Psicoterapia in quarantena con l’abbraccio che manca

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L’esperienza di Alessia Piantanida che ha vissuto l’esperienza di un percorso di psicoterapia in quarantena attraverso lo schermo.

Pensavo e dicevo «24 giorni, devo resistere 24 giorni». Questo era il periodo di quarantena che era stato stabilito inizialmente, fino al 3 aprile. 

Purtroppo però 24 giorni sono diventati molti di più e da lì molte cose sarebbero cambiate.

Ho quindi pensato che non ci potesse essere momento più adatto per scrivere queste parole che riguardano una parte importante della mia vita.

Circa due anni e mezzo fa ho iniziato un percorso di psicoterapia dopo aver passato un anno infernale in ospedale, tra sondino, terapie e medicine varie. Prima non ero ancora pronta per iniziarlo, mi diceva la dottoressa dell’ospedale, non avevo la testa, ero scollegata dal mondo. Poi fortunatamente, con il tempo ho cominciato a stare sempre meglio e da lì mi si è aperto un mondo davvero speciale.

La mia psicoterapeuta si chiama Elisa. Una donna giovane, bella, con i capelli lunghi e castani e un viso dolce. Questa è stata la mia prima impressione. E mi ero soffermata soltanto sul suo aspetto. Mi ricordo che i primi tempi le davo del lei e tante volte evitavo di salutarla (mostrando però un piccolo sorriso), perché mi vergognavo. Ero timida a quei tempi, non avevo ancora confidenza e quindi non sapevo come comportarmi. Per chi mi conosce ora, potrebbe sembrare una cosa impossibile. Tutti ora conoscono un’Alessia pazza, spiritosa, che non sta mai zitta, che adora il rosa, che ama fare le foto e che rompe le scatole a tutti per farne una insieme a lei. Beh, detto sinceramente, io preferisco quest’ Alessia a quella di prima

Diventare consapevole

In uno dei primi incontri, Elisa mi disse che ero assente; sembrava che non ascoltassi e non comprendessi quello che mi stava dicendo, o per lo meno capivo ma non interiorizzavo. Disse anche che avremmo potuto lavorare su questo aspetto per poter migliorare sempre di più e io mi fidai di lei.

Qualche mese dopo iniziai a darle del tu e da lì sono cambiate molte cose; avevo meno vergogna e riuscivo ad esprimere i miei pensieri, i miei sentimenti e i miei dubbi.

Le cose pian piano sono migliorate sempre più, Elisa mi diceva che non vedeva più l’Alessia assente di un tempo. Esatto, l’Alessia di prima non c’era più, si era trasformata, era cresciuta e diventata più consapevole. Un passo avanti notevole!

Un percorso lungo

Però vorrei soffermarmi di più sul rapporto che si è instaurato con lei negli ultimi mesi. Il lavoro fatto insieme è stato molto, molto duro e pesante, ma anche gratificante. Ho dovuto, infatti, confrontarmi con le mie più grandi paure. È stato un percorso fatto di risate, un mix di emozioni che non saprei descrivere e momenti magici in cui mi sono sentita speciale. Tutt’ora quando vado da lei mi sento compresa e sono felice di andarci!

Non nego che ci siano stati, e ci sono tutt’ora, momenti difficili con pianti e umore sotto la suola delle scarpe, ma insieme a lei sto ancora imparando a gestirli. «Ci vuole tempo per queste cose» mi dice Elisa, non cambiano dall’oggi al domani.

Sapete il giorno in cui mi sono sentita davvero bene? Stavo per uscire dallo studio e lei mi ha abbracciata stretta forte a sé e mi ha detto: «La mia SCRICCIOLA», nomignolo che adoro, tenero e sincero. Io mi sono commossa tanto che ogni volta che ripenso a quel momento mi viene quasi da piangere. Può sembrare strano e magari anche banale, ma anche una piccola parola può farmi sentire bene in qualsiasi momento, se detta con sincerità e affetto da una persona della quale mi posso fidare e a cui voglio bene.

Psicoterapia in quarantena

A causa di questa quarantena le sedute in studio si sono trasformate in videochiamate. Appena me lo comunicò non volevo crederci e piansi tanto, non lo nego. Insomma, non ci sarebbero stati più gli abbracci di conforto, il bacino prima di andare via per augurarci una buona settimana, gli odori, i profumi e anche l’ambiente non sarebbe stato lo stesso. Io a casa mia e lei lontana da me.

