Intervista ad Alessio Boni – Covid, teatro e sogni

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Immagine in evidenza: Alessio Boni (Foto: lettoquotidiano.it)

I lavoratori della cultura e dello spettacolo sono stati tra i primi ad essere colpiti dalle conseguenze del lockdown. Non dimentichiamoli.

Cornice di Paola Parra

Di Alice Nebbia

Grande attore teatrale, cinematografico e televisivo, da pochi mesi padre del piccolo Lorenzo, Alessio Boni si rivela nell’intervista al nostro mensile, sul tema della ripartenza nel mondo dello spettacolo.

Ripartire dal teatro

Una ripartenza che deve essere attenta ma urgente, perché anche il teatro è in grado di generare e produrre una ricchezza, quella culturale. Il teatro è arte, relazione, scambio. E tutti noi ne abbiamo bisogno. 

Partiamo dal tuo ultimo lavoro teatrale, il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, un’opera immortale, il cui protagonista incarna la necessità di alti e profondi ideali e combatte per raggiungerli. Chi possono essere i moderni Don Chisciotte? 

«Moltissime figure possono ricordare il Don Chisciotte, figure femminili soprattutto, spesso così bistrattate in questo mondo. Ti posso citare Englantyne Jebb, attivista britannica, dama della Croce Rossa durante il primo conflitto mondiale che, profondamente segnata dalle sofferenze dei bambini a causa della guerra, fonda nel 1919 l’Organizzazione Save the Children per la tutela e la difesa dei minori. Oltre a lei penso a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, la quale si è battuta con una tenacia tipicamente femminile per far riaprire il processo del fratello e ottenere giustizia e verità sulla sua morte. Infine Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che a soli 16 anni sensibilizza l’opinione pubblica con le sue proteste a difesa dell’ambiente. Mai come in questo periodo di lockdown Greta ha avuto ragione. Abbiamo potuto constatare che il nostro polmone Terra torna a respirare. Stiamo tutti conoscendo una nuova realtà. Non dobbiamo ripartire come prima, ma in un modo migliore: non deve prevalere la supremazia e la lotta al potere, ma noi esseri umani dobbiamo far sì che qualcosa cambi per non ripetere gli errori del passato».

Italia, culla della cultura e del teatro

Il teatro è cultura, la cultura è linfa per ognuno di noi. Ci aiuta a conoscere, a comprendere. Quanto abbiamo perso in questi mesi? Ti manca il contatto con il pubblico?

«Quando è iniziata quest’emergenza noi eravamo in piena tournée teatrale in giro per l’Italia e abbiamo dovuto interrompere bruscamente; inevitabilmente mi manca il rapporto con il pubblico: è energia, arricchimento. Il teatro è cultura e l’Italia ne è la culla. Ma il teatro è anche arte e chi vive e lavora in questo settore ora è fermo e non può attendere più a lungo. Abbiamo visto che tra tutte le attività, quelle legate al nostro settore sono state le prime a fermarsi e ad oggi, non sappiamo ancora quando e come ripartiremo. L’indotto che ruota intorno al mondo dello spettacolo è molto ampio, costituito anche da persone che lavorano “dietro le quinte” che talvolta non godono di adeguate tutele. Dovremmo invece capire che la cultura e il suo patrimonio, di cui il teatro è parte integrante, sono fondamentali per la comunità e la nazione. Come tali, dovrebbero essere inclusi in un programma di ripartenza a breve termine, come è avvenuto in altri Paesi europei».

Il teatro è terapia

Il teatro è esibizione dal vivo; visto l’avvio della stagione estiva, pensi che portare rappresentazioni teatrali all’aperto possa essere una soluzione per una nuova ripartenza e avvicinare un nuovo pubblico?

«Penso che il pubblico resti lo stesso. L’importante è ripartire, ovunque: in teatri, anfiteatri, logge, piazze, castelli. Occorre dar vita al via. Che sia sotto forma di recitazione, prosa, canto, ballo… è il nostro modo di dare un senso concreto a ciò che facciamo. Mai come adesso c’è bisogno di donare. Perché il teatro è terapia di gruppo, un’energia che si scambia con il pubblico. Un bisogno reciproco tra l’attore e lo spettatore che genera arte, civiltà e bellezza».

La TV dopo la pandemia

Quale cultura, quali film, quale TV post pandemia?

«Non penso che due mesi di Covid-19 portino un cambiamento radicale nel settore cinematografico. Il cambiamento è insito nell’uomo, nel sociale. La TV da dieci anni ad oggi è molto cambiata, ma quello che detta legge è il mercato, la domanda e l’offerta. Il cinema è sempre stato più libero e probabilmente le produzioni cinematografiche proporranno serie e film con temi legati alla pandemia, ma per il resto non ci sarà un gran cambiamento. Siamo noi che ci evolviamo anno per anno e questo particolare momento in cui ci hanno imposto di stare a casa, ci ha dato modo di riflettere. Ma ora più che mai è necessaria una ripartenza. Saggia, prudente, responsabile. Perché noi siamo più intelligenti del virus!».

Ritornando alle tue origini, Sarnico la tua città natale, poi Milano, Roma e gli Usa. Un percorso in giro per il mondo per diventare un attore di fama internazionale. Dov’è nata la scintilla? Da chi hai imparato di più?

«Continuo ogni giorno ad imparare. La scintilla è nata con la prima opera teatrale che ho visto, La gatta cenerentola di De Simone, che mi ha folgorato. Questo mi ha spinto ad iscrivermi all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica dove ho avuto come maestri Andres Rallis e l’incredibile Orazio Costa. Ho lavorato accanto alla Cavani e sotto la regia di Strehler. Tra gli altri registi, Marco Tullio Giordana. Tutti incontri che mi hanno forgiato. La vita è l’arte dell’incontro e a seconda di chi incontri, prendi una direzione. Io ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, grandissimi professionisti che mi hanno insegnato a saper trasportare quello che impari sul palcoscenico».

Credere ancora nei sogni

Sento Lorenzo che ti reclama… ultima domanda, possiamo credere ancora ai sogni? 

«Non dobbiamo mai rinunciare ai nostri sogni! Viviamo in un mondo in cui ci è quasi negato sognare. Abbiamo questa spada di Damocle che fa sì che già da adolescente devi sapere qual è la tua parte in questa società: bisogna essere una professione. Miguel de Cervantes ci insegna però, che prima diventi uomo o donna e poi fai tutte le professioni che vuoi. C’è una bellissima frase cheDon Chisciotte rivolge a Sancho Panza: “C’è un coraggio di cui si parla poco, è il coraggio di restare fedeli ai propri sogni, specie ai sogni di giovinezza”. Guai a non aver la magia del sogno, guai a non avere sogni». 

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