Le cicatrici di Veronica Yoko Plebani. L’immortalità dei Role Model

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Fonte immagine in evidenza: handicapire.it

 Di Annagiulia Dallera

Sofferenza, dolore, rivalsa, determinazione: ecco quello che i segni sul nostro corpo rivelano. Le cicatrici sono tutte cose che fanno capire agli altri quello che siamo e quello che abbiamo passato. Per Veronica sono un marchio di fabbrica. La accompagnano da quando, a 15 anni, è stata colpita da una meningite batterica fulminante. Sono una parte di lei e un messaggio di speranza per chi la segue e l’ammira. La forza di Veronica viene tutta dai valori che lo sport le ha trasmesso e in cui ha continuato a credere anche dopo la malattia. Appena è uscita dall’ospedale è andata subito a prendere lezioni di canoa. Non avrebbe potuto fare scelta migliore.  È diventata una campionessa paralimpica con ben 13 ori conquistati tra il 2012 e il 2016.

Veronica pratica anche parasnowboard e, per non farsi mancare proprio niente, ha aggiunto alla lista delle sue sfide personali il paratriathlon. Il prossimo obiettivo sono le Olimpiadi di Tokio 2020. Le qualificazioni in Canada. Ma per una ragazza che ha superato l’ostacolo peggiore, la malattia, tutto, a confronto, potrebbe sembrare quasi un gioco da ragazzi. Cosa sono la fatica, mentale e fisica, di sostenere una competizione sportiva, rispetto a vedere il tuo corpo cambiare, la tua vita appesa a un filo?

Nella foto Veronica Plebani. Fonte: https://www.canoeicf.com

Eppure sono situazioni che richiedono ciò che Veronica ha dimostrato di avere: coraggio. Il coraggio di dire a se stessa che, nonostante tutto, la vita deve andare avanti. La motivazione più grande l’ha trovata nello sport, ma non solo, anche nella sua famiglia, nei suoi amici, nel suo sorriso, nella sua visione ottimistica della vita. I suoi successi sportivi parlano chiaro: il nemico più temibile, la paura, è stato ampiamente sconfitto. La paura che gli altri ti possano vedere in modo diverso, la paura di non essere più quella di prima, la paura di non poter più fare le cose che fanno «gli altri» (chissà chi sono poi questi «altri»). Tutto questo è passato in secondo piano perché, come dice lei stessa, «la mia malattia mi ha dato delle possibilità incredibili, ho girato il mondo e conosciuto persone e storie pazzesche che mi hanno arricchito». Non si rende conto che è la sua stessa esperienza a diventare qualcosa di «pazzesco» per chi ha il privilegio di ascoltarla. Il suo è un esempio che dovrebbe farci riflettere, stimolarci a fare le scelte giuste, ma anche a prenderci qualche rischio. Quale miglior insegnamento da una «role model» come Veronica? 

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