Senza tenerezza, nessuno di noi può tornare a stupirsi della bellezza del mondo e degli esseri umani. E senza tenerezza nessuno di noi può abitare in pace un universo che senta fatto anche per lui.
«Mono no aware» è un’espressione giapponese che descrive un atteggiamento di profonda emozione nei confronti della natura e di ogni forma di esistenza che la arricchisce, compresa quella umana. Non si tratta di un moto dell’animo superficiale e passeggero, una specie di concessione al sentimentalismo o al «buonismo». È, invece, un’azione che coinvolge tutta la persona e la fa crescere, la cambia in meglio e migliora anche il mondo: è come se chi vive in questo atteggiamento volesse, con la sua tenera cura, garantire e proteggere la vita dell’altro quanto più gli è possibile.
Tradurre le parole giapponesi è molto difficile, visto che espressioni così intense di solito sono arricchite da secoli di esperienza entro una determinata cultura, un clima, un ambiente. Potremmo parlare, in italiano, di «sensibilità estetica», ma non esteriore, distaccata, bensì determinata da una «partecipazione emotiva alle cose».
Si tratta, a pensarci bene, di mettersi in ascolto e in ammirazione dell’anima di ogni vivente. La società in cui viviamo ha decisamente perso per strada questa attitudine. Anche quando conosciamo le cose, ci interessa solo il loro funzionamento, per poterle usare, manipolare, trasformare, consumare e dimenticare. Questa visione «strumentale» di ogni realtà (compresi gli esseri umani) ha dato origine alle brutture a cui assistiamo quotidianamente: l’incapacità di ascoltarci – non ascolto l’altro, se non per prepararmi a controbattere e a farlo tacere -, di aspettarci – tutti dovremmo procedere allo stesso ritmo -, di prenderci cura del nostro simile con gesti di vera attenzione – mostrando la parte «dolce», potremmo dire «femminile» di noi stessi… – sono tutte espressioni di un rapporto con la realtà che deve sempre corrispondere ai nostri bisogni, veri o presunti, e poco più.
Ignoranza, odio, razzismo e violenza non sono altro che la conseguenza diretta della perdita della capacità di «sentire» la bellezza della vita e di ciò che rappresenta.
L’anima delle persone ci interessa poco, la trattiamo come fosse un fantasma o, peggio, un’idea astratta. Ma non è così: l’anima è la vera «consistenza» di ciò che osserviamo, annusiamo, gustiamo, ascoltiamo, giudichiamo e tocchiamo. E solo una viva tenerezza tratta l’anima come merita. Senza tenerezza, nessuno di noi può tornare a stupirsi della bellezza del mondo e degli esseri umani. E senza tenerezza nessuno di noi può abitare in pace un universo che senta fatto anche per lui. Si dice all’inizio della Bibbia che Dio creò ogni cosa con la sua voce, ma la tenerezza ci ricorda, ogni volta che si presenta (e ci scalda il cuore), che tutto ciò che vale nel mondo si conserva in vita e si rinnova con gioia, grazie a una carezza.