La cultura della musica come strumento dell’arte

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Di Ada Andrea Baldovin

«Dove le parole non arrivano… la musica parla». E se lo diceva Beethoven, che col tempo divenne sordo, forse è proprio vero. Mi lascio ispirare da questa citazione per iniziare a scrivere questo pezzo. L’arte serve all’uomo per superare i limiti dettati dalle parole, per andare oltre a quel che si puĂ² descrivere con il solo ausilio del dizionario. L’arte è uno strumento, e la musica è arte.

Cinque righe e sette note. Ăˆ tutto quello che serve per creare della musica. Come ha fatto Tchaikovsky con questi due semplici strumenti a creare qualcosa di così grandioso e magnifico come il Concerto No.1 in Si bemolle minore?

Dove le parole non arrivano, la musica parla. Ăˆ una frase perfetta e descrive tutto quello che è la musica. L’esperienza è alla base della cultura. Conoscere e avere quel poco di sensibilitĂ  in piĂ¹ per andare oltre alle parole di un libro, che ti scivolano in testa senza venir afferrate.

La musica è esperienza, tocca tutti i sensi. Ascolti Tchaikovsky e senti sprigionata l’eleganza e la grande magnificenza di quella Russia tardo-romantica imperiale, fatta di sfarzo, feste e balli. Poi gli anni passano e al posto di Tchaikovsky compare Prokofiev, che con rabbia denuncia il sistema zarista e la violenza della rivoluzione che sta insanguinando gli stessi marmi che fino a cinquant’anni prima vedevano le punte delle ballerine danzanti sul Lago dei Cigni.

La musica è storia. La musica è cultura! Conoscere la musica significa capire perché veniva suonata.

Quando negli anni 60 i Doors cantavano Love Two Times, o i Turtles interpretavano Eve Of Distruction, raccontavano con due toni molto diversi, gli orrori e i traumi dei giovani che partivano per il Vietnam. E lo stesso si puĂ² dire trent’anni dopo con i Cramberries e il loro grande successo Zombie, che urlava disperato al mondo quello che l’IRA stava distruggendo in Irlanda del Nord negli anni 90. O la rabbia e la perdizione che provano le generazioni che non hanno piĂ¹ un posto in un mondo che cambia regole troppo velocemente, e allora nascono il punk, il grunge, il metal, e perchĂ© no, anche la disco music!

Ma la musica non è solo denuncia. Come ogni forma d’arte, esiste per esprimere senza limiti l’anima dell’uomo, che di limiti non ne ha.

L’amore. Quando con una delicatezza e una semplicità disarmante i Fleetwood Mac ci suonano Songbird, o quando i nostri cantautori ci raccontano storie, come l’amore che c’era tra Anna e Marco, o le lacrime che ci fa versare la dolcezza dell’ignoto, dove è volata La Donna Cannone.

E poi ci sono gli inni. Quelli, invece, ti fanno cantare a squarciagola e ti ricordano che in quel momento tu ci sei! Sei vivo e sei qui, come Sing dei My Chemical Romance, o I Lived dei OneRepublic, che anche quando sei stanco e non riesci a guardare avanti, ti spronano a guardarti indietro per ricordarti dove sei arrivato.

L’arte trae ispirazione dalla vita e anche la musica, che ci racconta quello che già sappiamo, e ce lo fa capire.

E tornando alla tesi con cui era iniziato questo articolo, capire quello che ci succede nella vita è la fonte della vera cultura. L’esperienza è cultura.

Una canzone (o un pezzo se parliamo di musica classica) ci puĂ² far ridere, piangere, riflettere, amare, arrabbiare, calmare, e alla fine sono solo sette note scritte su cinque righe.

La conoscenza non puĂ² essere limitata all’erudizione. Non ci si puĂ² limitare a sapere, bisogna anche saper sentire.

Per concludere vorrei citare un altro grande compositore, Claude Debussy, che diceva: «Penso che la musica contenga una libertĂ , piĂ¹ di qualsiasi altra arte, non limitandosi solo alla riproduzione esatta della natura, ma ai legami misteriosi tra la natura e l’immaginazione».

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