Lorenza, perché sostieni che l’arteterapia può guarire?
«È un onore per me comunicare ai vostri ragazzi il potere curativo della creatività. Guardando a ritroso vedo quanto sia stato salvifico dare forma a ciò che non sapevo comunicare a parole, mi ha permesso di esprimere, e soprattutto trasformare, qualsiasi vissuto. Ci tengo a testimoniare che il vero humus della mia inventiva abita nella discomfort zone, parafrasando la più sponsorizzata comfort zone: è la sorta di spaesamento che prima o poi arriva in molte vite. Dare forma a riflessioni profonde è donare al mondo valore autentico, perché ogni briciola della nostra esistenza si fonde con qualcosa di più grande. La condivisione è terapeutica per la società, da sempre. Ciò che nasce dall’elaborazione di una difficoltà può essere una risorsa per chi ne coglie il messaggio. Credo che le arti offrano possibilità di guarigione sia all’artista che allo spettatore».
Quando hai iniziato il tuo percorso?
«Ho una formazione artistica, sono diventata insegnante d’arte di ruolo, giovane. Oltre a insegnare ho lavorato nel sociale con diverse utenze, toccando con mano quanto la creatività ben proposta possa accompagnare in modo attivo diversi tipi di disagio, arrivando a trasformarlo. Per due anni ho supportato come volontaria la ricerca della creatività interiore nel reparto penale femminile del carcere di San Vittore. Successivamente, su progetto dell’Università Cattolica, ho gestito un atelier di accoglienza per minori non accompagnati. Inizialmente ero capace di far fiorire gli altri, ma non avevo ancora intrapreso un percorso personale. Me lo sono permessa molto tardi! La chiamata è arrivata, quasi per caso, inizialmente più come bisogno esistenziale e spirituale che come professione».
Quando è avvenuta la svolta creativa?
«Aver toccato casualmente l’argilla è stata la folgorazione che ha dato una svolta. Non basta aver fatto studi accademici, essere professionalmente e socialmente impegnati… serve davvero una folgorazione! Il contatto con quel fango antico, la prima materia trasformata dall’uomo, ha risvegliato qualcosa che non si era mai messo in moto. Ero già insegnante e mi sono ritrovata nuovamente principiante. Sola con due figlie piccole e un quotidiano impegnativo, dare ascolto a quella chiamata era una necessità irrinunciabile, ma complessa. All’inizio ho solo frequentato corsi sporadici per imparare l’uso della materia, fino a quando ho incontrato un vero maestro di vita: Frère Daniel de Montmollin, monaco ceramista e poeta, tra i fondatori della comunità di Taizé in Francia. Negli anni ha donato a un gruppo di ceramiste appassionate come me, una formazione per aiutare le persone a trovarsi e centrarsi, anche metaforicamente, grazie al mestiere antico del vasaio. Da quell’esperienza sono nati anche dei libri. Le regole fisiche della lavorazione delle argille, raccolte anche per terra, grazie alle parole di Frère Daniel sono diventate per me quasi regole etiche. Mantengo ancora l’atteggiamento del principiante motivato e sperimento, cercando in ogni gesto di arrivare all’essenziale».
Come nasce l’ispirazione?
«Mi arriva all’improvviso, ovunque, spesso in momenti di pausa. È un lampo che si poggia su una pratica costante di assiduo lavoro, direi 24 ore su 24. La pausa ne fa parte».
Qual è la tua ricerca?
«Da non molto ho capito che il filo conduttore del mio lavoro è la ricerca di senso del nostro esistere, che dalle origini ha accompagnato l’umanità intera. Unire la piccolezza della nostra individualità all’infinito cosmico, mi ha portata a focalizzarmi su forme archetipiche che ho chiamato neoarchetipi. “Ombelichi e Cosmi” è il titolo di un’installazione del 2019 che ben sintetizza la mia ricerca. L’incontro con la meditazione ha consolidato la via sulla quale inconsapevolmente ero già, portando linfa nuova alla ricerca».
Quali sono le tue tematiche?
«Uno sguardo ai titoli dei miei lavori credo sia esplicativo: Donne della terra, Donne dello spirito, Uomini della terra, Popolo della terra, Energie della terra, Annaspatori, Cercatori, Fiori di roccia, Anime della terra, Anime in viaggio, SNESC (Sagome Nascenti E Stelle Cadenti), Opposti compatibili, Toccare l’origine, Vuoto al centro, Punti essenziali, Transformazioni. Attualmente ho introdotto l’uso di marmo, bronzo, tessuto e carta. I lavori recenti sono Infiniti infiniti, Omphalos, Cosmos’ Flags, NON. Questi ultimi acquarelli 50×50, possono essere neoarchetipi, o tunnel ipnotici che portano comunque alla luce, od oblò che dall’oscurità lasciano intravedere il cielo, o iridi, o bolle di aria, o luoghi di pace o di tragedia, o quadri, o…».