Il Vaccino Verde nell’agenda dell’economista Jeremy Rifkin

Autori:
(Valentina Lovato/Il Post)
(Valentina Lovato/Il Post)

di Roberto Pesenti                       

Appunti dall’agenda 2021 di Jeremy Rifkin.

– «Dire a Presidenti e Capi di Stato: per raggiungere la sostenibilità ambientale ormai è solo un problema di volontà politica, avete capito che è cambiato tutto? C’è già il vaccino per il Covid 19 ma dovete produrre anche il vaccino verde e rilanciare l’economia. Sottolineare che gli interventi vanno fatti ora, non tra vent’anni perché gli eventi estremi – incendi, alluvioni, maremoti, siccità, carestie – arrivano con cadenza pluriannuale anziché ogni cinquant’anni come un tempo. E comportano sempre una fuga e una migrazione scomposta di uomini, animali e virus».

– «Insistere con l’Onu che lavora all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: ci vuole una forma sistemica di governance mondiale, informata dalla scienza, in grado di affrontare le cause profonde dei problemi, e basata su un processo decisionale deliberativo che porti alla condivisione della sovranità con i cittadini. Il futuro è nella strada maestra del Glocal e delle Bioregioni, grazie a piani di intese e riforme capaci di integrare gli obiettivi locali per la tutela dell’ambiente e la ripresa economica».

Rifkin, dal suo ufficio sulla East West Highway, a Bethesda, quartiere di Washington, dove è Presidente della Foundation on Economic Trends (FOET), segue in questi giorni con speranza la nuova fase della politica americana dopo il passaggio di mano tra Donald Trump e Joe Biden ed ha accolto con soddisfazione  le prime mosse della amministrazione Biden sul fronte della transizione ecologica: pare che Biden convocherà un summit con altri leader, sul tema della salvezza del Pianeta, già nei primi 100 giorni di mandato.

Green New Deal

Jeremy Rifkin ha 77 anni, è un guru statunitense dell’economia applicata all’ecologia, autore di Un Green New Deal Globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la Terra e di altri, venti, best-seller mondiali pubblicati negli ultimi 40 anni, dove ha dipinto grandi scenari futuristici, il disaccoppiamento tra sviluppo economico fondato e l’incremento del consumo delle risorse inquinanti. Un principio che implica la trasformazione dei fondamenti del nostro attuale sistema socioeconomico.

Per Rifkin la catastrofe del Covid, le sue origini e le sue ricadute, disoccupazione, povertà, stagnazione, sono state la conferma delle  sue  tesi, basate sulla convinzione che l’industria dei combustibili fossili è destinata a collassare su sé stessa entro i prossimi dieci anni. E che questo cambio epocale di scenario, grazie al trionfo della tecnologia digitale, porterà con sé l’avvento di un nuovo modello sociale ed economico, innescato e facilitato dagli Stati, ma basato soprattutto sulla cooperazione orizzontale e sulle comunità locali.

L’analisi che fa Rifkin, in sintesi, è molto netta: con Trump sul fronte ambientale l’America aveva toccato il fondo, bloccando il mondo intero. Il nuovo capo del potere esecutivo americano, dal primo giorno del suo arrivo alla Casa Bianca, ha invece confermato il rientro americano al tavolo dell’accordo di Parigi per ridurre le emissioni di gas che alterano il clima. Biden ha deciso di ripristinare tutte le norme di protezione dell’ambiente istituite da Barack Obama e cancellate da Donald Trump, annullando circa cento provvedimenti trumpisti che imponevano regole all’utilizzo e all’estrazione di carburanti fossili, specie il carbone, e fissavano limiti stringenti alle emissioni in molti settori. Non basta, il neo Presidente vuole infatti portare avanti la sua crociata sul clima in tutte le sedi possibili, dal G7 al G20, dove si riuniscono gli uomini e le donne più potenti della Terra.

Jeremy Rifkin, autore di “Un Green New Deal Globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la Terra” e di altri venti best-seller mondiali pubblicati negli ultimi 40 anni, dove ha dipinto grandi scenari futuristici, il disaccoppiamento tra sviluppo economico fondato e incremento del consumo delle risorse inquinanti.

Nuova competitività ecologica

Domanda: che possibilità reale ha di sfondare la sua proposta il «Patto verde» ed innescare quella che lei chiama la terza rivoluzione industriale che ci permetterebbe, di vedere la fine del capitalismo come lo conosciamo e l’avvio di una nuova competitività ecologica nel sistema produttivo?

«La Terza rivoluzione industriale è già iniziata da tempo in Cina, con un piano lanciato dal presidente Xi, di cui sono stato consulente, e in Europa, dove lo avevamo chiamato Smart Europe, che ho contribuito ad elaborare con la Commissione europea quando ancora c’era il Presidente Prodi. Ora in Europa c’è il Recovery plan che incorpora questi pilastri dell’economia verde e del digitale. Inoltre il ritorno della più grande economia al mondo, gli Stati Uniti, sul fronte delle energie verdi, può accelerare l’offensiva contro il riscaldamento globale, soprattutto nel settore dell’energia pulita».

