Di Emanuela Niada
La Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, istituita nel 1998 a Biella, è un nuovo modello di istituzione culturale che vuole coinvolgere diversi ambiti della società tramite l’arte. Un vecchio opificio recuperato, molto grande, costruito in modo ecosostenibile e con riscaldamento geotermico ospita mostre di arte contemporanea, convegni, spettacoli, performance, rassegne cinematografiche e laboratori didattici. Cittadellarte collabora con vari licei, laboratori, accademie di Belle Arti, il Politecnico, università come la Bocconi, l’Istituto Marangoni ecc. C’è un grande spazio dedicato al co-working dove aziende e start-up trovano sede e condividono spazi e idee.
Intervistiamo il direttore Paolo Naldini:
«Sono contento di incontrare esempi come il vostro perché è necessario raccontare storie belle che funzionano. La domanda “Chi sono io?” che per tutta la vita Pistoletto ha posto allo specchio ha avuto come risposta: “Gli altri”, intesi come persone, ma anche luce, animali, oggetti, natura. Nello specchio trova gli altri, senza esclusione, rappresentati in una verità apparente, virtuale. “Trasgredisco” (vado attraverso) dice l’artista, ma non “tradisco”. Incontro gli altri, ma non dimentico me stesso. Egli ha indagato la realtà usando lo stesso strumento in una continua ricerca. Sostiene che la porta di accesso al mondo dell’arte è stretta, in pochi passano, nonostante siano tanti i giovani capaci, pieni di idee, ma l’arte va portata nel mondo per dare a tutti l’opportunità di esprimersi, farsi conoscere. Nell’arte moderna occidentale l’artista rappresenta se stesso, la propria visione soggettiva del mondo. L’avvento della fotografia ha messo fuori gioco gli artisti del passato, che rappresentavano ciò che veniva commissionato dal Potere. Essendo autonomo, l’artista sente una responsabilità. La libertà (condizione reale in molti paesi) implica responsabilità. I giovani che si confrontano qui da noi sono lucidi e disposti ad agire senza la rabbia del ’68, ma consapevoli che il mondo così com’è non funziona. Greta Thunberg e il movimento dei “Fridays for Future” lo dimostra e noi abbiamo ospitato quei ragazzi. Ma dalla “Manifestazione” bisogna passare all’”Azione manifesta” contro il cibo spazzatura, il riscaldamento globale, l’inquinamento. Non basta criticare, servono proposte e azioni concrete.
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Il 21.12.2012 doveva essere la fine del mondo. È forse l’inizio di una nuova era di maggiore consapevolezza, in cui si stanno creando ambasciate di persone che svolgono attività importanti nel proprio settore e si mettono in rete per essere attori del cambiamento. La moda, la seconda industria più inquinante, adesso sta avviandosi all’ecosostenibilità. A Milano alla Fashion Week, 30 designer hanno presentato il “Progetto White” per una moda sostenibile. Con Carlo Petrini e “Slow Food” si è cambiata la consapevolezza sul cibo biologico, la tracciabilità, la trasparenza dei prodotti e la sostenibilità nell’agricoltura. Siamo in contatto con realtà tipo “Mezzo Pieno” e “Italia che cambia”. Vengono organizzati dei tavoli intorno al tavolo (formato da 10 tavoli ovali che riproducono il simbolo del Terzo Paradiso con una fascia specchiante centrale) e una Mostra Work in Progress di 3 giorni, con concerti, musica, performance a cui partecipano un centinaio di persone referenti di varie organizzazioni sulla tematica della sostenibilità. Viene stilata una lista di azioni concrete da discutere e mettere in cantiere. Poi mensilmente si monitorano le azioni concrete e la fattibilità. Dopo un anno si fa il bilancio. Le organizzazioni sono i luoghi del poter fare, sono una comunità ideale, non ideologica, né religiosa o partitica fondata sull’agire, dopo aver realizzato una mappatura del territorio per individuare realtà, soggetti, organizzazioni che lavorano per trovare soluzioni».
Michelangelo Pistoletto – Museo Pistoletto
Michelangelo Pistoletto è un artista animatore e protagonista dell’arte povera e dell’arte concettuale. Nasce nel 1933 a Biella, figlio di Ettore Olivero Pistoletto, pittore paesaggista.
