Quali sono i motivi della guerra – Religione, Territorio, Attentati

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RELIGIONE

Di Chiara Malinverno

Lo scorso 4 gennaio, nell’edizione serale del Tg1, è andato in onda un servizio che ha destato non poco clamore. In quell’occasione, è stata mostrata una mappa del Medio Oriente che rappresentava la diffusione sul territorio arabo dei musulmani sciiti e sunniti, completamente sbagliata e in totale disaccordo con le parole, invece impeccabili, della giornalista. Spezzando una lancia a favore del Tg1, che ha subito espresso le sue scuse, sicuramente dobbiamo notare come sull’argomento vi sia una certa confusione. Spesso facciamo addirittura fatica a comprendere che l’Islam non sia uno solo, o meglio, che al suo interno vi siano diverse correnti, figurarsi sapere in cosa esse si differenzino. Conoscere le peculiarità di sciiti e sunniti è essenziale per la comprensione, fra l’altro, degli equilibri geopolitici mediorientali e mondiali. Facendo una piccola parentesi storica, la scissione fra sciiti e sunniti risale al 632 d.C., anno della morte di Maometto. Morto il Profeta, occorreva stabilire chi dovesse essere il suo successore. La maggioranza dei fedeli, oggi noti come sunniti, sostenne Abu Bakr, amico del profeta e padre di sua moglie, mentre una piccola minoranza, gli odierni sciiti, convinta che il successore di Maometto dovesse essere un suo consanguineo, appoggiarono Ali, suo cugino e genero. Questa diatriba vide la vittoria dei sunniti, determinando un’irrimediabile spaccatura nel mondo musulmano che perdura ancora oggi. Al di là della vicenda storica, è necessario analizzare quali siano le differenze concrete fra sciiti e sunniti e i motivi per cui queste siano spesso alla base dei conflitti che infiammano il Medio Oriente. Sciiti e sunniti sono due correnti di una stessa religione, l’Islam, e come tali condividono gli stessi dogmi. Nonostante questo, mentre i sunniti basano la loro vita sulla sunna, una sorta di codice di comportamento basato sugli atti del Profeta Maometto e sui suoi insegnamenti, gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, un riflesso di Dio sulla Terra.

Queste diverse concezioni portano i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, mentre gli sciiti danno ai sunniti la colpa di aver fomentato sette estremiste, fra cui l’ISIS che si è sempre dichiarato sunnita. Il conflitto che abbiamo cercato di delineare finora non può ritenersi circoscritto al solo fenomeno religioso. A differenza di ciò che accade nel mondo occidentale, in Medio Oriente la religione permea ogni ambito della vita politica e sociale, fino ad arrivare, come nel caso dell’Arabia Saudita, a coincidere con la legge dello Stato. Questo atteggiamento fa sì che i conflitti religiosi si tramutino in conflitti politici. Prendendo in considerazione le due macro potenze mediorientali analizzate nel discusso servizio del Tg1, a livello geografico, i musulmani sciiti, che costituiscono circa il 15% dei fedeli totali, sono concentrati in Iran e Iraq, mentre i fedeli sunniti rappresentano la maggioranza in Arabia Saudita. Come traspare da recenti notizie di cronaca, la divisione politico-religiosa si riflette anche a livello internazionale

Iran e Arabia Saudita, rispettivamente a maggioranza sciita e sunnita, sono eterni nemici, contendendosi la supremazia del Medio Oriente. Il quadro geopolitico si complica nel momento in cui entrano in gioco altre due grandi potenze, geograficamente lontane dal Medio Oriente, ma che vi detengono grandi interessi in primo luogo economici, Russia e Stati Uniti. Russia e Stati Uniti, già reciproci nemici, sostengono rispettivamente Iran e Arabia Saudita, dando al conflitto mediorientale carattere potenzialmente mondiale. Proprio alla luce del carattere mondiale che potrebbe assumere un eventuale conflitto mediorientale, risulta necessario comprendere chi siano gli attori coinvolti e quindi anche quali siano le differenze fra sciiti e sunniti. 

TERRITORIO

Di Alice Nebbia

Situato all’estremità orientale del Medio Oriente e culla dell’antichissima e florida civiltà persiana, l’odierno stato dell’Iran sorge sulle rovine dell’antico impero persiano

Un patrimonio storico-culturale millenario e un’inestimabile ricchezza artistica che si traduce in splendidi minareti, lussuose moschee, remoti sacrari e tombe secolari; un tesoro architettonico che porta alcuni siti della Repubblica Islamica dell’Iran ad essere dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Oltre all’arte, una letteratura che abbraccia le lingue più antiche e i più eleganti e raffinati generi letterari, un passato religioso che spazia dal culto dello Zoroastrismo fino al graduale e lento processo di islamizzazione che oggi rende la religione islamica, nella sua divisone tra sunniti e sciiti, religione di Stato. Infine l’enorme e variegata ricchezza economica, i gasdotti, i prodotti chimici, le spezie e l’oro nero. Questo è l’Iran. L’Iran è infatti uno dei massimi paesi esportatori di petrolio, oltre ai metri cubici di gas che garantiscono preziosi rifornimenti per i paesi che si allacciano ai gasdotti iraniani. Oltre a questo si aggiungono le industrie del cemento, del rame e dell’acciaio. Sempre a livello commerciale, quest’antico e nobile territorio vanta addirittura l’industria manifatturiera dei tessuti persiani, le cui esportazioni sono famose in tutto il mondo. Anche l’esportazione dei ricchi prodotti naturali di cui è ricco il Mar Caspio, vale a dire il caviale, i pistacchi e la frutta secca rendono l’Iran famoso in tutto il mondo. A tutt’oggi il paese orienta la sua strategia di mercato verso i nascenti mercati dell’Asia Centrale. Tuttavia, sebbene l’economia sia slanciata per molti aspetti sopra citati, il Paese soffre del processo di privatizzazione delle industrie, per cui lo Stato controlla ancora parte di quanto commercia con l’estero, in particolare nel settore dei mezzi d’informazione e nell’industria del petrolio.

