Intervista a Fernando Savater «La Verità delle parole»

Autori:

Di Fiamma Colette Invernizzi

Mentre avvio la telefonata non posso fare a meno di pensarci. Cinque anni fa scrivevo le mie prime venti righe per il Bullone, per le sue sedici pagine di scoperta, per le nostre infinite immagini di speranza. Uno squillo. Ai tempi era Filippo Grandi, Commissario dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, oggi è Fernando Savater, filosofo, saggista e romanziere spagnolo. Due squilli. Mi sorprende sempre, pensare quanto siamo cresciuti, con Armani, la Allende e in questo numero anche la Abramović. Tre squilli. Inevitabile, mi sale il brivido lungo la schiena per la paura di una non-risposta o, peggio ancora, un no alla proposta di intervista. Quattro squilli. Hola?, mi saluta, la stessa voce calda che ho ascoltato con piacere nelle conferenze. Non so se parlare inglese o spagnolo, italiano o un misto delle tre. Rido, sorride anche lui, l’altro capo del telefono. È entusiasta ma sì, l’intervista facciamola tramite scambio epistolare, che altrimenti rischiamo di rimanere incastrati tra il mio parlare italiano e capire (poco) lo spagnolo e il suo capire l’italiano e parlare (egregiamente) spagnolo.  

Gonzalo Merat - Flickr: Fernando Savater
Gonzalo Merat – Flickr: Fernando Savater
Portrait of Spanish philosopher Fernando Savater for the magazine Jot Down.

Savater, Cos’é La Verità

Libertà, verità e finzione i temi che mi ronzano in testa. «La filosofia è un modo per cercare la verità (o la propria verità)?», chiedo ad alta voce a questo Estimado Fernando, destinatario delle mie lettere virtuali. Lo immagino immerso in poltrona, allo stesso modo in cui abitano la mia mente i grandi filosofi e scrittori, in una luce calda, accogliente, fatta di pagine di libri e profumi di narrazioni antiche. «Estimada amiga», risponde lui, «uno dei compiti che definiamo “filosofico” è proprio scoprire qual è la verità in ciascuno dei campi della conoscenza in cui viene applicato quel termine. La verità non è la stessa nella scienza sperimentale come nella matematica, nella storia come nella letteratura, nella politica come nell’etica. La verità non è la stessa quando raccontiamo una storia come quando raccontiamo un viaggio che abbiamo appena fatto. Quando Cristo dice “Io sono la via, la verità e la vita”, parla come un profeta, che è l’opposto di un filosofo. Il filosofo è Ponzio Pilato quando chiede: Che cos’è la verità?». Mi fermo, immobile mentre leggo e rileggo, assaporando la bellezza della vera filosofia, capace di portare sempre un punto di vista differente, più profondo e spesso irriverente. Nella mia mente Savater sorride con lo sguardo, attraverso la montatura colorata degli occhiali.

Incalzo, perché sorge tra i pensieri spontaneo il binomio verità-finzione. «Anche Platone stesso aveva parlato nella Repubblica di nobili menzogne, come per ricordare che anche mentire e fingere, a volte, aiuta. Ci è, però, sempre stato insegnato che mentire è sbagliato. Lo è davvero? E se, al contrario, smettessimo tutti di fingere? Sarebbe il caos?», domando. Dell’Estimado Fernando la cosa che mi piace di più, lo ammetto, è il suo uso delle citazioni. Come se, per un attimo, dalla poltrona immaginaria in cui l’ho fatto sprofondare comodo, si alzasse alla ricerca di un libro preciso e di una pagina precisa in una biblioteca infinita, e volgesse lo sguardo verso di me e mi leggesse un paio di righe, prima di un autore, poi di un altro e poi di un altro ancora, per attingere a una storia e a una memoria a lui ben nota e a me ancora del tutto sconosciuta. «Secondo Nietzsche, le nostre verità sono bugie inconfutabili», mi racconta. «Nel piccolo dialogo di Paul Valéry Mon Faust queste parole si intersecano: “- Vuoi che ti dica la verità? – Faresti meglio a dirmi la bugia che ritieni più degna di essere vera”. Estimada amiga, se smettessimo tutti provocatoriamente e all’unanimità di fingere, la convivenza civile sarebbe impossibile o quanto meno più conflittuale di adesso. T.S. Eliot ha detto che gli esseri umani sopportano solo una piccola quantità di realtà e penso che avesse ragione».

Ci Sono Bugie Che Non Possono Essere Mascherate

Eccomi immersa di nuovo in pensieri veloci e voraci, alla ricerca di bugie più degne di essere verità e brandelli di realtà sopportabile. La sua capacità di mescolare scrittori e saggisti del passato mi arriva come un giusto ringraziamento nei confronti di chi, prima di noi, si è fermato a indagare, svelare, criticare, scrivere e raccontare, glorificando il pensiero umano. Torno sulle bugie degne di essere verità e brandelli di realtà (in)sopportabile, e mi sento risucchiare da immagini strazianti e titoli urlanti, di animali disperatamente magri, pandemie esplose e foreste arse fino alle radici. Ci sono bugie che non possono essere mascherate, realtà che devono essere sostenute, raccontate, espresse. L’essere umano non può più arrogarsi il diritto – o il lusso – di raccontare mezze verità a un mondo che vede bruciare. «Estimado Fernando, è però arrivato il momento di raccontare le cose come stanno, relativamente al clima, alle minoranze, alle migrazioni. Certe evidenze non possono più essere mascherate. Ma chi può dare voce a queste verità?», scrivo rapida sulla tastiera. L’attesa di risposta mi permette di fantasticare e sognare una risposta assoluta, un nome da trovare, un rilevatore di verità, un saggio anziano, nonno del mondo. «Estimada Fiamma, penso che su eventi naturali e fenomeni sociali sia utile cercare di dire la verità, anche se spesso è spiacevole», prosegue Fernando, «ma su cosa siamo e cosa vogliamo nessuno osa dire tutta la verità, probabilmente perché nessuno lo sa». Eccola la filosofia, nella sua purezza.

