Di Silvia Cappellini
In una Milano piovosa e rallentata dall’emergenza COVID-19, incontriamo Antonella Manuli, imprenditrice agricola, proprietaria della fattoria La Maliosa. Con lei, Bill Niada, imprenditore sociale e Sandra Riva, ragazza del Bullone. Modera Silvia Cappellini.
Silvia: Antonella raccontaci di te…
Antonella: Ho avuto tante vite. Sono nata in una famiglia di imprenditori milanesi, ma sono cresciuta tra la Svizzera e gli Stati Uniti. Tornata in Italia dopo gli studi universitari in Business Administration, ho iniziato a lavorare prima in una società di revisione, in una banca d’affari, in un ufficio studi, per poi seguire per dieci anni le Terme di Saturnia, allora proprietà della mia famiglia. Nel mentre, ho avuto una carriera sportiva vincendo titoli nazionali e internazionali di golf e sono diventata mamma. Lavorando nella Maremma toscana, una zona così selvaggia e incontaminata dal punto di vista ambientale, mi chiedevo come mai non si fossero sviluppati progetti per produrre cibo in modo salubre e che valorizzassero il territorio. E così ho seguito l’istinto e mi sono buttata dando vita alla fattoria La Maliosa. Poco alla volta, ho acquistato i terreni che oggi costituiscono i 160 ettari della proprietà .
Silvia: Antonella e Bill, siete entrambi figli di imprenditori. Lo spirito imprenditoriale che vi contraddistingue si è formato in seno alle vostre famiglie, o è il risultato delle vostre esperienze personali?
Antonella: Sono cresciuta immersa nella mentalità imprenditoriale della mia famiglia: rimboccati le maniche e realizza i tuoi progetti in autonomia senza aspettarti che qualcuno ti spieghi come fare, non dare la colpa dei tuoi insuccessi a qualcun altro. Ma certamente vivendo molti anni all’estero, la contaminazione di idee è stata importante. Tutta la mia azienda è fondata sulla sostenibilità e di questo si dibatteva ampiamente in California già negli anni 80.
Bill: Anche per me l’educazione familiare è stata forte. Sono cresciuto con quel rumore di sottofondo, ma credo che servano anche delle qualità per saper distillare il rumore, per intercettare un suono e poi trasformarlo in musica e nutrirlo affinché diventi melodia.
Silvia: Antonella, la tua avventura imprenditoriale rispecchia una tua esigenza personale di fare secondo certi principi e valori. Quali sono quelli su cui si fonda La Maliosa?
Antonella: L’idea di una fattoria eco-sostenibile è diventata pressante con la nascita del mio primogenito. Volevo fare qualcosa che potesse dare un esempio, producendo sì prodotti buoni, ma portando un’innovazione culturale. Oggi le collaborazioni con le universitĂ e le connessioni che si sono generate sono diventate molto piĂ¹ grandi dell’azienda in sĂ©. Con l’UniversitĂ di Siena stiamo conducendo un progetto di misurazione dell’impatto sociale del ciclo di vita dei nostri prodotti. La Carbon Footprint di prodotto (LCA) è un concetto noto, ma l’effetto che questo ha su tutti gli stakeholder – popolazione, clienti, istituzioni, territorio – è una vera e propria innovazione. La Maliosa è una micro-impresa, ma è motivo di grande soddisfazione e orgoglio.
Silvia: Sandra, cosa vorresti chiede a un’imprenditrice così attiva?
Sandra: Hai dei figli e sei orgogliosa di lasciare a loro e ai giovani il tuo esempio. Tu da chi l’hai preso? Chi ti ha ispirato?
Antonella: La mia azienda nasce da convinzioni personali che ho maturato già dai tempi dell’università . Negli anni 80 in California si parlava delle conseguenze delle attività umane sull’ambiente, mentre questa consapevolezza è arrivata con un gap di 20 anni in Europa. Un po’ come è sempre stato nella mia vita, ho seguito il mio istinto.
Silvia: Che cosa significa per voi avere successo?
