Esistono molti luoghi comuni sulla speranza, come «la speranza è l’ultima a morire». Ma cos’è la speranza? Ho cercato l’etimologia della parola: il termine latino «spes» deriva a sua volta dalla radice sanscrita «spa-» che significa «tendere verso una meta». Parlando di speranza per la nostra Terra, quindi, mi vengono in mente almeno due obiettivi: il primo riguarda noi come specie homo sapiens sapiens, mentre il secondo è legato all’integrazione uomo e ambiente. Apparentemente separati, ma profondamente interconnessi.
Speranza di neutralità: si parla tanto di impronta ecologica (ecological footprint), ma l’idea non è chiara a tutti. Si tratta di un indicatore utilizzato per misurare il consumo umano di risorse rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle. Finché questa impronta sarà così elevata, l’uomo sarà condannato, perché la Terra non sarà in grado di reintegrare quello che consumiamo. Credo sia fondamentale ripensare in toto il nostro modo di vivere partendo dai piccoli gesti. Si può obiettare che una goccia in un oceano non conta, ma l’oceano è fatto di gocce. Raccolta differenziata, mobilità sostenibile, rispetto per il verde sono solo alcune delle cose che ciascuno può mettere in atto. Al supermercato puoi comprare frutta e verdura confezionati in chili di plastica, oppure scegliere quella sfusa, usando il sacchetto compostabile. È solo un esempio, ma se sempre più persone lo metteranno in atto, i supermercati dovranno adeguarsi alle nuove esigenze. Questa è una delle mie speranze per la Terra. Non ci sono però, solo piccoli gesti: è nostro dovere chiedere a chi ci governa delle misure che vadano sempre più nella direzione della «neutralità», cioè che riducano sempre più la nostra impronta ecologica. Non c’è più tempo e lo sappiamo. Ma possiamo fare ancora molto; ne guadagnerà la Terra e anche noi stessi, perché vivremo in un mondo più pulito e più giusto, dove il rispetto per l’ambiente e per gli altri sarà una cosa normale. E questa è un’altra mia speranza.
Speranza di integrazione con le altre specie. Non possiamo vivere come se fossimo gli unici sulla Terra, né tantomeno pensare di essere i più importanti. Siamo i più numerosi, ma per anche i più distruttivi. Siamo gli unici che non hanno predatori, ci siamo evoluti per costruire sistemi per essere i più forti. Non avendo chi ci caccia, ci uccidiamo tra di noi. Ma questo è un altro, grave, problema.
Rimango sempre affascinato a vedere come gli altri animali riescano a convivere in un equilibrio quasi perfetto, spesso con relazioni molto forti. Un esempio di come le altre specie siano fondamentali anche per la nostra sopravvivenza viene dalle api, che sono in pericolo come non mai: senza questi insetti che impollinano le nostre colture, non avremo più cibo perché sarà molto difficile far riprodurre le piante che coltiviamo per mangiare. Sarebbe una vera tragedia.
Imparare da come le altre specie si integrano all’interno degli ecosistemi è sicuramente una sfida. Ma dobbiamo accettarla per la nostra sopravvivenza e per quella del pianeta. Questa è la mia speranza per la Terra.