Di Annagiulia Dallera
«Sono una tumorata di Dio». A dirlo è stata mia mamma, con una nonchalance invidiabile al miglior comico di Zelig. Siamo ai limiti del disarmante. Non c’è niente di più sconcertante, di più assurdo che ironizzare su qualcosa che ti condiziona la vita, che ti causa dolore, a te in primis, e poi a chi ti sta intorno. Come sconfiggere tutta la negatività che inevitabilmente comporta avere una patologia importante, qualunque essa sia? C’è chi pensa che la risposta sia disperarsi e chiudersi nella propria tristezza. C’è chi reagisce, chi accetta, chi sa che la malattia potrà anche avere la meglio sul corpo, ma non sullo spirito. La lotta non si combatte tanto a livello fisico, quanto più a livello mentale. Ammalarsi in modo grave è qualcosa di talmente impattante che non si può dissociare ciò che pensi da come il corpo reagisce. A mia mamma avevano dato il 70% di probabilità di guarigione per il primo tumore. Sono quasi certa che la percentuale si sia alzata grazie all’incredibile determinazione, autoironia e coraggio che ha dimostrato.
E se la miglior medicina contro qualsiasi malattia fosse proprio come si reagisce, sia fisicamente che mentalmente? Se fossero l’ironia e l’ottimismo il mix perfetto per la chemioterapia dell’anima? Uccidere tutti i pensieri negativi come la chemio «uccide» tutte le cellule danneggiate. Facile no? Lo sarebbe se bastasse iniettare qualcosa dall’esterno, ma l’ironia, l’ottimismo vengono da dentro e non si possono forzare. Sono reazioni spontanee e positive a quello che la vita ci pone come ostacolo. Una mia professoressa diceva che dalle crisi non nascono solo eventi negativi, ma anche le trasformazioni più importanti della storia. E se queste fasi della vita fossero proprio un momento per trasformarsi, per riscoprirsi capaci di adattarsi anche a una situazione scomoda, di potersi sentire deboli ma allo stesso tempo forti, di iniziare a rendersi conto di cose che prima non avevano importanza, ma che magicamente (e drammaticamente) lo sono diventate.
Sono tanti i modi in cui si può ironizzare, per tentare di vedere la propria condizione sotto una luce positiva e allontanare, anche per un solo momento, la paura, la tristezza per qualcosa che non si può controllare. Anche tra i B.Livers ci sono tanti portavoce di questo messaggio e le loro testimonianze di positività non potrebbero essere più di esempio per questa lotta all’insegna dell’umorismo. Maria si sente «in gamba» nonostante la sua protesi. Crede nell’importanza di prendere la vita con filosofia e definisce l’ironia una sua “cara amica”. Eleonora non deve più preoccuparsi delle zanzare: il suo sangue non è uno spuntino che gradiscono, anzi è letale per loro. Niente più punture per lei. Antonio ha visto un suo amico giocare a calcio e ha deciso che niente e nessuno, neanche la sua carrozzina, gli avrebbe impedito di provarci. Che ruolo gioca? Il portiere perché «così posso tenermi alle porte». Ha anche ricominciato a camminare. Elia a 6 anni ha partecipato a una gara di barzellette: «la matematica è come me: ha dei problemi». Ha vinto il secondo posto.
Non è la malattia che cambia noi, ma siamo noi a cambiare lei facendola diventare qualcosa di normale. Anche se non basta fare una battuta per guarire e le medicine fanno la maggior parte del lavoro sporco, chi conosce il potere dell’ironia e del sorriso sa che non c’è una cura migliore per l’anima. E a volte è proprio quella che serve di più.