La speranza nella scelta. Depressione e salute mentale

Autori:
Illustrazione di Giulia Pez
Illustrazione di Giulia Pez

Di Federica Colombo

Quando la speranza è stata scelta come tema di questo numero del Bullone, mi è subito venuto in mente di esplorare questo aspetto. Perché di depressione si parla spesso, e non sempre in modo giusto.

Senza inoltrarsi nei dettagli scientifici, mi sento di definire la depressione come una vera e propria malattia della speranza. Tra i suoi sintomi, che non si limitano a un generale sentimento di tristezza, una delle prime cose a svanire è la progettualità futura, il senso della vita e la possibilità di interpretarla in maniera proattiva.

Come studentessa di medicina mi sono sempre interessata di salute mentale, e spero di potermene occupare anche nel mio futuro professionale, per questo ho raccolto l’esperienza personale di alcune ragazze che ci sono passate, e la loro definizione di speranza.

«La speranza è una luce che ti guida verso la realizzazione dei tuoi obiettivi, anche solo in una stessa giornata. Si può vivere senza? Sì certo, ed è la mia vita, ma è un’esistenza passata a trascinarsi come un automa, un grigio misto di apatia», S. 27 anni (attualmente in un episodio).

«La speranza è un fiume che scorre e abbraccia tutti gli uomini. Acque cristalline, fluide. Un fiume in una valle di montagna bellissima sotto il sole. Un sentiero che porta lì. A volte la nebbia non mi ha permesso di seguirlo, ho anche quasi smesso di pensare che potesse esistere. Appena sono migliorata però, sapere di poter tornare tra quelle acque, mi ha dato la forza di ricominciare a camminare», L. 21 anni.

«La speranza ha tante forme. Quella dell’alba, di un abbraccio, di una parola di incoraggiamento di chi ami o di un perfetto sconosciuto. Quella racchiusa nelle storie a lieto fine della mia infanzia. La speranza, insieme alla felicità, è il più bel sentimento perché rende possibile l’impossibile. E non è vero che è l’ultima a morire. Si può nascondere per un po’, ma non muore mai», L. 22 anni.

«Scegliere di vivere è un atto di speranza. La depressione è come un colpo di spugna bagnata su un quadro: scioglie i colori e lascia una tela grigia. Quando finisce, una polvere di fata si posa sulle cose, restituendo loro il colore. La speranza è tornare a credere nel futuro, nonostante la paura che la spugna possa di nuovo cancellare i colori», M. 25 anni.

Le ultime testimonianze provengono da ragazze che hanno sofferto di episodi ricorrenti. Dalle loro parole è emersa una grande consapevolezza, maturata negli anni. La speranza, come un filo di Arianna, che guida nonostante il buio del labirinto. È come se avessero imparato a serrare i ranghi, in attesa della fine della guerra.

Con l’aiuto professionale, psicologico o farmacologico, in funzione della necessità, è possibile tornare alla vita. Certo non è stato facile per queste ragazze, né privo di rinunce. Molti prima di ammalarsi avevano grandi aspettative di studio o sul lavoro. A volte è necessario ricalibrare la propria ambizione, come raccontato da queste ragazze, che hanno trovato nelle cose più semplici la speranza. Porsi obiettivi troppo ambiziosi in un momento di difficoltà, facilita i sensi di colpa e inettitudine, dando ascolto alla malattia. Il ritorno alla normalità è fatto di piccoli passi, in cui gli obiettivi devono essere più vicini alle capacità dell’individuo. Come in una scala, gradino dopo gradino, verso quello splendido fiume.

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