La rivoluzione del Sì per costruire un ponte

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Oggi, paradossalmente, la vera rivoluzione passa attraverso un «sì». L’accettare, il fare qulcosa, il costruire ponti anziché distruggerli.

di Giancarlo Perego

Il Covid sta distruggendo tanti ponti. Ponti costruiti nel tempo, alcuni vecchi e obsoleti che meritavano un restauro. Altri più recenti. Il dire sempre no o boh ha portato disagio, intolleranza, arroganza. No vax, no Europa, no all’immigrato.

Ti vaccini? Boh? Aiutiamo i profughi? Boh? Sono cresciuto negli anni 70 dove dire no era rivoluzionario, costruttivo, determinante per costruire un mondo diverso. Oggi invece è rivoluzionario dire , costruire ponti, aggiustare quelli che meritano di essere riparati. La metafora del ponte Morandi è fin troppo facile. Trascurare, lasciare andare… porta morti e disperazione.

Costruire ponti e dire al vicino, all’altro, riempie la vita di una comunità. La redazione del Bullone si è confrontata sui ponti da costruire. Abbiamo scelto dei testimoni di vita come Giovanna Foglia, che ha messo a disposizione il suo aereo per portare in Italia le donne afgane in fuga da Kabul. O come Giovanni Malagò, il presidente del CONI che si batte per dare cittadinanza ai suoi atleti. O come don Antonio Mazzi, che crea ponti con i ragazzi vicini al baratro. O con lo scienziato green Stefano Mancuso, che si batte per un mondo pieno di alberi e aria pulita. O come Francesco Costa, giornalista del Post, che ogni mattina produce informazione seria e verificata, per dare la possibilità agli ascoltatori di farsi un’opinione trasparente. O come suor Valentina, che sta a Gerusalemme in un ospedale maternità dove nascono bambini ebrei, cattolici, ortodossi, musulmani, copti. Un incrocio pacifico e gioioso tra le fedi e le differenziazioni religiose. Ma che cos’è un ponte, un ponte vero… Ce lo spiega l’architetto Fiamma Invernizzi. Come si costruisce, i ponteggi, il cemento, l’acciaio. I sistemi di sicurezza. Come costruivano i ponti i romani? Perché quei ponti non sono mai crollati? I ponti, i ponti… Quando arriva il ponte tutto può cambiare. Tutto può cominciare a muoversi e a pulsare. Come un potente magnete il ponte attira a sé i destini incrociati di uomini e donne. Per questo diciamo sì alla costruzione di solidarietà.

Sì alla fiducia, sì alla consapevolezza, sì alla conoscenza, sì al respiro, sì al vicino, sì a chi ha bisogno, sì a un’informazione corretta. Sì a questi pilastri che sorreggono i ponti. Basta con i boh, o peggio ancora, con i no. No vax, no immigrati, no Europa, no poveri, etc, etc, etc. Né boh, né no, né bla bla bla. Abbiamo il diritto di sapere e di scegliere. Impariamo a essere eretici, che in antichità significava scegliere. Scegliere di stare con gli altri. Sì, senza tentennamenti o dubbi. Non abbiamo alternativa. Bisogna posare lo sguardo sugli altri. Da soli non contiamo niente. È il momento dei ponti. Le migliaia di giovani che hanno sfilato per Milano contro il riscaldamento globale, devono avere una risposta. Pratica, misurabile, veloce. C’è un rapporto, un legame tra deforestazione e malattia. Basti pensare ai virus di Ebola e dell’HIV. E forse del Covid. Sono proprio i ragazzi del Bullone, una forte parte in causa, che s’inginocchiano per dirvi, voi che comandate il mondo, fate qualcosa. Bastano, per quanto riguarda il riscaldamento climatico, mille miliardi di alberi. E in Italia due miliardi. Stefano Mancuso dice: non spaventatevi, si può fare. Fare.

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