Do You B.LIVE in Poetry? Il GRAZIE delle ragazze ai poeti Pinnetti, Pittaluga e Pippa

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Foto di Stefania Spadoni

GRAZIE AD ANTONIO PINNETTI

Di Arianna Morelli

Sembrerà una bufala quello che leggerete: 8 ragazze e 6 poeti che si incontrano e in poco tempo danno vita a mostruosi capolavori, animano le proprie paure ed emozioni, coinvolgono il pubblico in performance incredibili e riescono a donare bellezza anche alle fragilità. Vi sembra impossibile quanto ho scritto? Ebbene, dovrete credermi: tutto ciò è avvenuto e si è realizzato in brevissimo tempo. Il mio compagno di lavoro è stato Antonio Amadeus Pinnetti, straordinario con carta e penna a creare poesie e testi che sanno coinvolgere, dotate di rime in grado di emozionare e divertire. Per lo sviluppo del nostro elaborato e inscenato ci siamo sentiti telefonicamente e incontrati e ho deciso di mostrargli la parte più fragile di me, quella di figlia di mio padre. Avremmo potuto poetizzare un’esperienza legata alla malattia, perché no? 

Antonio Pinnetti e Arianna Morelli durante l’esibizione di Do You B.LIVE in Poetry? a La Triennale di Milano

L’arrivo di mia sorella? In fondo mi ha cambiato radicalmente. Mi ha fatto sentire per la prima volta una guida. Invece non sarebbe bastato, non ci avrebbe soddisfatto a sufficienza, sentivo la necessità di sfogare una nostalgia mista a risentimento nei confronti di mio padre. Lui sarebbe stato il centro della mia performance, insieme al perdono che finalmente gli ho concesso. Dopo aver individuato il tema, abbiamo iniziato a chiederci in che modo sarebbe stato meglio trasmettere il messaggio, quale percorso sarebbe risultato consono. Ci siamo domandati come raccontare e descrivere la figura del mio babbo, un personaggio intriso di fragilità, tra le quali l’abuso di sostanze. Pensando e ripensando, abbiamo provato a unire dolore, amarezza, ironia e affetto in un unico testo. Ora questa produzione è per me fondamentale, simbolo di perdono e di un percorso di crescita che rappresenta sia me che mio padre

Mi sento e mi sentirò eternamente grata nei confronti di Antonio per essere riuscito a creare tanta magia, straordinaria e irripetibile, come la sera dell’11 maggio 2001, data del derby tra Milan e Inter, e punto di partenza nel testo prodotto insieme. 

GRAZIE AD ENRICO PITTALUGA

Di Carla Vitacca

Primo incontro. Otto ragazze-B.Liver e sei poeti-attori seduti a un tavolo con un compito per nulla scontato: «scegli tre parole che ti rappresentino, condividile e spiegale». Panico tra noi ragazze che faticavamo a scendere sotto le 10 definizioni. I ragazzi erano più tranquilli. Ciascuno butta sul tavolo le tre parole. È uno stratagemma efficace per rompere il ghiaccio. Subito mi immergo in un’atmosfera tutta nostra, capisco la sua unicità e ha inizio una crescente fascinazione, racconto dopo racconto. L’ abbinata ragazza/poeta è casuale, ma con Enrico c’è stato subito un bel feeling: c’è dialogo, si crea un legame.

Enrico Pittaluga e Carla Vitacca durante l’esibizione di Do You B.LIVE in Poetry? a La Triennale di Milano

Inizia la collaborazione vera e propria. Le mie mani tremano e in fondo non voglio nasconderlo. Sono una persona timida, ma nel contesto di B.LIVE le barriere si infrangono. Presto il tremore si arresta grazie all’abilità di Enrico: mi propone di mostrare tre fotografie significative di tre fasi della mia vita e lui fa lo stesso. Sono sempre più a mio agio. Entriamo nella mia storia. Non è semplice, né leggero ma forse è qualcosa che voglio. Quest’idea si fa strada in me, discorso dopo discorso, mio e suo, alla pari. Questa parità mi piace, non mi sento «scoperta», desidero con tutta me stessa che una parte di me emerga, quella delicata e fragile, la più complessa. Con quello che mi piace definire «il mio artista» nasce uno scambio. Parliamo di primi baci, di avventure all’estero, di sigarette mai fumate, di… cibo. Enrico è curioso ma sensibile, «nel vero senso del termine», solo lui capirà. La sua arte mi trasforma, mi guarda da un punto di vista del tutto nuovo ai miei occhi, così anche la mia storia si arricchisce di sfumature inedite. È un regalo immenso per me. 

GRAZIE A RICCARDO PIPPA

Di Francesca Filardi e Martina Dimastromatteo

Il nostro trio è nato in maniera casuale, eppure, fin dal primo incontro, abbiamo capito che il caso ci aveva visto «più lungo» di noi: noi avevamo un pezzo di vissuto comune, anche se non ce lo eravamo mai dette prima, e Riccardoin questo vortice di parole ed emozioni – si è messo da subito in ascolto. Il racconto reciproco è avvenuto in maniera estremamente naturale, senza nessun tipo di filtro, forse anche complice quell’attitudine ad aprirsi con un «estraneo», del quale non temi il giudizio. Con Riccardo è stato proprio così: ha saputo metterci a nostro agio e noi ci siamo sentite libere di poter rivelare anche gli aspetti più intimi e delicati della malattia.

Riccardo Pippa, Francesca Filardi e Martina Dimastromatteo durante l’esibizione di Do You B.LIVE in Poetry? a La Triennale di Milano

Le domande non sono mai risultate insistenti, mai giudicanti, ma finalizzate solo a conoscerci e a poter raccontare al meglio la nostra storia. Con grande sensibilità, Riccardo ha trattato l’anoressia come una nostra «caratteristica», come un pezzo della nostra vita: è stato anche questo probabilmente un grande punto di forza del progetto. Ed è così che ha preso forma la nostra «Metamorfosi». Durante uno dei nostri incontri abbiamo riflettuto su quale, tra le metamorfosi di Ovidio, potesse raccontarci; ci siamo persi tra le parole del poeta romano e la riscrittura del mito da parte di Riccardo, ha fatto sì che Dafne prendesse i nostri lineamenti. L’incontro con Riccardo e gli altri autori ci ha arricchite, profondamente; ci ha permesso di parlare di noi e della malattia, slegandoci da tutti quei preconcetti che solitamente accompagnano l’anoressia, senza cadere nella compassione. Non poteva esserci dono più grande. 

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