Di Sandra Madu
«Famiglia, amore e futuro» è la risposta di Alessandro alla domanda: «Quali sono le tre parole per te più importanti?».
Alessandro, 23 anni, è un ragazzo di origini albanesi che da ormai 18 anni vive in Italia, Paese che reputa casa sua. Si trova il 20 novembre alle 13 alla questura, per ritirare la carta di soggiorno illimitata, dopo i vari rinnovi di permesso di soggiorno.
«Famiglia, amore e futuro» sembra essere il suo motto e quello dei precedenti e seguenti intervistati. Improvvisamente si è trovato un filo conduttore sia fra gli immigrati che abbiamo incontrato, sia tra loro e il resto della nostra popolazione. Si tratta del sentimento d’amore, l’amore per la famiglia, per gli amici cari e per il prossimo.
Dalle interviste è anche emerso come ridere possa essere un collante in grado di unire le persone. Alla domanda «Cosa ti piace dell’Italia?», Eli, una donna di origini colombiane, risponde: «Mio marito». Come se suo marito fosse il suo Paese o viceversa. Una risposta forse banale, ma sentimentale che in quel momento ha fatto ridere un po’ tutti. Come se ridere per lo stesso motivo potesse avvicinare le persone e renderle uguali. Singh, 25enne di origini indiane in Italia da 10 anni, afferma con una sineddoche che il suo Paese è il quartiere dove abita in Italia. Dice che ama questa nazione, la più bella che esista, se non ci fosse, tra le altre difficoltà, il problema della disinformazione in questura. Spesso non si viene avvertiti in tempo dei documenti che servono per richiedere il permesso o la carta di soggiorno, pertanto gli immigrati si presentano agli uffici per poi dover tornare a casa a prendere un foglio mancante. I tempi si allungano e i documenti richiesti tardano. Oggi la questione dell’immigrazione in Italia muove giudizi contrastanti, c’è chi dice che gli immigrati si trasferiscono qui per rubare il lavoro ai cittadini di questo Paese, chi afferma che invece di lavorare, delinquono, e chi invece crede che abbracciare l’immigrazione significhi creare legami. Marcel Mauss, un antropologo francese, afferma nel suo Saggio sul dono, pubblicato nel 1925, che gli uomini hanno deciso di non massacrarsi legandosi insieme, creando alleanze, scambiandosi oggetti, condividendo culture, idee. Lo scambio è, secondo lui, una forma per aggregarsi e garantire la pace. Probabilmente oggi, piuttosto che creare legami sociali basandosi sulle similitudini fra i «condividui», si è prediletto l’individuo e i suoi tornaconti personali che permettono di accelerare il mercato.