Come Babbo Natale ci ha rovinato la vita

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Di Ada Andrea Baldovin

Il trauma più grande del mondo. Hai otto anni, è novembre inoltrato e vivi gioiosamente la tua vita con il solo grande dubbio se fare prima la pappa, la cacca o la nanna. In testa sai già che a gennaio passerai l’Epifania sommersa dai dolci che ti porta la Befana e giocherai tutto il tempo con il Lego, creandoti film mentali che Spielberg, col tuo alieno in bicicletta, levati proprio… È una domenica pomeriggio, il periodo settimanale più inutile per antonomasia, fuori fa freddo e il cielo è così triste che a confronto i Dissennatori sono argento vivo, quando tua madre ti chiama. 

«Ti devo parlare di una cosa», con la stessa serietà di un deputato europeo.

«Cosa?», quell’aria innocente che ancora non sa di dover dire addio alla sua infanzia.

«Stai diventando grande, tra un po’ sarai una donnina. Devi sapere che a Natale chi ti porta i regali non è Babbo Natale». 

Principio di panico.

«Sono mamma e papà. Babbo Natale non esiste!».

Oh no, prima la morte di Mufasa e ora questo!“. Seguono attimi di sconforto e di sfiducia nei confronti della propria madre, della propria famiglia e del mondo.

Una dolce piccola e tenera bambina che per anni si siede sulle gambe di un vecchio sconosciuto panzone bugiardo che mente sapendo di mentire e fa promesse che non potrà mantenere. Insomma, identico a un qualsiasi altro uomo. Una truffa di proporzioni epiche. Nessun rimborso. Nessun «però di buono c’è questo». Niente.

Quando sei piccolo sei sopraffatto dagli adulti che, senza alcun rispetto si sentono liberi di mentirti sminuendo la tua intelligenza, solo perché hai meno esperienza in un mondo tutto da scoprire. 

Bugie e inganni per farti mangiare quello schifo di minestrone, dicendoti che ti farà diventare alta, sana e forte. Sensi di colpa crescenti, dovuti all’immagine dei bimbi Unicef. L’ideale e il sogno di poter parlare con gli animali, come faceva Biancaneve. Tutti complotti.

Il mondo è brutto, per Mufasa e la mamma di Bambi non c’è più niente da fare (così come per la nonna) e non esistono renne volanti, né slitte volanti, né un Babbo Natale che lavora una volta l’anno, consegnando in una notte i regali a tutti i bambini del mondo. 

Bisognerebbe subito smorzare l’entusiasmo infantile per la vita, facendo scoprire alle giovani leve che il mondo è esattamente come quel cielo triste di novembre. 

Ma alla fine perché dovremmo farlo? Sognare quando la vita te lo permette è così bello. È così dolce il pensiero che per i bambini il mondo sia un enorme parco giochi da scoprire. Un luogo senza giudizi, nel quale la magia riesce ad arrivare dove la ragione ancora no. 

Sarebbe così bello svegliarsi ogni mattina a sette anni, il giorno di Natale, e fremere dalla gioia di vivere quella magia.

Ma il tempo passa e quel vecchio ciccione sconosciuto su cui ci facevano sedere pagando, ha ben poco di magico. Questo perché Babbo Natale non è mai esistito, e mai esisterà. 

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