Intervista a Malala Yousafzai e a Hazel Koyuncuer

Autori:

Di Viviana Mazza e Giulia Porrino

MALALA YOUSAFZAI

Interpretata da Viviana Mazza

Alcuni grandi saggi dicono che fra 50 anni il mondo verrà gestito dalle donne, perché gli uomini governano, ma le donne cambiano il mondo. Lei è d’accordo?

«Me lo auguro, ma non si può essere sicuri. In Storia di Malala(e in altri libri, come quello più recente che ho scritto su Greta Thunberg) ho raccontato le avventure (vere) di ragazze che cambiano il mondo. La storia di Malala non è semplicemente una contrapposizione tra uomini e donne: Malala voleva andare a scuola, una scuola fondata da suo padre, un uomo; mentre altri uomini, i talebani (appoggiati economicamente da donne del villaggio che donarono loro gioielli e cibo per aiutarli) si opponevano all’istruzione femminile. In Guerrieri di sogniparlo sia di ragazze che di ragazzi che cercano di costruire un mondo migliore. Su La Lettura, l’inserto culturale del Corriere della Serache esce questa domenica, ho appena recensito un fumetto, Monstress, realizzato da due donne (in un settore dominato dagli uomini) e vincitore di numerosi premi negli Stati Uniti: è un fumetto femminista, ma non finge che le donne al potere siano necessariamente migliori degli uomini. È ambientato in una società matriarcale dove le donne occupano i ruoli più importanti e superano i maschi in numero e in forza, ma ciò non ha affatto risolto i problemi della violenza sessuale, delle leggi anti-aborto, della guerra, della povertà. Sta per scoppiare una guerra tra due popoli divisi da un muro, e le leader mentono sull’entità dei massacri, insistono nel descrivere i nemici come barbari, disumanizzandoli attraverso la propaganda. Ma ci sono anche esempi di leadership, amicizia femminile e lealtà. 

 Sia gli uomini che le donne devono riuscire a governare sapendo che per ottenere dei risultati, a volte bisogna seguire non la via più facile ma quella più lunga. Uomini e donne devono lavorare insieme per cambiare le cose». 

 Abbiamo degli esempi di donne che, come lei, con la loro attività modificano i pensieri, muovono le comunità. Cosa la spinge a farlo? 

«Non so fino a che punto io riesca davvero a modificare i pensieri e muovere le comunità. So che ho fatto esperienze diverse, in posti lontani, e voglio condividerle con chi – ragazzi e adulti – non ha le mie stesse possibilità. Voglio condividere le cose che ho imparato, non per dire agli altri cosa pensare, ma per dare qualche strumento in più perché ognuno possa farsi le proprie opinioni. Le opinioni che abbiamo degli altri e del mondo definiscono le nostre azioni e le nostre relazioni, e di conseguenza la società in cui viviamo. Io vorrei vivere in una società intelligente, basata sulla conoscenza anziché sulla paura cieca che viene sfruttata da alcuni leader per prendere il potere». 

MALALA YOUSAFZAI

Donne che vanno oltre il proprio lavoro con il coraggio di cambiare. Secondo lei perché rimangono fatti isolati? Perché, lei e le altre, non avete più spazio nella gestione della cosa pubblica? 

«Io non credo che siano fatti isolati, perché mi trovo a vedere e raccontare molte storie di donne coraggiose. Le donne hanno ancora pochi ruoli di leadership nella gestione della cosa pubblica perché c’è stato nelle generazioni precedenti (e continua ad esserci, a seconda del luogo in cui si vive e della classe sociale) un doppio standard che limita l’accesso delle donne all’istruzione e ai vertici in certi settori, e una divisione dei ruoli che vede le donne più adatte a certe mansioni e gli uomini ad altre. Questo può andar bene per alcuni, ma non va bene per altri. A mio parere, penalizza sia le donne che gli uomini, li costringe a vivere vite che non sempre vogliono. Le cose stanno cambiando. Adesso stanno emergendo non solo le donne in ruoli di vertice, ma anche modelli diversi di leadership femminile. La condivisione con gli uomini del lavoro in casa e della cura dei figli è fondamentale, perché le donne abbiano più spazio nella gestione della cosa pubblica: anche in questo caso bisogna lavorare insieme».

