Di Andrea Pravadelli
L’Europa è un complesso sistema ideato per rendere la pace tra le nazioni europee, una condizione stabile; è l’intento di dare un’unità a una serie di ideali che accomunano tutti noi. Questo processo di unificazione vede la luce nel primo dopoguerra, benché quegli stessi ideali fossero già propri di molti europeisti ante-tempo. Da quel momento ad oggi, l’assetto della politica e della società, non solo europea ma globale, ha visto uno stravolgimento notevole, insieme all’Unione Europea stessa, che ora ha lineamenti più definiti, oltre che essere notevolmente più ampia.
Oggi l’ideale di Europa, come era stato concepito alla sua origine, viene meno sempre più spesso, e l’ondata anti-europeista si allarga, nutrita da molti dubbi e nutrendone molti altri. Interrogativi che si appoggiano sui punti deboli dell’Europa, vissuta da una nuova generazione che è nata quando la costruzione di questo sistema aveva già sembianze simili a quelle odierne. Forse perché è più facile dare per scontato ciò che si ha senza averlo guadagnato, o forse perché davvero il mondo è cambiato e le necessità sono cambiate con lui, ma sembra che l’EU possa essere più un ostacolo che un motore per crescere.
Se la premessa di questa istituzione è dare forza ai singoli Stati, oggi è spesso vista come un organismo macchinoso che ci permette di passare le frontiere, ma impone norme spesso restrittive. Vincoli che suonano più come imposizioni di qualcosa che sta al di sopra di noi e che non sempre si affianca alle politiche interne dei Paesi membri. È forse proprio questo il punto fondamentale che affievolisce il sentimento europeista di molti: quello di dover subire una politica europea in una nazione che dell’Europa fa parte, ma che è di fatto autonoma e che quindi vuole potersi gestire in autonomia. Quando i Paesi fondatori e poi altri, nel corso dei decenni passati, si sono uniti, si trattava di un accordo dallo schema più economico che politico, nel quale la libertà di gestire la propria politica interna non veniva intaccata in maniera così incisiva come avviene oggi. Anche a livello economico poi, ci troviamo in una situazione criticabile, dal momento in cui ogni Stato che ha adottato l’euro si trova a ricevere denaro e quindi a non avere piena facoltà di scelta su di esso, ma allo stesso modo l’Europa che batte moneta, non ha il pieno controllo delle politiche economiche dei paesi che ricevono questa moneta. L’ultimo grande tema è quello sui migranti dove, di nuovo, l’UE fatica a conciliare i disaccordi tra i vari Paesi, mentre chi, come noi, è alle porte del continente, si trova a dover gestire una situazione di grandi dimensioni e non sempre con il dovuto sostegno.
Si può dire che l’Europa debba ancora crescere prima di poter tornare ad essere leader, come lo è stata in passato; è necessario che trovi un suo equilibrio. Deve risolvere le sue contraddizioni, abbattere le barriere che si è auto imposta e semplificarsi, d’altra parte è questo il motivo per quale l’Unione è stata fondata, ossia rendere la gestione e il transito più semplice. Ripercorrendo le tappe della sua creazione, l’UE ha voluto porre alla base il principio di semplificare il passaggio di beni e individui, partendo dal mercato comune fino alle quattro libertà. Oggi pensare che a molti l’Unione appare come troppo complessa sembra paradossale, perché allora è lo stesso sistema europeo a rinnegarsi alla base. Perché ci si senta e perché ci si voglia sentire europei è fondamentale che sia la stessa Unione a marciare su una linea più chiara, ponendosi come un mezzo che affianca e accompagna, piuttosto che come un complesso organismo troppo burocratico e troppo spesso impositore.