Illustrazione in evidenza di Giancarlo Caligaris
Ovunque c’era scritto Vietato Non entrare, Vietato Non far parte, Non approdare, Vietato essere soli in un angolo a guardare tutti gli altri, Vietato Non essere alloggiati, accuditi, abbracciati, amati, adorati, dal primo giorno di vita all’ultimo.
Vivian Lamarque
Di Alessandra Parrino
In matematica quando gli elementi di un insieme A appartengono anche ad un insieme B, si parla di inclusione. Allontanandosi dal mondo dei numeri è più difficile rendere bene il termine inclusione, dargli una dimensione, un mondo.
In questi anni il senso di appartenenza è ritornato spesso negli articoli del Bullone, perché c’è un grido che troppe volte non viene ascoltato, il grido di chi vuole essere riconosciuto. Perché essere riconosciuti è una necessità intrinseca all’esistenza umana, non tanto per sentirsi vivi, quanto per sentirsi veri. Questo è stato il centro dell’intervista fatta a Cristina Cattaneo, che ci ha permesso di ampliare il nostro sguardo sulla necessità di ogni essere vivente di essere riconosciuto sia da vivo che da morto, per dar voce alla sua esistenza e pace alla sua famiglia.
Se vi dovesse capitare di spulciare tra i vecchi numeri del giornale, potreste rendervi conto che c’è un filo rosso che lega tutte quelle persone che ci hanno parlato di accoglienza e inclusione, una necessità, forse, ma anche un requisito fondamentale: la pazienza.
Ogni cosa ha un tempo tutto suo, così anche le persone hanno bisogno di tempo, di chi pazientemente si siede accanto a loro e aspetta; aspetta che crollino i muri, aspetta che siano in grado di reggersi in piedi da soli di nuovo.

Questo proprio perché, come ci è stato spiegato da Saviano, esiste il diritto alla complessità in ogni essere vivente e ci vuole tempo per approfondire le cose, le persone e il mondo che ci circondano, non solo per poterle aiutare, ma soprattutto per poterle conoscere e riconoscere. Abbiamo bisogno quindi di approfondire per accogliere e scoprire di avere a che fare con «anime ricche di buoni propositi e povere di mezzi» (Pag. 12, n°38) e che quindi, se l’anima è in ricerca i mezzi, si possono e si devono trovare in ogni contesto, che si parli di immigrazione, di carcere, di fine vita o di povertà economica.
L’uomo ha la capacità di poter andare oltre le barriere economiche e sociali, quando capisce che l’uguaglianza è scoprirsi fragili allo stesso modo, per motivi diversi certo, ma con la stessa passione smisurata per la vita.
Quale tema di entità smisurata sembra essere l’inclusione, molto più della definizione matematica iniziale, se non lo crediamo alla nostra portata, immaginandolo qualcosa di troppo lontano da noi. Invece il nostro filo rosso ci ha portato a capire che come accogliere e dare importanza al singolo sia una cosa che parte dal basso, parte da ognuno di noi, da un gesto, da un sorriso, dal portare memoria, dal capire che essere parte di un insieme A o B non ha importanza, perché è il nostro essere veri che ci lega.