E nelle mappe mondiali raccolte dagli esperti della Foundation on Economic Trends ci sono già tra l’altro le bozze dei piani, i progetti di Germania, Spagna, Francia, Italia, Grecia per l’economia verde e la transizione digitale, le due priorità richieste dall’Europa ai Paesi membri, per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund con due priorità: presentazione entro aprile 2021 e distribuzione di almeno il 37% dei fondi ottenuti alla transizione verde e il 20% al digitale. (Il Recovery Fund mette sul tavolo europeo 750 miliardi. All’Italia spettano oltre 200 miliardi di euro).

Il vecchio sistema energetico

Ancora dalle note di Jeremy Rifkin.

– «Nonostante la svolta americana c’è ancora qualcuno che punta sul vecchio sistema energetico: non funziona più quel modello. La pandemia potrà solo accelerare la fase finale della civiltà dei combustibili fossili. Negli anni 70 un watt di energia solare costava 78 dollari, oggi ne costa 35-40 centesimi. In Europa grandi società di servizi di energia stanno acquistando energia elettrica a 4 o perfino 2 centesimi per Kw/ora. Al contrario tutti gli investimenti che si continuano a fare sui combustibili fossili sono oggi degli asset non recuperabili».

– «Prendere confidenza con il termine Glocal: il “Green New Deal” sarà un fenomeno decentralizzato a partire dalle Bioregioni, aree anche sovranazionali con particolare omogeneità e vocazione industriale, agricola, culturale. Non saranno gli Stati e i governi a creare giganteschi conglomerati pubblici incaricati di gestire la costruzione di infrastrutture miliardarie. Saranno invece cooperative di cittadini, amministrazioni locali e piccole comunità a farsi carico di questo compito, sfruttando – un pezzetto per volta – l’enorme massa di capitali liberati dai disinvestimenti nell’industria fossile. La soluzione sono le cooperative, l’azione diffusa dal basso».

Alle spalle abbiamo il 2020 del lockdown. Le foto satellitari dell’anno scorso ci hanno mostrato la drastica riduzione dello smog nelle aree più industrializzate del pianeta; nelle città si è respirata un’insolita aria pulita; l’acqua di mari e fiumi è molto più limpida; i pesci sono tornati a nuotare nei trafficatissimi canali di Venezia. In India, uno dei Paesi più inquinati al mondo, per la prima volta dopo trent’anni, le vette dell’Himalaya sono state visibili da 200 chilometri di distanza.

Davanti abbiamo l’anno 2021. L’anno in cui il Governo britannico e quello italiano, hanno concordato le date per la prossima Cop26, la conferenza mondiale sui cambiamenti climatici antropici globali, prevista a Glasgow nel Regno Unito, dal primo al 12 novembre. L’Italia avrà anche la responsabilità dell’incontro globale dei Giovani per il Clima, Youth4Climate, a Milano, organizzato dal 28 al 30 settembre 2021, con ragazzi tra i 18 e i 29 anni che parteciperanno con un ruolo istituzionale ai negoziati.

Una nuova rivoluzione industriale

Domanda: trattare la ripresa dalla crisi ambientale e sanitaria come due facce della stessa medaglia, non è un esercizio troppo complicato per diversi livelli di sistema: locale, nazionale, comunitario? Questa rivoluzione industriale in corso non lascia indietro i più deboli dai contraccolpi sul loro reddito, sul loro lavoro?

La replica di Rifkin è sempre la stessa, incrollabile. «Siamo alla genesi di una nuova rivoluzione industriale, con una rete elettrica verde, con una mobilità elettrica alimentata dall’energia verde, sostenuta dai progressi del digitale. Prendendo in considerazione solo gli ultimi mesi, Cina, Giappone e Corea hanno annunciato i loro nuovi ambiziosi obiettivi di azzeramento delle emissioni di carbonio. È tutto possibile, non ci sono limiti, è una nuova industria più orizzontale su cui stanno puntando gli occhi anche molti, anche investitori privati. Serve solo la volontà politica. E la volontà politica può venire anche dalle nuove generazioni, che capiscono le sfide dei cambiamenti e si mobilitano».

Facciamo notare: Greta Thunberg, indignata continua a utilizzare i forum in cui viene invitata, l’Onu, il Vaticano, gli incontri con il Dalai Lama, per pungolare l’attuale classe dirigente mondiale, denunciando le promesse tradite, i progetti falliti, le lentezze nell’affrontare i nuovi scenari climatici che penalizzano le nuove generazioni che vogliono evitare lo strapiombo di una crisi senza fine. Rifkin, nato come attivista anti compagnie petrolifere, un tempo violento critico dell’establishment pubblico e privato, un profeta con negli occhi un futuro che ha sicuramente delineato con grande anticipo, ha da tempo cambiato linguaggio: ora consiglia e approva anche gli impegni presi ai massimi livelli dagli Stati.

Conclusione: per il «vaccino verde» occorre ricominciare subito, battendo fatalismo e rassegnazione, rispettando la sofferenza e l’intelligenza delle persone, perché le nostre vite stanno cambiando rapidamente e hanno bisogno di sicurezze.

Requisito fondamentale per saper spendere bene, con coerenza ed efficacia, i soldi di questi piani che ci porteranno fino al 2026: la condivisione e la mobilitazione informata dei cittadini, a livello locale, delle associazioni della società civile e solidale e l’alleanza con gli interessi del business imprenditoriale.

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