Di Chiara Malinverno
È Niccolò Contucci ad accogliere una piccola delegazione di B.Livers nella sede AIRC di viale Isonzo a Milano. Romano di nascita, ma toscano da sempre, Niccolò Contucci è dal 2008 direttore generale di AIRC, realtà cui è approdato dopo essersi occupato di comunicazione e raccolta fondi per Fondazione Telethon. Contucci racconta come essere manager impegnato nel terzo settore non sia stata una sua scelta, piuttosto un’opportunità. «Ho studiato scienze politiche all’università di Firenze perché il mio desiderio era intraprendere la carriera diplomatica», confessa, «poi ho iniziato a lavorare per il Cantiere Internazionale d’Arte, festival culturale che si tiene ogni anno nella mia città, Montepulciano». Proprio grazie a questo festival viene notato dalla senatrice Susanna Agnelli, che era alla ricerca di un giovane manager onesto e talentuoso, capace di dare avvio a una maratona televisiva per raccogliere fondi per la ricerca scientifica sulle malattie rare, quella che oggi è conosciuta come Fondazione Telethon. «Incontrare Susanna Agnelli mi è subito sembrato un grande onore, ma a dire il vero, non capivo in cosa potessi esserle utile. Fu mia madre a infondermi fiducia e a spronarmi a cogliere questa opportunità», racconta. È così che Niccolò Contucci si trova a soli 28 anni ad incontrare una delle donne più influenti di Italia, in un colloquio a dir poco surreale. «Sono arrivato alla residenza Agnelli nell’Argentario con la mia auto sgangherata che, tra l’altro non era nemmeno Fiat», confessa ridendo, «e la prima cosa che mi propose la signora Agnelli fu di far un bagno in mare. Mi portarono un costume e lo feci, credendo oramai che il mio colloquio fosse finito, prima ancora di iniziare». In realtà il suo colloquio andò bene, nonostante fosse avvenuto in costume e infradito, tanto da portarlo a essere direttore per la raccolta fondi di Fondazione Telethon per ben 15 anni, dal 1992 al 2008, anno in cui divenne direttore generale AIRC.
Conosciuto chi è Contucci, non ci resta che comprendere cosa sia AIRC, Associazione, oggi fondazione, per la ricerca sul cancro. «AIRC è una grande organizzazione nata nel 1965 per volontà di Umberto Veronesi e Giuseppe della Porta, all’epoca due giovani medici dell’Istituto Nazionale dei Tumori che, forti della loro esperienza statunitense, erano consci della necessità di affiancare alla cura dei pazienti, la ricerca sulle malattie oncologiche, così da sviluppare nuovi approcci terapeutici». Contucci continua raccontando di come tutto ciò fu possibile, grazie ai finanziamenti provenienti dalle grandi famiglie industriali milanesi, quali Falck e Pirelli. In pochi anni AIRC divenne una grande realtà, coinvolgendo vari centri di ricerca su tutto il territorio nazionale.
Viene da chiedersi perché AIRC abbia avuto, e continui ad avere, così successo. «La forza di AIRC è quella di essere una promotrice di cultura», spiega Niccolò Contucci, «negli anni 60, il cancro era visto come una piaga da cui nascondersi e solo grazie ad AIRC questo tema è stato sdoganato, andando così a riabilitare i malati oncologici e ad aumentare la consapevolezza delle persone». Questo è stato possibile grazie alla pressione che AIRC ha esercitato sui media perché parlassero di cancro e perché facessero conoscere l’importanza della ricerca scientifica.
Altro punto di forza di AIRC è la serietà nella gestione dei fondi per la ricerca scientifica. «Ogni progetto di ricerca individuato dalla direzione scientifica di AIRC, viene valutato da tre enti autorevoli, due internazionali e uno nazionale, così da poter selezionare i progetti migliori e che meritano di ricevere fondi», spiega Contucci.
Parlando di numeri, ogni anno AIRC riceve circa 1200 progetti di ricerca e di questi solo un terzo viene ritenuto meritevole di essere finanziato. A livello economico, AIRC nel 2019 ha erogato oltre 115 milioni di euro che, uniti ai fondi di altre charities e dei Ministeri della Salute e della Ricerca, sono il motore della ricerca scientifica italiana, di cui Contucci parla come di «una Ferrari, che spesso però rischia di rimanere senza benzina». L’Italia è al secondo posto in Europa per pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, a dimostrazione della competenza dei ricercatori italiani e dell’efficienza del metodo di selezione dei progetti da finanziare, ma nonostante ciò i fondi statali per la ricerca sono estremamente esigui, basti pensare che lo Stato destina alla ricerca meno di 40 milioni di euro, contro i 6 miliardi destinati dal governo degli Stati Uniti.
Il non investire nella ricerca significa non investire nel futuro. Contucci spiega che le terapie di oggi sono il frutto della ricerca condotta 10-15 anni fa, quindi investire oggi in ricerca significa migliorare la vita del domani. «Ogni giorno, in Italia, si hanno oltre 1000 diagnosi di cancro, ma a lato di questa realtà tremenda, in Italia si contano oltre 3 milioni di persone guarite dal cancro e questo è possibile solo grazie alla ricerca scientifica». Questa consapevolezza è ben presente nella popolazione italiana, tanto che oltre 4 milioni di italiani donano con costanza ad AIRC. Scegliere di donare ad AIRC, significa avere la certezza che i fondi donati siano impiegati per la ricerca scientifica. «La forza di AIRC sta anche nell’essere trasparenti», spiega Contucci, «ogni donatore sa che per ogni euro donato ad AIRC, 86 centesimi sono destinati alla ricerca, mentre 14 sono destinati al sostentamento della vita della Fondazione, intesa come dipendenti e attività di comunicazione».
Quest’anno AIRC festeggia i 55 anni di attività, di successi in campo scientifico e di comunicazione. AIRC ha insegnato e insegna il valore della prevenzione e della ricerca scientifica, con l’obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile. L’ultima domanda che rivolgiamo a Niccolò Contucci è «Fino a quando AIRC avrà senso di esistere?», e la risposta che riceviamo è piena di speranza e fiducia: «AIRC esisterà fino a quando troveremo una cura per l’ultima forma di tumore, prospettiva che fino a qualche anno fa poteva sembrare utopistica, ma che presto diventerà realtà».