Le barriere si abbattono solo quando i valori sono condivisi
Di Loredana Beatrici
27 Settembre, ore 11:30. Il mondo è unito in un movimento collettivo per salvare il Pianeta. Io mi trovo a camminare tra giovani, giovanissimi, e mi commuovo. Sono pieni di speranze e sembrano anche pieni di risposte. Loro. Le voci dai megafoni sanno esattamente cosa sia giusto e cosa sbagliato. Rumore, musica, slogan, canti, striscioni.
27 Settembre, ore 12:00. Milano, Via Michele Barozzi, uffici della Fondazione Giannino Bassetti. Siedo al tavolo con Piero Bassetti. Un silenzio quasi surreale, scandito solo dalle sue parole, un fiume di parole. Io mi sono preparata delle domande, vorrei anch’io delle risposte, come quelle che sembrano avere i ragazzi in piazza, ma dopo solo un minuto capisco che Piero Bassetti, classe 1928, primo Presidente della Regione Lombardia negli anni 70, deputato, imprenditore e intellettuale, non ha delle risposte. Non è lì per pontificare, ma per condividere con noi le sue riflessioni. Profonde, argute, colte, mai scontate.
La facciamo anche a lui la domanda sui «muri da abbattere» e la sua risposta è chiara: «I muri sono quelli valoriali, si creano quando manca un set di valori condiviso».Una sentenza che di primo acchito potrebbe ricordare i mantra delle nonne: «non esistono più i valori di una volta». Non è questo il caso, perché la lucida analisi che segue ci fa capire come Piero Bassetti, a questa consapevolezza, ci sia arrivato dopo anni di studio, pensiero e azione.
«Sapete, una volta era il pensiero religioso», continua Bassetti, «a fornire un sistema valoriale unificante», per cui di fronte a scelte importanti, come quella di tenere in vita o meno un malato terminale, ci si appellava alla religione, si considerava la vita come dono di Dio, e si trovavano delle risposte.
Poi, però, il pensiero Illuminista e la Rivoluzione Francese hanno «ucciso Dio»,promuovendo il nuovo culto della «Dea Ragione».Ma la ragione ha dei limiti, «non può diventare Dio, non può trascendere, non può andare oltre». Ci sono cose di cui non si può occupare.
Prendiamo, per esempio, l’innovazione, da sempre motore dell’evoluzione e spinta dalla necessità di sopravvivenza. L’innovazione sembra essere espressione della ragione, ma in realtà ha sempre una componente di trascendenza, c’è sempre qualcuno che si spinge oltre al limite, per innovare. «L’innovazione è la realizzazione dell’improbabile», sostiene Bassetti, che all’innovazione «responsabile» ha dedicato quasi tutta la sua vita, con la Fondazione. Responsabile perché l’innovazione è «esposta al rischio assoluto, sempre». Realizzare, cioè, qualcosa che fino a un minuto prima era considerata impossibile, non si può sapere che cosa possa scatenare. È stato così per il fuoco, gli utensili, la bomba atomica («quando è stato schiacciato quel bottone, non si sapeva se sarebbe esplosa tutta la Terra»). [Buffo credere che il dubbio sulla necessità di un’innovazione responsabilizzata sia venuto a Bassetti dopo aver lanciato sul mercato una delle innovazioni che ha cambiato il modo di dormire a tutto il mondo: le lenzuola con gli angoli.]
L’innovazione sconfina, quindi, nella trascendenza e deve in qualche modo essere controllata. Ma da chi? Se le Religioni, come sono state intese fino ad oggi, sono superate. Se la Ragione non è sufficiente, perché immanentista. Se i Governi Nazionali, «che ci mettono 7 anni per promuovere una legge», in una società mobile e veloce come la nostra non hanno più potere. Come si fa a stabilire un nuovo sistema di valori? «Ci penserannoi “gruppi di futuro”, comunità che si stanno unendo non più su base territoriale, ma funzionale, perché condividono valori». Questa è la base dell’idea di comunità globale di Piero Bassetti, una comunità che ricerca alleanze non di territorio, di lingua, o di etnia, ma di valori e cultura. «Al potere ci vorrebbe un’Europa dell’Erasmus, e non di Nazioni!».
Mi torna in mente la manifestazione, quei ragazzi che stanno urlando gli stessi slogan in tutto il mondo. È forse questo il «gruppo di futuro» che intende Bassetti? Senza che glielo chiediamo, la risposta non tarda ad arrivare, come se ci leggesse nel pensiero. «Ho letto su un quotidiano che Dio non è morto, è solo diventato verde. Stiamo facendo dell’Ecologia la nuova religione». Una battuta pungente, che cerca di spiegarci meglio così: «Il pericolo di questa assenza di valori e di un’informazione sempre più veloce, è che si è eliminato il tempo di pensiero e si promuove una cultura di like e di rutti».La velocità, cioè, con cui si mette un like sui social abolisce il tempo per pensare e l’esercizio di responsabilità, che viene demandato ad altri, a quelli a cui mettiamo il like. Questo è anche l’atteggiamento con il quale si va a votare, solo per protestare nei confronti di uno o dell’altro esponente «per fare un rutto al Salvini di turno», non per esprimere una reale preferenza.
Dobbiamo tornare a informarci veramente e a riscoprire la cultura, quindi, non più limitarci ad appoggiare qualcuno, solo perché sembra incarnare un nuovo set di valori, perdendo, così la nostra capacità critica. «L’ambiente è un problema serio, non può essere lasciato in mano a una bambina», anche se lei sta rispondendo a quell’assenza di valori di cui abbiamo fame.
Quindi, Bassetti, cosa vorrebbe dire ai giovani che sono lì fuori? «Di leggere Seneca, perché devono imparare a trovarli i valori e non a credere di averli».
27 Settembre, ore 16:00. Difficile tirare le somme di fronte a una mente così lucida e veloce. Forse l’unico modo di concludere è citare proprio Seneca: «Spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall’opinione, che non dalla vera sostanza della cosa stessa».