Socionomy – la riscoperta dell’economia per un bene comune

Autori:

Di Bill Niada

Socionomy: potrebbe essere il prossimo ideale economico dopo il Coronavirus.

Un’Economia che tenga presente la Società, i Social e il Sociale, dove la Società è intesa come l’unione degli esseri umani, i Social uno strumento di analisi e valutazione delle aziende e il Sociale, quello straordinario motore che porta una qualità di vita migliore per tutti.

Un’inversione di paradigmi. Fino ad ora le nazioni più civilizzate, immerse nella cultura economica, vedevano prima il lavoro e poi la vita, ora il Coronavirus ci insegna che prima c’è la vita e poi il lavoro, perché senza vita non c’è lavoro. 

Si lavora per vivere, quindi se il lavoro che facciamo o come lo facciamo porta danni alla Terra e alla salute fisica e mentale dell’Uomo, è tempo di cambiare metodo, altrimenti al prossimo «giro» non rimarrà nessuno a lavorare per fare profitti.

Non sono un economista. Sono un idealista e quindi ragiono fuori dagli schemi. Mi permetto quindi di volare…

Partiamo dal principio della sopravvivenza. Siamo quasi 8 miliardi di persone, abbiamo devastato il Pianeta, abbiamo compromesso la qualità del cibo, che ora ci avvelena invece di farci stare bene e abbiamo un serenità mentale pari a una scimmia in calore.

Ergo, dobbiamo cambiare qualcosa.

Questo stop ci ha fatto capire che le priorità sono altre, che abbiamo degli strumenti tecnologici che potrebbero cambiare il sistema di vita e lavoro e che un po’ di silenzio ci aiuta a riflettere per ripulirci e rimettere in ordine le cose.

Ma come fare?

Intanto passare dalla parola «crescita continua», che non può esistere in natura, alla parola «equilibrio», che vuol dire che tutto si mantiene nel giusto stato.

Per quanto riguarda aziende e PIL, creare delle regole per cui non ci siano eccessi, monopoli, ossessione di profitto e di potere. Meno «giganti» e più imprenditoria diffusa, per un potere e un «avere» meglio distribuito. L’ambizione della crescita continua porta alla cecità e alla «giustificazione» di azioni che recano danni all’ambiente e ai consumatori, che siamo noi tutti. Ma aziende troppo potenti sono difficili da contrastare.

Ogni impresa si dovrebbe prendere cura di un’attività no profit o di un progetto sociale. Per legge. Quindi, a seconda delle proprie dimensioni e possibilità, ogni azienda dovrà tener conto dell’aiuto economico e organizzativo a una no profit del suo territorio o del territorio nazionale. Per questo avrà diritto a scarichi fiscali importanti, perché lo Stato ne avrà beneficio economico dovendosi occupare meno del welfare. L’impresa ne avrà beneficio come prestigio e benevolenza per l’impatto sociale sul territorio. Oltre che l’orgoglio, condiviso con i dipendenti, di lavorare anche per un Bene Comune. 

Restituendo quindi in parte ciò che prende dalla comunità.

Bisogna introdurre il concetto di rating per le aziende, ma anche per i liberi professionisti. Un sistema di valutazione fatto dai consumatori, dai fornitori e dai clienti, che sia pubblica (sui social), attraverso commenti e «voti» che facciano conoscere l’azienda e i suoi comportamenti economici ed etici, verso altre aziende, i dipendenti, nel sociale.

In questo modo le imprese staranno attente al loro prestigio pubblico e cercheranno di fare il massimo sia all’interno che all’esterno, per avere un consenso.

Per evitare delazioni o falsità, delle società di rating indagheranno, mediando e disciplinando i giudizi.

Bisognerebbe introdurre, per legge, una regolamentazione del lavoro che preveda lo Smart working, una disciplina negli spostamenti delle persone e delle merci di produzione distante, incentivando quella locale e nazionale, per diminuire inquinamento e traffico. Si avrebbe così un aumento di tempo libero, attività sociali e una diminuzione di nuovi rischi di pandemie.

Bisognerebbe disincentivare l’accumulo di capitali esorbitanti di pochi (persone e aziende) a favore della collettività e del benessere comune. Non ha senso che alcuni abbiano patrimoni immobilizzati equivalenti al PIL di nazioni intere. Denaro che frutta solo a beneficio di singoli, è un peccato mortale.

Bisognerebbe riconsiderare la valutazione del PIL nazionale, passando da un punto di vista meramente economico, ad uno di benessere e qualità di vita. Gli USA, per esempio, considerati il massimo, sono una delle nazioni in cui si vive peggio, dove la criminalità è più alta, dove vige la pena di morte e la vendita delle armi è troppo facile, la sanità non è garantita (stanno morendo prevalentemente neri e poveri). Inoltre crea danni in giro per il mondo con un comportamento prepotente. 

Noi siamo un Paese e un popolo straordinari. Basta denigrarci! Facciamo una campagna di orgoglio e rivalutazione a partire dalle scuole, creiamo una coscienza nazionale positiva.

Tutto questo sarebbe possibile se avessimo il coraggio di guardare le cose e la vita senza paura, liberi dall’ansia del denaro e dal giudizio che ne deriva, che sono i veri ostacoli al cambiamento.

Ovviamente non senza tener conto dell’economia, ma mettendola a supporto dell’Uomo e non viceversa.

Se alle prossime elezioni un partito si presenta senza un piano economico classico, ma con un piano di cambiamento rivolto al benessere reale, lo voto, perché sarà un passo verso la SOCIONOMY.

Ti è piaciuto ciò che hai letto?

Ricevi adesso l’ultimo numero del nostro mensile “Il Bullone”, uno spazio in cui i temi cardine della nostra società vengono trattati da un punto di vista “umano” e proposti come modello di ispirazione per un mondo migliore.

Ricevi ultimo Bullone
 
 
 
 

Diffondi questa storia

Iscriviti alla nostra newsletter

Newsletter (sidebar)
 
 
 
 

Potrebbe interessarti anche:

Torna in alto