Bill: Credo che il significato del termine successo cambi con l’etĂ . Da giovane è avere successo con gli amici o la tua ragazza. Crescendo è qualcosa che ti rende evidente agli occhi degli altri, per cui ti tributano attenzioni. Ma con il tempo quelle attenzioni non ti interessano piĂ¹, e avere successo è cercare di far sì che le persone che ti stanno vicino stiano bene. Ăˆ provare ad avviare un processo di cambiamento (per il bene comune) stimolando pensieri e punti di vista diversi.
Antonella: Non mi interessa avere successo. Do piĂ¹ valore all’esempio che alle parole. Se faccio qualcosa che ora o piĂ¹ in lĂ avrĂ ispirato qualcuno, allora va bene. Anche se una parte del successo è far sì che la tua azienda sia in grado di sostenersi economicamente.
Sandra: Da dove nasce la tua passione per il vino?
Antonella: Non avevo una passione per il vino. Il vino è ciĂ² che si coltiva in quelle terre. Io sono partita da una passione per il luogo. Se vuoi lavorare in modo sostenibile devi produrre delle coltivazioni che siano adatte all’ambiente in cui le produci. E questa è una scelta che devi fare a monte. La valorizzazione è una cosa importante, non lo stravolgimento.
Bill: La vocazione: un concetto poco considerato nella nostra società . Ma come un terreno è vocato al vino, una persona è vocata a fare una cosa e non un’altra. Spingere una persona ad essere quello che non è, implica una gran fatica per ottenere dei risultati a volte mediocri e magari producendo anche dei danni. La natura ce lo insegna.
Silvia: Che valore date al tempo?
Bill: Non facendo piĂ¹ l’imprenditore in maniera tradizionale e non essendo piĂ¹ legato a quei paradigmi tempo-risultato, tempo-denaro, credo ci sia un tempo per tutto. Le cose devono essere fatte per gradi e solo in un processo con un tempo adeguato si elabora un pensiero e si acquisiscono le capacitĂ per trasformarlo in azione. I buoni risultati arrivano con la pazienza.
Antonella: In un’azienda agricola non sei tu che detti i tempi. Puoi fare tutti i programmi che vuoi, ma se poi piove per 15 giorni non se ne fa nulla. E quando formi un ragazzo e gli insegni a potare, un pezzetto glielo insegni quest’anno e un pezzetto tra 12 mesi. La natura ti riporta a dei ritmi che noi umani spesso ignoriamo. Io cerco di non farmi schiacciare dalle mille incombenze, ma essendo imprenditrice, moglie e madre non è sempre facile.
Silvia: Entrambi avete a che fare con situazioni sulle quali non avete un controllo diretto: tu Antonella devi adeguarti ai tempi della natura, e tu Bill lavori con ragazzi che hanno vissuto il percorso della malattia di fronte alla quale sei impotente. In questo momento di stallo dettato dall’emergenza coronavirus, che consiglio vi sentite di darci?
Antonella: L’imprevisto è un’opportunitĂ per fare qualcosa d’altro. Ăˆ uno spazio vuoto da riempire che non capita sempre. Anzi non capita quasi mai.
Bill: Tutte le volte che mi succede qualche cosa di non pianificato, vuol dire che devo incominciare a pensare ad altro e da quell’altro nasce sempre qualcosa di nuovo, di bello, fatto anche di incontri e persone che magari non avrei mai accolto. Ăˆ sempre veramente un dono.
Sandra: è un ottimo consiglio. Perché davanti a una difficoltà , spesso penso di essere tagliata fuori, che non ce la posso fare. E invece devo credere che una soluzione ci sia sempre.
Silvia: Il Bullone è «Pensare. Fare. Far pensare». Tre parole che esprimono chi siamo e quello che ci proponiamo. Quali sono le vostre?
Antonella: «Mettiti in gioco» e «Segui la tua convinzione». Non sono tre, ma mi rappresentano al meglio.
Bill: «Fare». L’unico modo per capire se stai facendo la cosa giusta. «Non avere paura». E lo dico soprattutto a me stesso. Ho passato tanti anni ad avere paura. La paura ti blocca, ti paralizza. Con gli anni ho imparato a gestirla. E poi «Umiltà ». Non so se lo sono, ma mi piacerebbe esserlo di piĂ¹.