Ripercorrendo la storia del paese dai suoi albori, notiamo che l’era antica fa risalire i primi reperti archeologici nella regione dell’Iran a partire dal Paleolitico. Successivamente, i Medi e i Persiani, due stirpi nomadi provenienti dall’India si stabilirono sugli altipiani del Medio Oriente. In seguito, con l’avvento dell’era classica, molte popolazioni iraniane divennero parte del florido impero assiro e, successivamente, fu con Ciro il Grande che si ebbe il periodo di massimo splendore per la regione, con la capitale, Persepoli, cuore pulsante dell’impero persiano. Un impero così esteso e potente necessitava di una grande capitale, Persai (in greco Persepoli) la monumentale città di cui oggi non restano che poche rovine.

Un salto avanti nella storia e si arriva all’evento forse più significativo per l’Iran: la rivoluzione iraniana del 1979 con l’ascesa dell’Ayatollah Khomeyni, guida suprema del nuovo stato che si andava a costituire sotto il nome di Repubblica Islamica dell’Iran.

Oggigiorno, le tormentate vicende storiche del Paese sono, tristemente, sotto gli occhi di tutti. La recente uccisione del generale iraniano Soleimani avvenuta a seguito dell’attacco da parte di un drone statunitense ha generato rapporti sempre più tesi tra Iran e Stati Uniti in una logorante vicenda che sconvolge e distrugge moltissime vite umane. 

Non lasciamo che sia la mano dell’uomo, come spesso accade, a voler cancellare tutto quanto la storia ci ha preziosamente custodito e consegnato.  

ATTENTATI

Di Annagiulia Dallera

Espressione sobria, divisa verde e barba grigia: questo è il ritratto consegnato al mondo del generale Qassem Soleimani, 62 anni, uomo chiave del regime degli Ayatollah. Il 3 gennaio 2020 l’auto del generale, appena tornato da un viaggio in Siria, nei pressi dell’aeroporto di Baghdad viene colpita da un missile lanciato da un raid aereo americano. Si mette la parola «fine» alla storia di questo personaggio controverso, descritto da molti taciturno, riservato, un uomo che ascoltava soltanto. Eppure, queste qualità hanno permesso al «Comandante ombra» di diventare una delle figure più importanti in Iran e in tutto il Medio Oriente. Nato in una famiglia contadina di Qanat-e Malek, nella provincia di Kerman, Soleimani inizia a lavorare a 13 anni come operaio nella compagnia Kerman per la gestione del sistema idrico.

A 22 anni si arruola con le Guardie rivoluzionarie islamiche. Successivamente si distingue nella guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) durante la quale guida anche attacchi contro gli americani. Nel 1998 viene nominato comandante della Forza Quds, unità di élite dei Pasdaran, specializzata in operazioni segrete estere. Va ricordata tra le sue «battaglie» la ferma opposizione alle «morti senza significato», la terribile pratica di mandare giovani soldati a correre sui campi minati per aprire la strada alle truppe corazzate. Non è, quindi, difficile capire il perché in patria Soleimani fosse considerato alla stregua di un eroe nazionale. Un ex agente della CIA, John Maguire, lo definisce come «la persona più operativa in Medio Oriente». La sua influenza sconfinava in Paesi come Iraq, Siria e Libano: sostiene Bashar Al-Assad nella guerra civile in Siria; nel 2006 scende in campo a sostegno di Hezbollah nel conflitto libanese. Paradossalmente a lui viene anche riconosciuto il merito di aver fermato insieme a truppe iraniane, siriane e irachene l’avanzata dell’Isis in Sira e in Iraq.

Ben altra considerazione in America, dove viene ritenuto responsabile della morte di 608 soldati americani in attacchi condotti tra il 2003 e il 2011 in tutto il Medio Oriente, di aver esportato la Rivoluzione islamica e di aver sostenuto i terroristi. Gli si attribuiscono, inoltre, complotti in Asia e Sud America e il tentato omicidio in un ristorante italiano, a Georgetown, dell’ambasciatore dell’Arabia Saudita in USA. Soleimani doveva essere eliminato. Ma più volte quest’uomo, piccolo di statura e schivo, era scampato alla morte: nel 2006 era rimasto coinvolto in un incidente aereo, nel 2012 si era salvato da un attentato contro i capi militari siriani e 3 anni dopo rischiò di morire nella battaglia di Aleppo. Sembrava destinato a trionfare su tutto, anche sulla morte. Ci ha pensato l’America a presentargli il conto. Durante la consegna dell’ordine di Zolfaghar, il più alto onore militare del Paese, l’Ayatollah Khamenei pronunciò questa frase che ormai suona come una premonizione: «La Repubblica islamica ha bisogno di lui ancora per molti anni. Ma io spero che alla fine lui muoia da martire». Del resto anche Soleimani, smentendo le voci che affermavano che volesse partecipare alle elezioni presidenziali del 2021, scrisse a Khamenei in una lettera: «Sono nato soldato e morirò da soldato». E così è stato. In Iran è morto il soldato martire Soleimani, per tutto l’Occidente è morto soltanto un altro terrorista. Khamenei dichiara tre giorni di lutto nazionale. Durante i funerali a Baghdad un oceano di persone si riversa nelle strade per seguire la processione. Un solo grido si erge dalla folla: «Morte all’America». 

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