Savater si alza, come per sgranchirsi le gambe, io ancora fissa a guardarlo, nel nostro salotto fantastico. «E se fossero i politici, a smettere di fingere?», lo provoco. Silenzio. Si toglie gli occhiali, tira fuori un fazzoletto dalla tasca e pulisce una lente per volta. Silenzio. Rimette in tasca il fazzoletto e inforca gli occhiali, come se dovesse condividere una spiacevole riflessione. «Estimada amiga», sussurra con una lentezza degna dell’ultima battuta di una pièce teatrale, «in un sistema democratico, siamo tutti politici. Ma la cosa peggiore dei politici che governano, è quanto assomigliano a coloro che li hanno eletti». Che stilettata, con una sola frase. La cosa peggiore dei politici che governano è quanto assomigliano a coloro che li hanno eletti. Devo fermarmi a riflettere, nuovamente, per conferire il giusto peso alle parole che Fernando lascia sospese nell’aria. Galleggiano là, riesco quasi a vederle. Monolitiche, affiancate a immagini di popolazioni e politici, politicanti e orde di folle. «La cosa peggiore dei politici che governano è quanto assomigliano a coloro che li hanno eletti», sussurro tra me e me.

Foto: https://www.archyde.com/fernando-savater-in-a-country-that-values-%E2%80%8B%E2%80%8Bgdp-and-not-culture-the-domestic-product-will-be-increasingly-gross/
Foto: https://www.archyde.com/fernando-savater-in-a-country-that-values-%E2%80%8B%E2%80%8Bgdp-and-not-culture-the-domestic-product-will-be-increasingly-gross/

La Speranza E Le Parole

Lui ricomincia a parlare, quasi a consolarmi. «Fu Paul Valéry a dire: “La nostra vita sarebbe impossibile senza un aiuto costante da ciò che non esiste”. Siamo animali simbolici, Estimada Fiamma, e usiamo lo strumento della ragione, ma lasciamo che l’immaginazione inventi gli obiettivi della nostra vita. Ciò ci è fondamentale. Esistessero dei maestri della non-finzione, o se ci fossero persone che non si godono questo strumento dell’immaginazione, forse non vorrei nemmeno conoscerle». Inizio a mettere insieme tutti i pezzi: favole, sogni e racconti di realtà. «Caro Fernando», proseguo nello scambio epistolare, «devo confessarti una cosa. Noi cronisti del Bullone, sentiamo il bisogno di raccontare verità “scomode”, perché siamo nella posizione di poterlo fare, perché non possiamo farne a meno. Ma in questi cinque anni ogni tanto ci è venuto il dubbio che scrivere non sia più uno strumento così efficace, con le parole che si perdono nell’oceano del web. È così?». Gli si illuminano gli occhi di consapevolezza, mentre guarda le montagne di libri che lo circondano. «Non posso nasconderti che quello che ormai è sempre meno efficace sono le parole stampate su carta, perché oggi si leggono di più sullo schermo, online», afferma annuendo. «Ma questo non cambia la linea di fondo. Le parole e le storie sono sempre strumenti efficaci, perché siamo fatti in gran parte di parole.

Se ci pensi bene, Aristotele o Seneca non avrebbero mai potuto leggere un libro o un giornale come il nostro, ma anche loro erano anche guidati dalle parole». Questa volta la citazione viene in mente a me, una frase di Emily Dickinson usata in apertura a un’intervista all’Estimado filosofo che ho davanti: non conosco nulla al mondo che abbia potere quanto la parola, tanto che a volte ne scrivo una e la guardo fino a quando comincia a splendere. Sospiro e penso alle parole splendenti, alle parole che guidano. Lo osservo e mi faccio coraggio, per porgli un ultimo quesito. «E l’Europa? Dove va? E l’Italia? Con questa pandemia, con queste politiche e queste situazioni climatiche, con questa incertezza per il futuro. Dove stiamo andando?». Ha lo sguardo buono, Fernando Savater, come di chi, per anni, si è cibato di conoscenza. «Estimada amiga, quando insegnavo in università, spesso gli studenti mi ponevano questa tua stessa domanda. “Dove va l’Europa? E Dove andiamo noi, cittadini?”. Ecco. Io non credo esista nulla di inevitabile, tranne le cose contro cui non possiamo lottare. Quindi la domanda corretta da porsi non è “Cosa accadrà in Europa?”, ma “Come possiamo evitare che accada ciò che non vogliamo che accada?”. Pur essendo pessimisti, noi, possiamo avere un pessimismo attivo, che non ci faccia rinunciare a combattere le battaglie in cui crediamo. Il motivo di speranza è che nulla è scritto nel cielo. Gli uomini liberi non chiedono mai “Cosa succederà?” ma “Cosa faremo?“, ricordalo. L’importante è sapere dove vogliamo che vadano e cercare di spingerli lì». Sorrido, perché sono convinta che in queste poche parole sia condensato il succo di interi mondi, culture, speranze, in un misto di emozione (mia) e saggezza (sua). Estimado amigo, Grazie.

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