Di Cinzia Farina
Come capita la vita, il primo romanzo scritto da Elisabetta Cirillo, ci racconta dell’amicizia tra due donne speciali, due anime affini, che si conoscono una sera qualunque e si sentono subito «a casa», sentono che ognuna è entrata nel cuore dell’altra e dopo non sono più le stesse. È stato fatto loro un dono: una presenza amica che riesce a sprigionare quel buon odore familiare.
Da lì in avanti tutto si trasforma, delle vere e proprie coincidenze, capaci in parte di cambiare il corso della vita. Come li definiva Carl Gustav Jung, si tratta di «eventi sincronistici», fenomeni in grado di modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi, il nostro modo di vedere il mondo e di aprirci a nuove prospettive.
Riconoscersi, l’affinità nel riuscire a sentirsi anche nella parte più nascosta, non avere paura di mostrare le proprie cicatrici, consente alle due protagoniste un’apertura mentale a critiche, consigli, riflessioni che non ascoltavano più. Improvvisamente non hanno più paura di «specchiarsi» e di mettersi in discussione.
Iniziano così insieme un reciproco percorso empatico, ritrovando quello che manca ad ognuna di loro, quella parte che si è assopita nel tempo, che quasi non si riesce ad intravedere, ricoperta da strati di polvere.
Cecilia ha rinunciato a sognare, amava l’arte, disegnare, le sarebbe piaciuto lasciare un segno, ma i suoi sogni sono stati prevaricati da bisogni più concreti, come trovare un lavoro per mantenersi. Vera invece, dietro a un aspetto apparentemente fragile, nasconde un’anima coraggiosa, quella di un guerriero che ha sconfitto il cancro ed è capace di affrontare una platea di persone e raccontare loro come reinventarsi, rinascere ogni giorno, scuotendo con la sua testimonianza le certezze delle persone.

Cecilia è infelice, in un matrimonio dove si sente ormai troppo stretta, fuori luogo, incastrata nella paura di rischiare che non la guida certo verso il cambiamento e inizia così a vivere di rimpianti. Vera le insegna, con la volontà e la determinazione costante, i modi per combattere un destino che sembra scritto, per riuscire a realizzare i propri credo.
Come vivere la vita al pieno delle proprie possibilità, lasciando andare i pesi e rimanendo nudi con se stessi, con la mente vuota per qualche istante, alimentandosi solo dell’amore, quale unico antidoto al dolore.
Le emozioni di Vera, i suoi monologhi, ascoltare le sue parole, scatenano in Cecilia una serie di riflessioni sulla propria vita.
Nonostante si conoscano da così poco tempo, le loro anime si connettono subito e diventano amiche. Vera cerca di trasmettere a Cecilia la resilienza e l’importanza di vivere interamente ogni attimo, respirare la magica essenza del «qui e ora»; Cecilia invece vuole insegnare all’amica un po’ di leggerezza, che Vera sfoggia, ma che fatica a ritrovare.
Le vite delle due protagoniste trovano così, come in un puzzle, la loro parte mancante. Le emozioni di Vera, la felicità di vivere le giornate senza dare mai niente per scontato, commuovono Cecilia e la aiutano a capire quanta vita abbia sprecato fino a quel momento.
Tra le due protagoniste, con il passare dei giorni, si susseguono decisioni nuove, coraggiose, emozioni sulla pelle da non lasciare spazio ai pensieri.
Cecilia e Vera cominciano finalmente a vivere una vita più vera e a comprendersi anche quando restano in silenzio, dove il «sapersi» è l’artefice di tutto.