LE TESTIMONIANZE – L’isolamento adesso come a allora ma con allenamento e meditazione

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Di Eleonora Prinelli

Ci risiamo. Dopo 13 anni rivivo l’isolamento, sebbene per un motivo diverso. Eppure è un attimo tornare là, all’ospedale, alle chemio, ai valori troppo bassi per uscire, o per ricominciare con il ciclo successivo. È un attimo identificarsi con la sensazione che questa quarantena suscita in me. Quella della tuta tutti i giorni, del divano, della routine tra quattro mura, del lasciarsi andare perché tanto non si deve andare da nessuna parte. La necessità di stare a casa, perché non si può fare altrimenti. 

Forse sono riuscita ad accettare queste restrizioni più facilmente rispetto ad altri, perché so che «stare a casa» non è certo la cosa peggiore che ci viene chiesto di fare. Il mese di isolamento in una stanza di ospedale di pochi metri quadrati e le tre settimane post-intervento confinata a letto, sempre nella stessa identica posizione, mi ricordano che talvolta stare a casa è un lusso.  

Nonostante ciò, è dura.  Ogni tanto, quando mi accorgo che la mente sta tornando indietro nel tempo, facendomi identificare di nuovo con la me malata del passato, mi fermo. Mi cambio i vestiti, mi metto un filo di mascara, faccio mezz’ora di yoga, leggo un libro, esco sul balcone a sentire il calore del sole sulla pelle. Respiro. Medito. Ascolto le mie canzoni preferite. Cucino qualcosa di buono con mia madre. Sparo un paio di battute con mio padre.  

Prenderci cura di noi stessi e degli altri è la prima cosa che possiamo fare per sentirci meglio, anche se dobbiamo restare in casa. E dopo tutto, è quello che stanno facendo tutti. Chi suonando alla finestra, chi chiamando un vecchio amico, chi scrivendo un diario. Stiamo dando libero sfogo alla nostra creatività per trovare qualcosa di buono in tutto questo. Ci stiamo riappropriando del nostro tempo. Per certi versi è difficile, perché siamo costretti a fermarci anche a pensare… non si scappa. Ma può farci bene rallentare e riscoprire i piccoli piaceri che ogni giorno porta con sé. Perché se non si può uscire, si può fare un «aperiskype» con gli amici; se non si può andare dall’estetista, ci si può prendere cura di se stesse da sole; e se non si può andare in palestra, ci si può allenare a casa con la propria musica preferita. 

Siamo abituati a non farci mancare nulla e non accettiamo di sentirci limitati in alcun modo. Ma le migliaia di persone contagiate e gli sforzi sovrumani che medici e infermieri stanno compiendo in queste settimane, ci ricordano che non dovremmo dare nulla per scontato. La gratitudine verso le piccole cose è questione di allenamento. Torneremo ad uscire, a correre al parco, a mangiare al ristorante. E torneremo ad abbracciarci con il sorriso sulle labbra. Per il momento, però, accontentiamoci di essere a casa e teniamo duro. Per il bene di tutti. 

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