Milano 2030 – quando non ci sarà più distanziamento sociale

Autori:
Irene Carminati

Di Giovanni Fosti

L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Covid-19, che nell’arco di quattro settimane ha messo in ginocchio persone, famiglie e territori in molti angoli del Paese, ha instillato in molti di noi un senso di paura e di incertezza sempre più acuti, quasi palpabili. Per affrontare un evento così straordinario e dagli effetti ancora difficilmente calcolabili, occorre essere disposti a cambiare prospettiva e ad innescare una grande capacità di adattamento di fronte al nuovo.

Chi ha vissuto da vicino esperienze di malattia, propria o dei propri cari, comprende molto bene che cosa si prova quando si è chiamati a fronteggiare situazioni che mettono duramente alla prova e sconvolgono la quotidianità. Diventa difficile mantenere l’equilibrio nel momento presente, senza cedere alla preoccupazione per quello che accadrà dopo. Vivere in questo periodo di pandemia significa anche questo: lottare ogni giorno per non cedere al panico, talvolta persino alla disperazione, tenendosi pronti a reagire a quello che verrà in futuro, nel breve e lungo periodo. 

L’epidemia che ha colpito l’Italia con imprevedibile rapidità e inaudita durezza, sta mettendo a dura prova ciascuno di noi, ma ci chiama contestualmente a una grande azione di responsabilità collettiva, che punti a salvaguardare soprattutto i più deboli. Perché sono proprio loro, persone rese fragili dall’avanzare dell’età, dall’isolamento sociale o dall’instabilità economica a subire le conseguenze peggiori di ciò che sta accadendo. 

In un momento in cui il distanziamento sociale tra i cittadini sembra rappresentare l’unica arma a nostra disposizione per prevenire ulteriori contagi, ci accorgiamo di quanto sia vitale far parte di una comunità coesa. Nel maggio 2019 Fondazione Cariplo ha sintetizzato attraverso il concetto «accorciare le distanze», il cuore della propria azione: oggi queste parole suonano ancor più vere, perché stiamo sperimentando quanto siamo interdipendenti gli uni dagli altri e perché nel futuro che ci attende dovremo continuare a lavorare per ridurre quelle distanze che frammentano e impoveriscono la nostra società. 

Le nostre comunità stanno assistendo a un preoccupante aumento del divario tra persone che hanno accesso al benessere e alla cultura e persone che ne sono escluse. Il divario tra il centro delle città, le periferie e le aree interne, il divario tra chi non può cogliere alcuna opportunità e chi ha i mezzi per riuscirvi, il divario tra i bambini che vivono una vita sana e mangiano a sufficienza e i bambini che vedono peggiorare ineluttabilmente il proprio tenore di vita, il divario tra chi aspira a un avvenire migliore e chi ha rinunciato al futuro con totale rassegnazione.   

Viviamo in una società dove persone vicine fisicamente sono spesso lontanissime per opportunità, desideri, capacità di riconoscersi come parte dello stesso destino, costruttrici di un futuro comune

La costruzione di una società più coesa, dove tutti possano avere accesso alle stesse opportunità è il fine ultimo delle azioni che la Fondazione Cariplo promuove e lo sarà anche in futuro. Ma anche noi, come tutti, dovremo essere disposti a capire, a imparare ad adattarci a uno scenario nuovo. In una fase di così grande incertezza è molto difficile formulare delle previsioni, ma siamo certi delle coordinate che ci guideranno sempre: l’attenzione ai più fragili e la creazione di valore per le persone.

In una crisi come quella che stiamo vivendo, a «perdere» saremo tutti, ma non sempre allo stesso modo e non sempre con i medesimi effetti. L’impatto sui più fragili, su coloro che sono ed erano già in difficoltà, sarà certamente più forte. Pensiamo a chi vive in condizioni economiche precarie: quelle distanze, che erano già ampie solo pochi mesi fa, rischiano di dilatarsi ulteriormente. Dovremo capire nei prossimi mesi, attraverso la collaborazione con i soggetti che vivono e operano nel territorio e conoscono da vicino le comunità, come sostenere le persone più fragili perché possano avere le stesse opportunità di altri nella fase della ripartenza. 

Una volta superata questa crisi collettiva, accorciare le distanze sarà ancora di più fattore necessario per permettere a chi vive nel nostro territorio di ricominciare a sentirsi parte della stessa comunità, per far sì che una popolazione che nel corso degli anni ha saputo creare valore sociale diffuso non si impoverisca, non si ripieghi su se stessa, ma continui a distinguersi per laboriosità, generosità, spirito creativo e capacità di innovare. 

Avvicinarsi e riconoscersi sono i presupposti per essere dotati di istituzioni solide, in grado di contemperare le diverse esigenze e orientare le risorse e le scelte, nella costruzione di un futuro migliore per tutti, che non costringa nessuno a restare indietro. Certo, con lo scenario che si prospetta oggi, queste mie parole possono echeggiare come una sorta di coraggioso «azzardo». 

In questi giorni così difficili abbiamo davanti a noi esempi bellissimi di spirito di generosità e di capacità di innovare che ci vengono dai territori, dove tante persone all’interno delle proprie comunità si stanno mobilitando per sostenersi a vicenda e per proteggere i più fragili. Di fronte alla profonda sofferenza che sta toccando la vita di tanti di noi, emergono infine due grandi parole: responsabilità e gratitudine. La responsabilità a cui ciascuno è chiamato, prima di tutto attraverso il rispetto delle regole di comportamento che ci vengono dettate dalle autorità. E la gratitudine verso tutti coloro che stanno mettendo a repentaglio la propria salute a servizio degli altri.

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