. Questo sport mi ha insegnato che per fare questo, ci vuole tempo ed esperienza».
Oltre all’allenamento fisico, aiuta anche il training psicologico?
«Come squadra Nazionale, abbiamo a disposizione una psicologa che ci supporta nei momenti più difficili. Effettuiamo anche dei test di rapidità, di riflessi e di attenzione. Questi test si rispecchiano poi in acqua quando capisci a chi passare la palla, quando l’avversario è vicino, quando arriva il momento di segnare».
Quali sono stati i due apici, in positivo e in negativo, nella vostra carriera?
«Una medaglia olimpica», dice il Presidente Felugo, «per me che ho smesso, è stato il momento più bello! Credo invece che, per chi gioca ancora e sa guardare avanti, il momento più bello forse deve ancora arrivare. I periodi brutti sono stati tanti: lo stress psicologico, il duro allenamento e i risultati che non arrivano, la vita privata da dover gestire. Il restare concentrato sul mio lavoro, però, è stata la miglior ricetta per uscirne».
E ora come riuscite a tenere alto il livello, a superare le antipatie?
«Siamo una società con giocatori di altissimo livello, vinciamo il campionato italiano da 13 anni di seguito e cerchiamo di primeggiare in tutte le competizioni. Ma abbiamo capito che le gare le vinciamo non solo stando in vasca, ma anche incontrando le persone, aprendoci al mondo. Tutte le iniziative che cerchiamo di fare, le attività con i giovani e lo stesso incontro di oggi con voi B.Livers, ci aiutano a farci crescere come individui e società. Per superare le antipatie», afferma Tempesti, «l’essere un campione significa sopportare i difetti degli altri, saper fare un passo indietro quando è necessario, scendere a compromessi che però possano essere costruttivi per la squadra e aver un super allenatore ci aiuta molto in questo!».
Potete svelarci l’identikit perfetto dell’allenatore e del capitano?
«Il capitano deve essere l’anello di congiunzione tra la società e la squadra e la società e l’allenatore, mentre l’allenatore deve saper cercare di mantenere un livello di bravura e freddezza tale da gestire l’equilibrio della squadra e il rapporto con la società».
Come vivete l’ombra del calcio e il fatto che questo sia lo sport maggiormente seguito in Italia?
«Sportivamente parlando, il fatto che il calcio faccia da padrone ci mette in ombra, sebbene riconosciamo che non è il calcio in quanto sport, ma l’indotto che questo porta a mettere in ombra le altre discipline agonistiche in Italia. Tuttavia il nostro club e il nostro Presidente stanno facendo molto per aumentare l’indotto e gli interessi verso il mondo della pallanuoto».
Quali sono le vostre tre parole significative?
«Le tre parole chiave dei B.Livers (essere, credere e vivere) sono bellissime e le sentiamo anche un po’ nostre», affermano i giocatori intervistati, «a queste aggiungiamo, famiglia, in quanto àncora alla quale ci si può sempre aggrappare; pallanuoto, perché è la nostra vita e la nostra quotidianità e infine la fede, perché è una compagna di viaggio che non ti fa mai sentir solo».
Grazie infinite e sempre forza Pro Recco!