Una nuova economia – La globalizzazione è finita. Il digitale scandirà le nostre vite

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Le riflessioni dei cronisti del Bullone su questi giorni di dolore e sull’incognita del dopo Coronavirus. Che cosa ci lascerà? Cambierà l’economia, come cambierà il lavoro. In questi due mesi in tanti hanno sperimentato l’impegno professionale dalle proprie case.

Cornice di Carol Rollo

Di Giulia Porrino

Le città si svuotano. Gli umani sono chiusi nelle case. Gli animali si riappropriano degli spazi attirati da un nuovo mondo silenzioso. Le emissioni nocive nell’atmosfera sono crollate e respirare a pieni polmoni mentre si guarda fuori dalla finestra, è una delle poche possibilità che abbiamo. Dopo due mesi di isolamento e metà dell’umanità bloccata, è chiaro: la globalizzazione come la conoscevamo è finita. Il cambiamento che studiosi e ricercatori ritenevano necessario, è arrivato. Non c’è più tempo. 

Le previsioni economiche colpiscono tutti: «Fmi: il coronavirus schiaccerà le economie mondiali, l’Italia pagherà il prezzo più alto per la pandemia: Pil nel 2020 a -9,1%», «Fitch rivede le stime sul Pil mondiale nel 2020: la nuova previsione è di una riduzione dell’attività economica globale dell’1,9% nel 2020 e l’eurozona in calo del 4,2%». 

Tutto dovrà essere ripensato. Bisognerà studiare nuove modalità educative, di vita sociale e lavoro. Prima che un vaccino possa risollevare il mondo, il virus resterà tra noi, ma per non bloccare definitivamente l’economia mondiale, bisognerà essere pronti a ripartire e cambiare.  

Molti settori sono stati messi a dura prova: c’è chi, purtroppo, ha perso la propria occupazione e chi ha dovuto rivoluzionare il metodo di lavoro. Secondo recenti indagini dell’agenzia per il lavoro delle Nazioni Unite, a livello mondiale la crisi avrà un impatto su 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Sempre secondo le Nazioni Unite, più di 4 persone su 5 – l’equivalente dell’81% della forza lavoro globale, 3,3 miliardi di lavoratori – sono attualmente interessate dalla chiusura totale o parziale delle attività produttive. I settori più a rischio sono quelli degli alloggi, della ristorazione, delle manifatture e della vendita al dettaglio. 

Il vero vincitore di questa emergenza è uno solo: la tecnologia

Quanti viaggi sono stati risparmiati in questi giorni grazie alle conferenze digitali? Quanto inquinamento in meno? Quanto tempo in più per condividere la vita con i nostri cari? 

Il digitale, ora più che mai, scandirà le nostre esistenze. 

Non si andrà più nei centri commerciali, ma aumenteranno le spese sulle grandi piattaforme digitali. Sicuramente lo sviluppo dell’e-commerce non è merito del coronavirus, ma l’aumento esponenziale che ha avuto in queste ultime settimane è significativo. Non è un caso che Amazon, proprio in questi giorni, abbia dato il via a migliaia di nuove assunzioni. 

I cambiamenti non riguardano però solo gli acquisti online. Lo smart working ha dimostrato di essere la svolta per molti settori, evitando che centinaia di dipendenti siano nello stesso edificio e questo vuol dire una sola cosa: meno spostamenti, meno sprechi energetici e dunque minor inquinamento. Ma non solo, i risparmi riguardano anche le aziende, che in questo modo spenderanno migliaia di euro in meno per pagare trasferte di lavoro e affitti di enormi palazzi nei centri delle principali città mondiali. 

Mentre le startup della tecnologia e dell’e-commerce diventano colossi internazionali, ad essere messa a dura prova è la nostra privacy. Per proteggere le comunità i cittadini si troveranno costretti a condividere con lo Stato informazioni personali e sulla propria salute. 

Davanti a tante informazioni confuse e spesso spaventose, è necessario capire che il tempo per cambiare è arrivato. È qui e ora. Non è detto che si tratterà di un impoverimento diffuso. Il mondo ci sta dando un’ultima possibilità per cambiare le nostre vite, le nostre abitudini. Ultima chiamata per rinascere. Nulla sarà più come prima, sta a noi decidere se sarà migliore.


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