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Di Ada Andrea Baldovin
Siamo alla conferenza stampa per il lancio della nuova agenda 2020 di Smemoranda (o XX, come l’hanno chiamata gli autori).
In via Santa Croce a Milano, sono presenti giornalisti da tutte le grandi testate, compresi i cronisti del Bullone, a contendersi le parole degli ospiti invitati al tavolo della conferenza. In particolar modo ad attrarre l’attenzione sono le voci di Gino Strada (attivista, filantropo e fondatore di Emergency insieme a sua moglie Teresa, ora scomparsa) e dello scrittore e giornalista Roberto Saviano.
Proprio quest’ultimo prende parola parlandoci del «diritto alla complessità». «Un concetto assoluto a cui nessuno dovrebbe rinunciare».
Secondo Saviano infatti, il diritto alla complessità è l’unica cosa che «ci può salvare dalla banalità e dalle sue conseguenze».
«Chiunque tende a banalizzare un concetto, ci sta fregando. Di conseguenza, l’unico modo per evitare di affondare insieme al germe della banalità, è approfondire le cose e il mondo che ci circondano». Un appello, questo, capace di farci riflettere su tanti aspetti della nostra vita.
Per rispondere alla domanda che gli è stata posta riguardo alle uniche due campane (Pro e Contro) che suonano sul macro argomento «Immigrazione», Saviano risponde con un «Serve tempo. Bisogna approfondire. Mai fermarsi alla prima opinione che si ha». E continua: «Ultimamente mi ha fatto infuriare l’utilizzo costante dell’aggettivo “ricco”. Come “ricco mercante”, come se fosse un privilegio. Come se l’essere ricchi fosse una diretta conseguenza dell’essere privilegiato, immune, al di sopra delle leggi e dei bisogni della gente normale. Sfortunatamente le figure istituzionali sono solite mentire a favore di loro stesse. L’espressione “ricco mercante”: quel “ricco” perde ogni valore nel momento in cui ci si avvicina con cautela alla verità dei fatti. La vera ricchezza, ciò che rende elitaria una persona è il pensiero. L’élite di natura è discriminata in quanto diversa, invidiata, sopra il comune. La critica, il pensiero diverso, la voce fuori dal coro, quella cosa che rende scomoda un’intera situazione, è l’élite. Puoi avere tutti i soldi che vuoi, tutto il potere che vuoi, ma finché stai con loro, sei il Popolo. Solo nel momento in cui esci dalle loro voci entrerai a far parte di un pensiero diverso. Critico e criticato. Criticare o avere opinioni diverse risulta un gesto non autentico. Viene ripagata paradossalmente, la crudeltà. Più si è crudeli e più si è fighi. Se si è crudeli, si è onesti. La ricerca di un senso di appartenenza spinge la gente alla crudeltà e a un giudizio non critico: “Stai guadagnando? Sei un buonista”. Ogni volta che alzi la testa fuori dal branco la tua vita diventa illegale. Per legittimare le tue scelte, la tua vita, il tuo lavoro, devi sostenerli o rimanere zitto. Un giorno o l’altro bisognerà fare i conti con questa cialtroneria ricattatoria che fa dire ai reali ricchi signori di insultare il lavoro, l’impegno e la scelta etica dell’altro».
A questo punto Saviano passa la parola al filantropo e fondatore di Emergency, Gino Strada, che al riguardo interviene dicendo: «Non so come approcciare questo problema. La cosa che mi preoccupa di questa mentalità volgare e banale è che non viene contrastata sul piano culturale, perché dall’altra parte c’è un’omertà da risolvere, perché in questo contesto, dove a farla da padrone c’è una mentalità pseudo fascista, gli ignoranti continueranno ad ignorare e l’avranno vinta i fascisti».
E continua: «Da medico non riesco a pensare a una mutazione genetica che coinvolga in un anno cinquanta milioni di persone, quindi c’è sicuramente qualcos’altro che alimenta l’ipocrisia della politica attuale».
Riportando poi l’attenzione ai contenuti della Smemoranda, a Strada viene posta una domanda riguardo all’utopia (argomento da lui toccato sulle pagine dell’agenda):
«Spesso i giovani utilizzano la parola “utopia” per tenere un’idea lontana da loro, come un sogno irrealizzabile messo in una bella vetrina a prova di proiettile, come ad esempio la libertà o la pace nel mondo. Per me utopia significa qualcosa che è desiderabile, ma che non c’è ancora, e questo non significa che non possa essere realizzabile. Una cosa utile sarebbe riuscire a trasformare un’utopia in un progetto, cominciando a costruire dei pezzetti. La stessa idea di abolire la schiavitù in America si potrebbe definire un’utopia realizzata, anche se oggi si possono ancora vedere dei rigurgiti. Ad oggi nel mondo occidentale la schiavitù è vista con ribrezzo. Bisognerebbe fare la stessa cosa con altri argomenti, bisognerebbe rendere anche la guerra un tabù nella coscienza delle persone. Dal dopoguerra ad oggi ci sono stati più di venticinque milioni di morti, quindi mi domando se si possa effettivamente parlare di dopoguerra».
Queste sono state le parole di Gino Strada e di Roberto Saviano. Parole a tratti taglienti, che costringono a ragionare. Il tema enorme dei migranti, la politica, la società, l’utopia di un mondo diverso in cui tutti sperano e l’omertà che troppo spesso ci impedisce di ragionare ad alta voce.
La conferenza stampa si conclude con le esperienze di ognuno dei partecipanti con i loro diari di scuola, il loro rapporto con i compiti e i compagni di classe. Il confronto generazionale è inevitabile quando si mettono sullo stesso piano le parole della giovane Luna (finalista di X-Factor) e quelle di Gino Strada.