Nel Museo visitiamo la galleria dei suoi vari autoritratti. Il primo si ispira alla tecnica pittorica di Jackson Pollock, che spargeva il colore sulla tela in modo apparentemente caotico e il secondo si ispira all’Art brute di Jean Du Buffet, che cercava un approccio meno estetico e più autentico alla pittura, in cui Pistoletto si interroga su «Chi sono io?», quindi l’opera appare una massa informe, confusa. Nei quadri successivi, cominciando con quello in cui la luce irrompe dall’alto e quelli su sfondo oro e argento (metalli usati dal padre nel restauro di mosaici bizantini) l’artista si chiede «Dove sono io?» e si percepisce in uno spazio, come la platea di un teatro. Nelle tele successive si pone in relazione con gli altri. In un quadro fitto di persone, una rete superficiale è sovrapposta, circoscrivendo il limite tra sé e gli altri. In alcuni quadri la sagoma del viso si staglia sullo sfondo nero della tela. C’è poi l’ombra del suo volto ritratta fino alle spalle dietro fili d’acciaio che tracciano la tridimensionalità del quadro all’interno di una cornice di legno aggettante. Negli autoritratti a tutta figura, il suo corpo appare rigido, poco naturale, perché si percepiva come una marionetta, non sapeva come muoversi. Lo sfondo nero descrive una temporalità infinita attraverso l’assenza di colore che fa percepire la presenza della persona in uno spazio fuori dal tempo. Qui si rappresenta di spalle, rivolto verso la dimensione anteriore, come se si addentrasse nel buio, mentre prevede la presenza degli spettatori che si specchiano sullo sfondo scuro. Anche su lastre di alluminio e acciaio su cui dipinge la propria figura intera dà più importanza al contesto che a se stesso. È la ricerca di verità sulle cose, perché lo specchio riflette l’esistente così com’è. In un quadro ritrae la madre di profilo e inserisce la carta velina dipinta.
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Come sorpresa finale, dalla tenda in fondo allo spazio espositivo appare una sagoma che muove le mani e la voce registrata di Pistoletto che annuncia: «Io sono il robot. Il robot sono io. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ci avvicina alla verità, perché riproduce la struttura dell’esistente. I robot ci rispecchiano. Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità».
In un’altra sala su grandi specchi sono dipinti diversi personaggi in varie pose ed è interessante osservare come noi visitatori ci riflettiamo, sovrapponendoci alle figure già inserite nel quadro, componendo immagini in continuo movimento. Lo specchio, nell’intenzione di Pistoletto riflette il passato (il personaggio dipinto in un tempo antecedente) il presente (in cui lo spettatore si specchia) e il futuro nelle differenti sequenze di azioni dei passanti che, volenti o nolenti, incidono un ritratto corale.
Una lastra in plexiglas appoggiata al muro incornicia il concetto di Muro (1964). Diversi oggetti: un tavolo da ping-pong, una porta, un letto sono tutti in forma di clessidra con gli angoli, che riecheggia il simbolo dell’infinito con un punto centrale (ombelico) che poi si dilaterà in un grande cerchio all’interno di due cerchi più piccoli per rappresentare il logo del Terzo Paradiso creato da Pistoletto, come ventre gravido di una nuova umanità che dal paradiso naturale è giunto al paradiso artificiale e sta cercando di integrare le due dimensioni tramite un nuovo umanesimo: l’arte applicata alla vita per un’ecologia universale.
Una tela, posta in orizzontale, riporta le costellazioni celesti e una lastra sovrapposta con lo stesso disegno, viene spostata dallo spettatore che osserva lo spazio celeste provocando la rotazione degli astri. Poi in Autoritratto di stelle l’intera silhouette trasparente dell’artista contiene tanti corpi celesti, come macchie scure.
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Uno altro luogo è dedicato al Multiconfessionale in cui su una tavola bianca è raffigurato il fiore di loto buddista, su un’altra le Tavole della Legge in lettere ebraiche, poi la scultura della testa di Cristo e per terra è steso un tappeto di preghiera per gli islamici. Nel centro dello spazio, si trova un cubo legato da una corda intitolato Un metro cubo di infinito, che contiene specchi quadrati che si riflettono l’un l’altro senza fine.
Coppie di superfici riflettenti sono appoggiate per terra con vari angoli di apertura. Più si chiude l’angolo, più gli specchi si moltiplicano. Finché, quando sono chiusi e sovrapposti, non riflettono più nulla. Come due atomi di idrogeno e uno di ossigeno compongono l’acqua o la connessione tra polo positivo e negativo produce energia elettrica, così è il principio della Trinamica enunciato da Pistoletto: la dinamica del numero 3. È la combinazione di due unità che dà origine a una terza distinta e inedita, che rappresenta una nascita voluta o fortuita.
Visitiamo poi un grande spazio dalla volta a botte e le finestre inscritte in archi a ogiva, sul pavimento del quale è delineato per mezzo di tondini gialli il simbolo del Terzo Paradiso, dove vengono organizzate visite e performance.
I grandi temi di Pistoletto sono la ricerca di identità e una modalità di relazione più autentica col prossimo. Grazie ad una maggiore consapevolezza potremo divenire i nuovi custodi di un Pianeta finora sfruttato in modo dissennato. Una sua famosa raffigurazione del Paradiso perduto è l’enorme Mela reintegrata, in stoffa bianca, morsa e ricucita (donata a Milano e collocata davanti alla Stazione Centrale), che indica la responsabilità dell’uomo di mantenere l’armonia con la natura.
Il principio della creazione corrisponde secondo lui alla scienza delle relazioni e degli equilibri, in cui chi ha di più deve condividere con chi ha meno per formare un circolo virtuoso, un moltiplicatore.