Non c’è speranza più pura e fragile di quella che arriva da chi sa di non avere più speranza. Probabilmente dovrebbe essere il contrario, cioè si dovrebbe partire dalla necessità di donare speranza a chi si trova alle porte del Cielo, a chi sa che i suoi giorni di vita sono giunti quasi al termine.
Eppure, posso assicurarvi, che non è così.
Quando assorbo le parole di chi si trova a un passo dalla fine, certo, c’è paura, la morte non è mai cara a nessuno, ma non solo di questi sentimenti resto intriso. Quello che viene fuori è la speranza che queste persone riescono a recuperare dal fondo dell’anima, per donarla ai propri cari, o ai medici e agli infermieri che sono loro accanto negli ultimi attimi.
Se sei vicino alla fine smetti di trattenere. Così con la fatica di accettare che ogni giorno è un dono, si può scoprire che tutto ciò che si tratteneva può diventare ancora vita che prende forma per l’altro.
C’è chi non accetta questo stato e viene mangiato dalla disperazione, senza che questo possa trasformarsi per sé o per l’altro; e anche questo è giusto, è umano e non vi è la necessità di cambiare un uomo in questo stato. Spesso sono le persone più sole, quelle che non hanno una carezza da ricambiare, a restare in questo buio che diventa una voragine.
Servirebbe una mano per scavalcare il dolore che li circonda e per sfiorare la loro pelle, perché un momento di calore può rompere anche la notte più lunga.
Allora anche alle porte del Cielo non tutte le notti sono uguali, non tutte le speranze sono finite. I semi di speranza hanno la capacità di vincere la morte. Come i semi che hanno bisogno di morire a se stessi per far sì che il germoglio esca e si faccia strada verso la luce, così anche questa parte della speranza si fa vita quando affronta la morte, quando comprende che deve venire alla luce allo stesso modo, quando viene tramandata, regalata e smette di essere chiusa dentro un solo corpo, moltiplicandosi.
Di persone così ne ho conosciute tante e tante mi hanno chiesto di trattenere le loro parole per tramandarle, per raccontare la verità ai propri cari, perché c’è la necessità di essere trasparenti per far passare la luce e far brillare anche quegli ultimi attimi di pura vita.
C’è una frase che racchiude bene ciò che succede alla fine di questi viaggi, che racconta qual è il fine prima della fine: «Alla fine di questo viaggio ci verrà chiesto quanta bellezza, quanto amore c’è in più dopo il passaggio su questa Terra», (Cristicchi). Ecco, questa frase spiega benissimo qual è la ricerca di ogni essere umano: fare il punto di quanto amore ha donato nella sua vita e se il calcolo è negativo, nasce l’esigenza di donare all’amore tutta la vita che è ancora in grado di donare.
Ora vi starete chiedendo chi sono io che scrivo queste parole, che parlo di vita e di morte senza esserne turbato… ecco, io sono quel foglio bianco che raccoglie tutte le parole che queste persone non sono in grado di dire a voce, quel foglio che viene sottovalutato, ma solo perché i sentimenti di cui sono intriso sta a voi comprenderli. Non mi è dato di fare altro che riportare la vita che ho incisa sopra a parole, con qualche sfumatura di lacrima. Sono solo un foglio bianco io, ma sappiate che la speranza che arriva da una persona «senza speranza» è un seme che ha una forza di vita senza eguali.