La paura di tornare indietro era al massimo, ma come al solito ho deciso di fidarmi di lei, seguire i suoi consigli e attendere con ansia il momento di poterla rivedere.

Molti sostengono che le videochiamate siano una grande risorsa. Sì, certo, ma provate voi a fare una seduta di psicoterapia dietro a uno schermo e poi ne riparliamo… Non è per niente facile! Tante volte soprattutto inizialmente mi sono trovata a fare molta fatica a dire quello che avrei voluto, e così magari mi ritrovavo ad aspettare con ansia la seduta successiva per poterne parlare. Non ne so nemmeno io il perché. Sicuramente ho imparato che non era il coraggio che mi mancava, ma la presenza fisica di Elisa. Mi dicevo: «Se scoppio a piangere, chi mi dà l’abbraccio, visto che sono qui da sola in camera mia davanti a uno schermo?». Poi ho dovuto farci l’abitudine e devo dire che sono stata abbastanza brava ad autogestirmi. Ammetto che non è stato facile e ho sofferto molto a non vederla per così tanto tempo, tanto che ogni volta le chiedevo: «Secondo te quando finirà la quarantena? Quando potrò finalmente tornare da te?».

L’abbraccio che manca

Finalmente a distanza di due mesi e due giorni è arrivato il momento in cui ho potuto rivederla. Mi sono svegliata presto e mi sono vestita bene. Certo non potevo mica presentarmi in tuta come mi ha vista su Facetime per tutta la quarantena!

Sono arrivata nello studio e mi sono sentita a «casa». Di nuovo i profumi, gli odori, tranne una cosa che purtroppo non c’è stata, e forse era la più importante per me: l’abbraccio. Sì, perché con le misure di sicurezza naturalmente dovevamo stare distanti. Mi sono sentita un po’ spaesata perché era proprio di routine e dopo tutto questo tempo ne avevo bisogno, ma spero che presto torni tutto come prima.

Le ho anche fatto una sorpresa, ricambiata con un bacino a distanza con la mano: un bigliettino con tutte le nostre riflessioni, realizzato con la tecnica dello Scrapbooking e con disegni che rappresentano il mio percorso fatto in seduta con lei.

Inizialmente non pensavo che il legame con uno psicoterapeuta fosse così. Me lo immaginavo diverso, forse perché ero abituata al rapporto con i medici che solitamente era più distaccato. Ciò che si è creato con Elisa è davvero speciale, unico direi e non finirò mai di ringraziarla per TUTTO. Sicuramente le ho trasmesso molto, anzi tutto di me, tanto che mi conosce quasi alla perfezione e ho anche potuto scoprire tanto di lei. Sì, perché è un rapporto di reciprocità; ci raccontiamo anche fatti di vita quotidiana, di luoghi e locali da visitare, dell’ultima moda o dell’ultima collezione di vestiti di Chiara Ferragni. Insomma, un po’ come una migliore amica, ma con un legame davvero particolare.

Tra le tante frasi che mi ritrovo a leggere ogni giorno su Instagram e Pinterest me n’è apparsa una che rappresenta proprio quello che Elisa ha fatto e sta facendo per me: «Quando decidi di stare accanto a una persona, ti assumi la responsabilità di renderla felice».

Ecco, cara Elisa, adesso mi rivolgo direttamente a te.

Grazie per starmi sempre vicina, sopportarmi e supportarmi.

Grazie per aiutarmi e per avermi insegnato qual è la vita vera che con l’inizio della malattia avevo dimenticato.

Grazie per essere pura e genuina.

Grazie per essere così dolce con me.

Grazie per i tuoi mille abbracci.

Grazie per essere la psicoterapeuta speciale che ho avuto la fortuna di incontrare.

P.S. Non sei una semplice psicoterapeuta, sei una persona umana che mette il cuore in ciò che fa, nel mestiere che svolge con amore e con passione. Tu sei in grado di farmi stare bene non solo nella testa, ma anche nell’anima.

La scienza cura, ma è l’amore che può darti una persona, che ti guarisce.

Ti voglio bene

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