I giovani devono alzare la voce a nome della green sociality. Intervista ad Aldo Bonomi

Autori:

Di Cinzia Farina

Aldo Bonomi, sociologo e professore allo IULM di Milano 

Professor Bonomi, quale futuro stiamo costruendo per il nostro pianeta? 

«Secondo me non bisognerebbe più porre l’attenzione sull’espressione “cambiamenti climatici“, ma iniziare ad usare il termine: “la crisi climatica“. Quindi, in primo luogo, se vogliamo affrontare il tema del futuro, il problema è che siamo dentro la crisi climatica e ambientale, questo è il punto dal quale poi si diramano tutti gli altri». 

L’uomo come può intervenire per cercare di risolvere in parte questa crisi?

«Il problema non è solo ragionare sulle tematiche ambientali e climatiche che interrogano il nostro futuro, ma è cercare di capire il tutto con due parole chiave: “empatia” e “tecnologia“. Sembrano due termini impossibili da tenere assieme nel loro sincretismo, ma mentre l’empatia rimanda al concetto di possibilità, di luoghi, di comunità, la tecnologia rimanda alla simultaneità. Bisogna quindi capire se la potenza della tecnica può essere “piegata” in funzione dell’uomo. Abbiamo due grandi processi in atto, il primo riguarda quello che noi chiamiamo la “green economy“, ormai non c’è più pubblicità di mercato che non ci parli di strumenti che minacciano la dimensione climatica. Pensiamo ad esempio, al mercato delle automobili, tutti cercano di promuovere un’auto dicendo che è la più green. Quindi il problema non è pubblicitario, ma capire se il “capitalismo” incorpori il concetto del limite, utilizzando tutte le potenzialità della tecnologia per  rispettare questo limite. Quindi la “green economy” è il primo vero grande tema». 

Illustrazione di Paola Parra

Oggi si comincia ad avere una coscienza sociale della «green economy», secondo lei qual è la vera spinta di questo processo?

«La spinta vera dipende dalla “green sociality“, cioè se a questo punto ci sarà una domanda sociale adeguata. Non ho mai visto automaticamente il capitalismo cambiare senza un conflitto, senza una domanda di massa da questo punto di vista. Bisogna incominciare a sperare in un consumatore sempre più attento, ad esempio, anche in campo alimentare si comincia a capire che bisogna mangiare con la testa. Quindi il meccanismo nella produzione è molto importante. Questo è lo scenario complicato dentro il quale siamo, è chiaro che il rapporto tra “green economy” e “green society” è fondamentale e molto dipende dalla “green society” questo è il vero punto!». 

Professor Bonomi cosa pensa dei valori dell’uomo di oggi? 

«Siamo dentro a un cambiamento epocale, perché la generazione del ‘900 come la mia, è cresciuta dal punto di vista dell’economy e del modello di sviluppo con una dimensione di mezzi scarsi. Non c’era tutta questa potenzialità della tecnica, c’erano “mezzi scarsi ma fini certi“. Non c’erano limiti alla crescita, si era alimentati da alcuni fini certi, ad esempio il lavoro,  la casa di proprietà, costruire, ecc… Oggi si è completamente rovesciato tutto, siamo in una situazione di mezzi iper potenti e fini totalmente incerti! Quando una persona pone il tema della crisi climatica, ecco che pone un tema di totale incertezza». 

I giovani infatti si trovano dentro a questo grande problema, come vede il loro domani? 

«I giovani hanno cominciato a porre ad esempio la questione climatica, ma penso non basti Greta Thunberg, né le manifestazioni. C’è da capire se i ragazzi prendono coscienza dell’uso di quei mezzi iper abbondanti ed allora il problema non è, ovviamente, solo vedere le opportunità iper comunicative di quei mezzi iper potenti. Ad esempio, con un volo low cost si può girare il mondo, il vero problema è che aumentano i consumi, i costi, il carburante. Bisogna capire se le generazioni che vengono avanti sono in grado di fare quel salto, di assumere voce a nome della “green society” per condizionare la “green economy“».

Cosa pensa della velocità tecnologica? 

«La tecnologia, come ho detto prima, è simultaneità, ed è quella che ci permette di andare con la velocità contemporaneamente da un posto all’altro. Il problema è capire se quando noi partiamo dal locale e andiamo nel simultaneo, ci perdiamo nei flussi. Non c’è dubbio che siamo dentro all’iper velocità e quindi, come sottolinea la sociologia moderna, viviamo la società dell’accelerazione. Ovviamente, quando siamo in una dimensione accelerata, abbiamo la finalizzazione che ormai va avanti con gli algoritmi. Il vero problema è capire che quella velocità deve essere adeguata alla dimensione del locale. Il problema quindi, non è solo stare sui flussi (flusso della finanza, delle transnazionali, delle internet company, delle reti e il flusso interrogante, che sono, ad esempio, le migrazioni, che ci rimandano all’umanità). Quindi, il problema non è solo stare sui flussi, ma stare dentro alle dimensioni di umanità. Le migrazioni e la crisi climatica ci rimandano a una dimensione di umanità interrogante». 

Infografica di Susanna Celeste Castelli

La sua opinione sull’educazione e il senso civico contemporaneo? 

«Il senso civico e l’educazione nascono dall’empatia, questa rimanda alla possibilità, e la possibilità a sua volta, crea una dimensione della comunità e della società. Non c’è dubbio che la scuola sia uno degli attori fondamentali, le informazioni sulla tecnica si acquisiscono studiando. 

Alla tecnologia va affiancato l’umanesimo, parlo di un umanesimo industriale che rimanda alla storia, alla filosofia, alla sociologia, il senso del futuro. Queste due cose vanno coniugate insieme». 

Professor Bonomi qual è la sua analisi riguardo alla spiritualità, oggi? 

«Le religioni rimandano a quello che ho detto prima, quando c’erano “mezzi scarsi e figli certi” non c’è dubbio, nei figli certi una dimensione era quella religiosa, adesso con “mezzi iper abbondanti e figli incerti”,ritorna il senso della religione, che poi è il senso del valore del trascendente. C’è un ritorno dell’interrogarsi sui fini anche in senso laico. I ragazzi si fanno domande su molteplici temi. Dubito molto, in questi tempi, di quelli che hanno delle certezze verticali, questa è l’epoca dei dubbi, l’epoca in cui ci interroghiamo, un periodo storico di incertezze per i nostri figli. L’epoca dei dubbi interroganti. Ecco, bisogna lavorare su questo».

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