HAZEL KOYUNCUER

Di Giulia Porrino

Alcuni grandi saggi dicono che fra 50 anni il mondo verrà gestito dalle donne, perché gli uomini governano, ma le donne cambiano il mondo. Lei è d’accordo?

«Una società può essere libera solo quando la donna è libera. L’umanità ha il suo fondamento sulla donna, e le donne curde nel nord est della Siria applicano questo principio ogni giorno. Mi ricordo di molti compagni che durante il combattimento contro l’Isis, raccontavano di come alcuni uomini avessero paura di colpire le donne, ma non ne hanno mai vista una ritirarsi. La frase con cui è iniziata la lotta curda contro l’Isis è stata “Donna, vita e libertà”». 

Abbiamo degli esempi di donne, come lei, che con la loro attività modificano i pensieri, muovono le comunità. Cosa la spinge a farlo? 

«Il senso della giustizia e della libertà che mio papà e la mia famiglia mi hanno trasmesso fin da piccola. Penso non sia accettabile che la nostra società veda la donna separata dall’uomo. La vita deve essere un percorso costruito insieme». 

Donne che vanno oltre il proprio lavoro con il coraggio di cambiare. Secondo lei perché rimangono fatti isolati? Perché queste donne, lei e le altre, non hanno più spazio nella gestione della cosa pubblica?

«Il ruolo assegnato alla donna dalla società è culturale e religioso, per cui le donne spesso si sentono represse. In Turchia esiste il Ministero della Religione che pubblica versi del Corano in cui viene spiegato qual è il ruolo della donna. L’anno scorso in alcune città della Turchia, veniva dato alle giovani spose il fascicoletto della “buona moglie”, in cui veniva descritto come trattare e rispettare il marito. Ogni giorno in Turchia vengono uccise due donne per violenza domestica: non è tollerabile, bisogna lottare per cambiare la situazione». 

Nell’ultimo periodo pagine Facebook italiane e non, sono state bloccate a seguito di post in sostegno al popolo curdo: cosa ne pensa della politica adottata da Mark Zuckerberg? 

«Facebook ha censurato tutte le pagine contro Erdogan. Se ci sono accordi tra il governo turco e Facebook, devono essere chiariti immediatamente. Molti cittadini turchi hanno paura di esprimere il proprio pensiero, anche se si trovano in un altro Paese. La Turchia segnala tutti i suoi cittadini in Europa se fanno attività politica, dunque, anche se vivi all’estero sei comunque sotto controllo. Per noi cittadini turchi è impossibile partecipare a una manifestazione contro le politiche del governo, senza poi essere arrestati una volta tornati in Turchia. Ma non possiamo essere complici di un genocidio stando in silenzio. La mia libertà di espressione diventa un limite per tornare alla mia patria di origine».

HAZEL KOYUNCUER

All’interno di un contesto fortemente patriarcale, come si sviluppa il forte sentimento femminista della comunità curda?

«Penso che la libertà della donna nel Kurdistan sia in parte merito di Ocalan, uno dei primi politici a sostenere fortemente questo tema. La società curda era feudale e patriarcale, distruggerla in maniera dura poteva essere fatto solo politicamente. Ocalan sostiene che la donna è libera fin dalla nascita, ma che sia l’uomo ad opprimerla, di conseguenza è necessario distruggere l’idea stessa di patriarcato. In seguito ai primi attacchi alla Comunità, le donne curde hanno deciso di non delegare nessuno nella resistenza e questo ha fatto nascere in loro il desiderio di distruggere il patriarcato nelle loro terre. Avevano l’Isis fondamentalista a 10 km di distanza, terre in cui la donna veniva “annientata” totalmente. Oggi nessuna assemblea curda può iniziare senza la presenza di una donna». 

Quale sarà l’esito dell’invasione turca sulla popolazione curda, secondo lei?

«Ad oggi ci sono già decine di bambini morti e centinaia di feriti. La Turchia sta usando armi chimiche. Al confine ci sono migliaia di Jihadisti pronti a entrare nel nord est della Siria. Le donne dell’unità di difesa hanno dichiarato che resisteranno fino alla fine, lo slogan è “o libertà, o morte”. Sono sicura che riusciremo a resistere e a vincere, ma sarà fondamentale il sostegno internazionale dei popoli che difendono i curdi e che ci hanno già difeso».

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