L’1% dei ricchi ha un reddito pari a 3,7 miliardi di persone

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Di Roberto Cavalleretti

Oggi 10 mila donne e uomini saranno condannati a morte dalla mancanza di accesso a cure sanitarie e 262 milioni di bambini non potranno andare a scuola. Oggi, come in qualunque altro giorno dell’anno. Il mondo dipinto dal rapporto globale di Oxfam è in bianco e nero, con buona pace per le sfumature: sempre più persone in povertà estrema da una parte, pochi Paperoni ultra-miliardari dall’altra. Tanto che se l’1% dei più ricchi pagasse lo 0,5% in più di imposte sul patrimonio, si potrebbe salvare la vita a 100 milioni di persone e permettere a tutti i bambini di avere un’istruzione nel prossimo decennio.

Una grossa mole di numeri, percentuali e statistiche – quelli contenuti nel rapporto Oxfam 2019 «Bene pubblico o ricchezza privata?» – che dipingono una realtà di marcata disuguaglianza sociale ed economica che non accenna a diminuire. Tanto nei Paesi ricchi, Italia compresa, quanto in quelli da ormai da troppo tempo definiti «in via di sviluppo».

LE DISPARITÁ DI REDDITO

Dal report, presentato alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos, emergono le numerose conseguenze di questo stato di cose: oltre a gettare nella miseria centinaia di milioni di persone, a partire dalle donne, la distanza crescente tra ricchi e poveri «alimenta la rabbia sociale in tutto il mondo» e «danneggia le nostre economie».

E il documento arriva a individuare anche un’agenda che i governi di tutto il mondo dovrebbero promuovere nella lotta alla disuguaglianza. Cominciando dallo sviluppo di servizi pubblici essenziali come Sanità e Istruzione, passando per la lotta all’elusione fiscale e arrivando a un’imposizione fiscale che chieda a tutti di contribuire a una società più equa in base alle proprie possibilità. 

Altri dati le sintetizzano efficacemente: l’82% dell’aumento di ricchezza netta registratosi tra marzo 2016 e marzo 2017, è andato all’1% più ricco della popolazione globale del mondo; mentre per i 3,7 miliardi di persone più povere non è cambiato nulla. È un mondo sempre più precario: si stima che siano 1,4 miliardi le persone impiegate in lavori precari, oltre il 40% degli occupati totali. E con un terzo del volume dei dividendi versati nel 2016 agli azionisti dei 5 principali marchi mondiali dell’abbigliamento – pari a 2,2 miliardi di dollarisarebbe possibile garantire un salario dignitoso a 2,5 milioni di lavoratori vietnamiti del ramo. Un tema a cui anche l’Italia non è immune: il Belpaese occupava la ventesima posizione (nel 2016) sui 28 Paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile.

Divari che si fanno ancor più drammatici quando si parla delle condizioni delle donne lavoratrici. In tutto il mondo guadagnano meno degli uomini, in media ben il 23% in meno, e la disparità tra top manager e lavoratrici ha raggiunto livelli estremi: in 4 giorni, l’amministratore delegato di uno dei 5 più grandi marchi della moda può guadagnare quello che un’operaia della filiera dell’abbigliamento in Bangladesh guadagna in una vita intera.

Il rapporto Oxfam rivela come il sistema economico attuale consenta solo a una ristretta élite di accumulare enormi fortune.

Nell’ultimo anno, c’è stato il più rapido aumento di sempre del numero di miliardari: un nuovo miliardario ogni due giorni. Su scala globale, tra il 2006 e il 2015 la ricchezza a nove zeri è cresciuta del 13% all’anno, 6 volte più velocemente dell’incremento annuo salariale (pari ad appena il 2% in media) dei comuni lavoratori. 

Infografica di Susanna Celeste Castelli sul Rapporto Oxfam

LE CAUSE DELLA DISUGUAGLIANZA

Oltre ai processi di «esternalizzazione» delle produzioni e alla massimizzazione «a ogni costo» degli utili d’impresa, anche le ragioni politiche, condizionate dall’influenza esercitata da portatori di interessi privati. Hanno dichiarato al giornale Avvenire: «Difficile trovare oggi un esponente del mondo politico o economico che non sia preoccupato per la disuguaglianza, ma ancora più difficile è trovarne uno che stia agendo concretamente per porvi rimedio», sottolinea Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, «al contrario, osserviamo l’adozione di provvedimenti irresponsabili, come il taglio delle tasse ai più facoltosi o la rottamazione dei diritti in materia di lavoro».

Le conseguenze sono devastanti: basti pensare che oggi il 94% degli occupati nei processi produttivi delle 50 big company, le maggiori compagnie mondiali, è costituito da 116 milioni di persone «invisibili», impiegate in lavori definiti ad «alta vulnerabilità» senza avere adeguate protezioni. E questo avviene per una ragione semplice: «Le persone che confezionano i nostri abiti, assemblano i nostri cellulari, coltivano il cibo che mangiamo, vengono sfruttate per assicurare la produzione costante di un gran volume di merci a poco prezzo e aumentare così i profitti di corporation ed investitori», ha ricordato Iachino sull’Avvenire, l’unico giornale italiano ad aver aperto la prima pagina sulla disuguaglianza…E

IN ITALIA

La situazione è seria anche in Italia. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale. La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta nel complesso dal 20% più povero della popolazione. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale lordo in mano al 10% più povero degli italiani, è diminuita del 28%. 

Oxfam Italia chiede allora, in una lettera inviata ai principali leader nazionali, di adottare misure atte a costruire opportunità di lavoro meglio tutelato.

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