Immagine in evidenza: Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. The migrant shipwreck of 18 April 2015 stored after its recovery in the Pontile Marina Militare di Melilli (NATO) near Augusta, Sicily. Photo © BARCA NOSTRA
Di Alice Nebbia
Quali sono i confini che ci permettono di definire cos’è un’opera d’arte? Un margine labile, una sottile linea di demarcazione che spesso confonde la realtà con la provocazione, il gusto del bello con il desiderio di far notizia. Recentemente, nel contesto delle diverse attività espositive alla Biennale di Venezia, è stata presentata Barca Nostra,il relitto del peschereccio affondato nel Mediterraneo il 18 Aprile 2015, in cui hanno perso la vita numerosissimi migranti. Oltre all’inestimabile valore umano di queste vite affondate nelle acque del Mediterraneo, ci sono intere famiglie che piangono questi morti, nella speranza che non restino semplici individui privati di quanto si ha di più unico e caro: l’identità.
Di questo impegno all’identificazione delle vittime del naufragio, se ne sta occupando la Dottoressa Cristina Cattaneo, Medico Legale, Direttrice del LABANOF, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense di Milano e autrice del libro Naufraghi senza volto. Una crociata la sua, e del suo prezioso staff, al nobile scopo di identificare le persone decedute durante la tragica traversata e di restituire loro i diritti. Per rispetto e dignità a coloro che sono morti e per la salute mentale dei loro cari.
Dottoressa, cosa pensa di Barca Nostra?Può essere considerata arte?
«Barca Nostraè il nome dell’opera in Biennale e non so se condivido il fatto che sia considerata arte; non saprei nemmeno definire cos’è un’opera d’arte. Per me rimane il barcone della tragedia che si è consumata il 18 Aprile del 2015 nel Mediterraneo. Quello che spero è che al barcone leghino la storia che davvero questo porta con sé. Forse l’arte cerca di rendere più astratto il significato che la barca ha. È vero che questo barcone, in astratto e tramite l’arte, potrebbe raccontare quello che non deve più succedere, però resta una delle poche barche di cui si conosce tutta la storia, che porta con sé un inestimabile valore umano, che rende i singoli individui persone con qualcosa di significativo da raccontare. Basti pensare al bambino con la pagella in tasca, ai sacchetti di terra legati nelle tasche dei migranti. Mi dispiacerebbe tantissimo che il barcone non fosse accompagnato dalla sua storia: sarebbe un’enorme perdita. E temo che a Venezia sia così».
Che responsabilità ha l’arte all’interno della società?
«Per la società l’arte in tutte le sue forme può provocare, generare piacere e soddisfazione o, su scala maggiore, aiutare a sensibilizzare le persone. L’arte muove, fa sentire. Fa scaturire i sentimenti e le sensazioni, nel bene come nel male. È un mezzo che arriva subito alla pancia degli individui, ancor prima che alla ragione. Ritornando al barcone non vorrei, e mi dispiacerebbe, che questo restasse solo provocazione, rimanendo a un primo step, ma vorrei davvero si andasse oltre, per arrivare alla mente di tutti, a riconoscere il valore e la storia delle persone scomparse».
Qual è la strada per togliere le persone dall’indifferenza?
«Senza dubbio la conoscenza, facendo comprendere che le persone che sono scomparse e le loro famiglie, sono come tutti noi. E combattere l’ignoranza, che troppo spesso dilaga e inquina la nostra quotidianità».
Come immagina il futuro del barcone?
«Ovunque vada a finire in futuro, io immagino che questa struttura diventi visitabile e vivibile, che possa raccontare la grande storia che porta con sé, affinché le persone vedano gli spazi e lo squallore in cui quegli individui erano costretti. Per ricordare le persone decedute, ma per i vivi che piangono i loro morti e lottano affinché non restino nel buio e nell’oblio».
Un’ultima domanda Dottoressa, cos’è per Lei l’arte?
«Per me l’arte è ciò che muove il sentimento ancor prima della ragione e del cervello. È un concetto fortemente astratto. L’arte è qualcosa che colpisce i sensi senza saperne il perché. Ti riempie, ti pervade e ti fa provare qualcosa che poi la mente elabora attraverso molteplici forme, visive, musicali: proprio perché l’arte è soggettiva, questa è la definizione che ne darei».