Conversazioni con gli Imprenditori – Roberta Ceretto tra vino, famiglia e territorio

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Cosa significa essere imprenditore oggi? Quali le sfide? Quali poteri e responsabilità? Il Bullone con questa rubrica risponde a queste e altre domande conversando con imprenditori di successo, che possono muovere le leve economiche e incidere sulla nostra società. Incontri che nascono con l’ambizione di stimolare e ispirare i lettori, ma anche indagare gli errori del e azioni che tengano in considerazione i giovani, le fasce più fragili, il bene comune, il nostro pianeta, e non solo gli interessi di una sola azienda o persona.

Guarda qui l’intervista in streaming di Roberta Ceretto
Cornice di Paola Parra

Di Riccardo Schiavi

A tre giorni dall’inizio della fase 2, una videochiamata ci dà l’opportunità di uscire da Milano per immergerci nelle Langhe, da cui risponde Roberta Ceretto, imprenditrice alla guida delle Aziende Vitivinicole Ceretto. Oggi ci ha lasciati Ezio Bosso. L’ultimo suo concerto al pianoforte è stato nel 2019 per il ventennale della Cappella del Barolo. Nel 1999 la famiglia Ceretto ha acquistato la struttura in rovina, regalandole una nuova identità, grazie a David Tremlett e Sol LeWitt. 

La Casa Vitivinicola Ceretto

Riccardo: La Casa Vitivinicola Ceretto nasce ad Alba negli anni 30. Siamo alla terza generazione. Questo vuol dire continuare una storia, riconoscersi in qualcosa che ci è stato lasciato e valorizzarlo.

Roberta: Abbiamo la fortuna di avere un papà e uno zio dinamici, che tornano in cantina ogni giorno ed hanno plasmato l’azienda a loro immagine. Non è semplice vivere e lavorare con i parenti, abbiamo cercato di dimenticare gli egoismi per puntare a un unico obiettivo: valorizzare il nostro territorio. Siamo dei privilegiati. Il nostro lavoro è anche un grande divertimento. Viviamo in un luogo bellissimo, a contatto con persone sempre nuove e produciamo vino, un prodotto che è condivisione, allegria, gioia di vivere.

Stefania: Anche le dinamiche che si vivono al Bullone sono quelle della famiglia, la Fondazione nasce da un forte input generazionale. 

Bill: Il passaggio è stato al contrario. Di solito è un padre che lascia ai figli. Io ho avuto una missione in eredità da mia figlia mancata quando era piccola: costruire qualcosa di positivo per i bambini, oltre che in suo ricordo. Poi Clementina sarebbe cresciuta. E così abbiamo deciso di pensare anche ai ragazzi, seguendo il percorso di crescita. 

Riccardo: Il Coronavirus è un elemento di rottura sistemica. Diversi settori saranno in difficoltà. Come state affrontando questo momento?

Roberta: Le nostre attività sono molteplici. Nasciamo come cantina, ma negli anni si sono sviluppati diversi spin off: l’alta ristorazione, l’arte e la cultura in generale. L’agricoltura non si è fermata. La natura non si ferma mai. Il commercio, invece, è una nota dolente. Abbiamo dei vini di nicchia e i nostri acquirenti principali sono ristoranti ed enoteche, che erano in lockdown totale. La ripresa sarà una grande incognita e, per un territorio come le Langhe, la ripartenza del turismo sarà cruciale. Noi ci rimboccheremo le maniche, cercheremo di far scoprire ancor di più alle persone il territorioe manterremo validi i principi che lo hanno reso unico: serietà e qualità. 

Aziende Vitivinicole Ceretto

L’incertezza del Terzo settore

Stefania: In tutta questa incertezza, il terzo settore è stato dimenticato. 

Bill: Purtroppo spesso ci si dimentica delle associazioni che sono il sistema attraverso cui tanta gente sopravvive. O ha la possibilità di vivere. Io ho imparato a stare tranquillo. Quando si è in mezzo alla bufera si fa fatica, ci si preoccupa. Non si sa dove ti porterà, né se ti farà sbarcare. Però la bufera può essere un momento in cui si impara a pensare in maniera differente da come si è sempre fatto. E può creare momenti di relazione che altrimenti non ci sarebbero stati. Quando guarderemo indietro, vedremo questo come un periodo di grande fermento, sia operativo, sia intellettuale.

Roberta Ceretto

Famiglia e Responsabilità Sociale d’Impresa

Riccardo: La pandemia sta rilanciando con forza il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa. Può essere un traino per la ripartenza?

