Commento al discorso d’insediamento di Barack Obama

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Qui il discorso d’insediamento dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama

cornice di Max Ramezzana
cornice di Max Ramezzana

Impossibile no. Impegnativo sì

Di Laura Bazzarello

«Non sarà impossibile, sarà soltanto impegnativo».

È così che sintetizzerei in una sola frase il discorso di insediamento alla Casa Bianca del 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Hussein Obama, che, con parole di fedeltà nei confronti degli ideali passati ma anche di speranza per un futuro prospero, si fa carico del peso della rinascita della sua Nazione messa a dura prova dalla scia di violenza e odio che la guerra e la crisi hanno portato con sé.

«Nel mezzo di nubi tempestose di uragani violenti l’America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma anche grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali. Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani».

«L’America», dice Obama, «è sempre andata avanti», anche nei momenti difficili, anche nei momenti più incerti della storia, e questo non solo grazie a coloro che conducevano la Nazione, ma anche agli individui singoli che non hanno mai smesso di credere nei valori, nell’identità e nel patriottismo.

E così, facendo leva sull’ideologia del sogno americano, sulla dicotomia conservazionismo/progressismo e sul senso di responsabilità civile, Obama, con un efficace e strategico piano di comunicazione, esorta il popolo a non rinunciare alle sue ambizioni e alle sue aspirazioni di grandezza e libertà.

«Cambiamento», è questo ciò che serve realmente alla Nazione.

Un cambiamento che gli americani dovranno accettare e intraprendere e che, il 44° Presidente dovrà attuare ricalcando le orme dei padri fondatori, per riaffermare la grandezza americana e per riuscire a dare un senso di continuità storica e ideale tra passato, presente e futuro.

In un momento così difficile per il Paese, Obama capisce che è necessario riconsegnare al popolo il suo antico orgoglio e questo viene reso possibile non solo attraverso i valori da lui predicati e appartenenti al senso comune, ma anche grazie alla credibilità che egli stesso trasmette.

«I valori da cui dipende il nostro successo – lavoro duro, onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo – tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità».

Obama riesce a incarnare perfettamente le sue parole. Ciò che egli dice è il riflesso di ciò che egli è.

Il discorso del primo presidente di colore diventa così veicolo di costruzione identitaria, oggetto di valore, di conquiste, di libertà, di tolleranza, di apertura. Parole che riescono a entrare nello spirito degli americani che, mai come in quel preciso momento storico, hanno avuto bisogno di rispecchiarsi nel loro leader per ritrovare l’unità e la solidità della propria Nazione.

Con questo eloquio e con il suo famosissimo slogan «Yes We Can» che fa leva su tutti i valori in cui gli americani si sono sempre riconosciuti e di cui vanno fieri, Obama è riuscito ad accogliere quel largo consenso che rispecchierà, per gli anni a venire, il volto del cambiamento americano.

Ricostruire l’America

Di Debora Marchisello

È il 20 gennaio 2009, di fronte all’ala ovest del Campidoglio di Washington Barack Obama fa il proprio giuramento e diventa il 44° Presidente degli Stati Uniti, con Biden come vice. Davanti a decine di migliaia di persone nel parco di Grant Park, inizia il suo discorso e annuncia la propria volontà di portare l’America verso il cambiamento. Inizia a parlare della crisi economica dell’America, facendo riferimento anche alla guerra. «Questa situazione ha portato alla perdita della casa, alla perdita del lavoro». Inizia a parlare dei sacrifici delle scorse generazioni, le quali «hanno messo in valigia poche cose e sono partite attraversando l’oceano, verso una nuova prospettiva di vita, iniziando a lavorare duramente nelle fabbriche e nei terreni, per dare un futuro migliore alle generazioni successive, fin quando finalmente hanno colonizzato il west».

Da qui la volontà di trasmettere al popolo la voglia e la determinazione di ricominciare a costruire l’America, partendo dall’economia, per poi indirizzarsi alle infrastrutture. Proprio come fu sconfitto il fascismo e il comunismo non solo con i  carri armati, ma con alleanze e convinzioni, anche al giorno d’oggi si può costruire facendo un uso corretto del potere, mettendo quindi davanti «umiltà e moderazione».

E poi parla anche del loro retaggio multiforme, il quale rende l’America «una forza, non una debolezza». Obama quindi inizia subito a trasmettere il suo pensiero riguardo alle diverse popolazioni presenti sul territorio americano, che devono essere considerate tutte uguali, indipendentemente da razza, religione, lingua, colore. Ricorda la guerra civile e la segregazione razziale, ed esorta a non odiare, ma ad accettare e includere. «Per quanto il governo debba e possa fare, sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si poggia».

Il discorso si sposta anche sul riscaldamento globale, argomento molto attuale, che provoca siccità, tempeste e incendi, e su tutti gli americani al servizio del Paese, che pattugliano deserti e montagne, che proteggono la popolazione. Obama ricorda che, seppure le sfide e gli strumenti con cui le si affrontano possano essere nuovi, i valori sono antichi e quindi conosciuti.

Come ultima esortazione, il nuovo Presidente alla fine del suo discorso esorta ad affrontare «le correnti gelide» e a «sopportare le tempeste che verranno».

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