Non facciamo come i dinosauri – fermiamoci a pensare per fare meno facendo meglio

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Di Marinella Levi

Nessuno sa come sia successo veramente, quella mattina. Con ogni probabilitĂ , senza nessun particolare preavviso, un meteorite di 10 chilometri di diametro si schiantĂ² sulla superficie terrestre a una velocitĂ  supersonica.

Un immenso asteroide che penetrĂ² nella crosta terrestre vaporizzandola, trasformando qualsiasi cosa intorno a sĂ© in rocce e polvere. Soprattutto polvere, moltissima polvere. E di polvere si riempì l’atmosfera, avvolgendo tutta la Terra, oscurando il sole. E  privato dei benefici influssi del sole, il pianeta nel giro di poco si trovĂ² senza luce, e senza calore. 

Ma senza luce e senza calore non c’è fotosintesi. Senza fotosintesi le piante muoiono. Restano il buio e il freddo. E al buio e al freddo la vita puĂ² diventare improvvisamente difficile. Anche per chi, grazie a un straordinaria capacitĂ  di adattamento, nei 135 (centotrentacinque) milioni di anni precedenti aveva dominato il pianeta, colonizzando territori sconfinati. Tutto improvvisamente divenne definitivamente inospitale. 

Nessuno sa come sia successo veramente, quella mattina. Se fosse lunedì. Se stesse piovendo. O se picchiasse forte il sole. Di certo, da allora sono passati 66 (sessantasei) milioni di anni. E dei dinosauri nessuno ha piĂ¹ saputo nulla. Niente. Se non qualche fossile qua e lĂ , che la paziente sapienza dei paleontologi sa decifrare per portare a noi le ragioni e la bellezza dello strapotere della specie piĂ¹ longeva esistita sulla Terra. Estinti. Così, per colpa di uno stupido meteorite. Caduto per caso, un lunedì mattina. Senza nessuna possibilitĂ  di appello. 

E noi invece, ancora qui.

Noi, divenuti specie Homo, soltanto 2 (due) milioni anni fa, settimana piĂ¹, settimana meno, differenziandoci (neanche troppo)  da quei simpatici Australopitechi che tanto, nel bene e nel male, ci hanno lasciato in ereditĂ . Ma tra quel lunedì mattina e questa mattina, di specie estinte ce ne sono state e, ancora ce ne sono, ancora tantissime. Milioni e milioni. Le stime su questo aspetto sono molto diverse e variegate, ma non per questo meno meritevoli di una breve e significativa riflessione.

Prendiamo gli uccelli (che forse non per caso sono i piĂ¹ diretti discendenti dei dinosauri). Si stima che le specie di uccelli presenti alla loro comparsa sulla Terra fossero  100 milioni. Oggi sono 10.ooo. Diecimila. Cento volte meno. L’uno percento di quelle che furono. E chi è stato a far estinguere il 99% degli uccelli?  Uno sciame di piccoli meteoriti perversi? No. Siamo stati NOI. Siamo stati NOI a sterminare il Dodo, affabile icona delle isole Mauritius. E lo abbiamo fatto in soli 60 anni, per cibarci delle sue tenere carni gustose. Siamo stati noi a contribuire direttamente, o agendo sui cambiamenti climatici, all’estinzione – si stima – di decine di specie animali ogni giorno.

E adesso, dentro una pandemia che potrebbe anche assumere le sembianze di un meteorite ben camuffato, abbiamo, forse per la prima volta in questi due milioni di anni, settimana piĂ¹, settimana meno, la straordinaria opportunitĂ  di FERMARCI. FERMIAMOCI a pensare. A come fare meno. Facendo meglio. A ridistribuire le risorse che riconosciamo come bene comune. A NON tornare alla normalitĂ  sbagliata che ha preceduto questa.  Lo dobbiamo a coloro che non ce l’hanno fatta. A coloro che combattono nelle trincee degli ospedali.

A coloro che pensano che perdere questa occasione sarebbe un errore madornale.  PerchĂ© questa volta non possiamo sbagliare.  Se no, facciamoci da parte. E ammettiamolo. Forse anche i dinosauri hanno diritto a un’altra possibilitĂ .

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