Roberta: In famiglia, siamo sempre stati sensibilizzati a questi temi e ci crediamo fermamente. 
Fino ad oggi la responsabilità sociale dipendeva dalla scelta del singolo imprenditore. Questi mesi ci hanno messo di fronte a una situazione in cui è richiesta una risposta collettiva: nessuno può tirarsi indietro.

Bill: Io mi auguro che questa situazione porti le persone e le aziende a vedere le cose e a comportarsi in maniera diversa. Questo succederà solo se i risultati economici daranno ragione alle aziende che si occupano del sociale, con sistemi che premino le imprese responsabili sul mercato. L’altro processo che dovrà attivarsi non deve partire da noi imprenditori, ma dai giovani che verranno educati a pensare in una maniera differente. A capire che un’azienda non può stravolgere se stessa o l’ambiente per fare profitti. È una questione di equilibrio. 

Vista panoramica delle Langhe

Cosa significa essere imprenditori

Stefania: Cambierà anche il modo di essere imprenditore?

Roberta: No, gli imprenditori sono abituati alle sfide. Quella del Coronavirus è una nuova sfida da accettare. Abbiamo delle persone che dipendono da noi, che fanno parte della famiglia allargata che chiamiamo impresa. 

Stefania: Qual è il messaggio che vorrebbe dare ai giovani oggi?

Roberta: Sono un’ottimista. Mi auguro che usciremo migliori da questo periodo. Dovremo decelerare un po’ e tornare ad apprezzare la semplicità, la quotidianità, lo stare vicino alle persone. 

Roberta Ceretto

L’importanza del territorio

Riccardo: Si parla sempre più di marketing territoriale, di localismi e di glocal. Voi avete realizzato un connubio tra arte, cultura, ristorazione e vino. Avete convertito la produzione al biodinamico. Quale dev’essere il rapporto tra impresa e territorio? E per Il Bullone quali sono i confini del territorio?

Roberta: Alcuni vini non possono essere prodotti altrove. Senza il territorio non esisteremmo. È stato un lavoro impegnativo della generazione di mio padre, che ha dovuto far conoscere la straordinarietà dei luoghi e della cultura popolare di queste colline. Il vino è convivialità. Abbiamo puntato sull’accoglienza: portiamo le persone a vedere cosa facciamo e come lo facciamo. Dobbiamo avere una bella storia da raccontare. Noi abbiamo deciso di investire per rendere ancora più belli questi luoghi, grazie all’arte contemporanea, la musica, la ristorazione vista come cultura. Siamo proprietari di terreni, li lavoriamo, produciamo qualcosa che le persone mangiano e bevono. Non può che partire da noi un discorso di responsabilità, pulizia, integrità e rispetto. È come una matriosca: dobbiamo far sì che questo progetto si estenda agli strati successivi. 

Bill: Il nostro territorio è l’essere umano. La cosa bella di questo lavoro è riuscire a conoscere e farsi conoscere, fino ad arrivare all’empatia. Cerchiamo di ricostruire le persone che sono passate attraverso le macerie di se stessi, creando intorno a loro una rete di affetto e una capacità di visione, di prospettiva, che li faccia sognare, che dia orgoglio e li renda fieri di quello che fanno. Il mio è un lavoro bellissimo in cui bisogna essere in grado di equilibrare i propri stati d’animo con quelli degli altri. Spesso si tende a pensare all’io. Qui, in questa Fondazione, si pensa sempre al plurale.

Stefania: Io credo tanto nell’andare avanti. Ma senza dimenticare quello che è stato. Dobbiamo trarre tutti gli insegnamenti possibili dalle esperienze. Noi, in Fondazione, abbiamo imparato a reagire agli inciampi con nuova consapevolezza.

azienda ceretto

Fare di Più

Bill: Ci sono persone che subiscono dei traumi ovunque e sempre. Tu sei stata malata. Ma chi era intorno a te non riusciva a percepire gli stati d’animo, le difficoltà, la capacità di ricostruirti. Il Coronavirus ha toccato tutti. Ognuno ha avuto tempo per guardare dentro di sé, per ascoltare i suoi silenzi e trovare delle risposte per ricostruire la sua vita. Per distillare il buono dal tutto.

Riccardo: Dove sentite di poter fare di più?

Roberta: Mi piacerebbe fare di più impegnandomi in progetti sociali. Vorrei farvi una proposta: impegnarci a fare qualcosa insieme.

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