Gesù rompe gli schemi dell’amore, andando oltre la paura, oltre ai pregiudizi, lasciando solo la curiosità verso l’altro.
Comincio con una citazione di un grande scrittore (perché questo è un giornale di gente che vuole saperne sempre una nuova, giusto?): «Il solo vero viaggio, il solo bagno di giovinezza, non sarebbe quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi, di vedere l’universo con gli occhi di un altro, di cento altri; di vedere i cento universi che ciascuno di essi vede, che ciascuno di essi è».
Lo scrittore era un francese, si chiamava Marcel Proust. È giustamente famoso perché ha dedicato la vita a raccontare tutto il mondo che poteva, a partire dagli occhi dell’anima di un uomo solo, il protagonista della sua opera principale, purché capace di «vedere» davvero gli altri.
Aprire gli occhi.
Trovo nelle sue parole uno dei principi ispiratori del Bullone: aprire bene gli occhi, e con gli occhi aperti guardare e vedere tutti e tutto e raccontarli con empatia, con partecipazione. Questo principio è uno stile di vita: si chiama «curiosità» ed è una dote preziosissima, perché permette di vivere all’ennesima potenza. Se siamo curiosi, ogni giorno ne vale tre, quattro, dieci: tanti quante sono le persone incontrate, osservate, ascoltate e amate.
Il contrario, anzi il nemico, della curiosità è la paura.
Quando incontriamo un uomo, o una donna, senza paura (o quantomeno con meno paura della nostra), ce ne accorgiamo subito, perché quella persona ci sembra «speciale»: ha fiducia, forza, speranza da vendere.
Capita, quando incontriamo qualcuno che ha più curiosità che paura. La curiosità, dunque, non è un segno di debolezza, come di chi abbia bisogno di guardare agli altri per distrarsi da se stesso, per fare confronti, per «studiare la situazione» e muoversi con prudenza tra la gente. No, la curiosità è una prova della nostra forza, perché nasce dalla capacità di accogliere tutti senza sentirsi minacciati da nessuno.

Gesù rompe gli schemi dell’amore
Il personaggio che più di ogni altro è diventato celebre nella storia per questa dote, è Gesù di Nazareth, un profeta itinerante, senza casa né ufficio. Se ne sono raccontate tante su di lui, lo facciamo da secoli. Ma l’unica cosa certa è che, non avendo paura di nessuno, Gesù divenne «maestro» di un’arte del vivere sapiente e bellissima. Visse, infatti, da innamorato tutta la vita. Era innamorato dell’umano che c’è in chiunque. Per questo girovagava instancabilmente: per incontrare, osservare, ascoltare e amare più persone possibili.
E cosa cercava nelle altre persone? Di ognuno e ognuna gli interessavano la sorprendente esistenza in vita (per lui mai scontata, e quindi preziosissima) e la singolarità. Prendeva quindi gli altri per quello che erano, li «studiava» con passione, interi: pregi e difetti, successi e fallimenti, dubbi e certezze, cose belle e cose brutte.
Ti abbracciava così com’eri, e spesso i suoi abbracci creavano scandalo (toccava addirittura i lebbrosi, si lasciava accarezzare da «donne di malaffare»…).
La gente, conoscendo la sua «fame e sete di umanità» pensava di soddisfarlo raccontandogli il peggio di un sacco di persone: «guarda, Gesù, questo è un ladro!», «guarda, questa donna è una prostituta!», «guarda, quest’uomo non crede nella nostra religione!», «guarda, quest’uomo è sfortunato, chissà cosa avrà fatto di male per meritarsi tanta sofferenza». «Guarda, quest’uomo ha buttato via tutti i suoi beni in vizi e stravizi!».
Il personaggio giusto per «rompere gli schemi»
Gesù ascoltava (ascoltava sempre, tutti)… e la sua curiosità si accendeva. Gli dicevano: «Stai lontano dal ladro, dalla prostituta, dall’infedele, da chi è “sbagliato” e “diverso”…», e lui che faceva? Ci andava. Ci andava subito. Non di nascosto, non «creando prima le condizioni giuste», non «spiegando in qualche modo il motivo delle sue scelte». No: ogni persona gli interessava e quelle che gli venivano «proibite» lo interessavano ancora di più. Come un bambino che sa benissimo, con sicuro istinto, che una cosa proibita è quasi certamente (vedere per credere) una cosa «da grandi», e quindi affascinante.
Sembrava non voler cambiare nessuno, né volerlo far diventare come lui. Si capiva, seguendolo e osservandolo, che sperava di far star meglio le persone (e qualche volta ci riusciva), ma mai forzandole, mai costringendole.
E non era un bambino: era un giovane uomo nel pieno delle forze, con una posizione sociale, un tipo rispettabile e affidabile, parte integrante di una comunità. Il personaggio giusto, dunque, per «rompere gli schemi».
Cosa voleva Gesù? Di cosa andava in cerca? Dell’uomo come mistero, dell’umano come sfida, come enigma. Dell’umano come infinito: ciascuno di noi, secondo lui, è un essere pieno di possibilità inesauribili. Gli dicevano: «guarda che con questo, con quella, non c’è più nulla da fare, nulla da aspettarsi…». Ma lui, niente: ostinato, continuava a credere in tutti.

Un Gesù insofferente alle regole
Si racconta che un giorno gli dissero addirittura: «sei arrivato troppo tardi, la ragazzina molto malata che volevi aiutare ormai è morta», e lui: «non è morta, ma dorme», e tutti giù a ridere alle sue spalle. Perciò entrò nella stanza dove giaceva la ragazzina solo con i suoi genitori e, ostinato, la chiamò. E la ragazza si svegliò e stava bene. Miracolo vero? Racconto falso? Non abbiamo molte certezze, a proposito, ma una sì: Gesù era talmente se stesso nell’amare, che di lui si poteva raccontare anche un miracolo così incredibile senza paura di risultare «incompatibili» con quanto egli mostrava di sé. Che è come dire: se qualcuno poteva fare miracoli per una persona cui non si dà più speranza, questo era Gesù.
Un giorno gli dissero: «Il tuo amico, quello al quale hai dato tanto, ti tradisce, ti vuole addirittura morto!», e lui, «davvero? Allora ha bisogno di aiuto più degli altri! E io non gli farò mancare il mio e continuerò a chiamarlo amico persino se mi vende, persino se mi uccide!».
Insomma: un pazzo.
Un insofferente alle regole. Uno che si arrogava il diritto di amare anche le persone sbagliate, gettato in un mondo (ieri come oggi…) pieno di muri, barriere, giudizi e condanne. Un campione della «religione dell’umano», che infatti fu fatto fuori da sacerdoti e «esperti della legge», da custodi dell’ordine e del «si è sempre pensato e fatto così», del «Noi e Loro», del «bianco e nero», del «la Legge è questa!».
Un giovane uomo pieno di colori, che si sporcava con l’umanità reale di tutti e tutte e ne godeva. Un giovane uomo che credeva solo nel futuro e aveva rispetto, del passato, solo della parte che è radice e dà vero nutrimento.
Un pazzo contagioso.
Come tutti gli uomini e le donne che mai rinunciano a creare e confermare legami. Un pazzo di una follia di cui abbiamo disperatamente bisogno.