Abbiamo intervistato il maestro Andrea Bocelli sui temi di bellezza, innovazione, rinascimento digitale e dell’incontro.
di Ada Baldovin
Grazie alla collaborazione del Bullone con i giornalisti di Siamo Jedi di Nuvolaverde e di Puntozero Beccaria, dal carcere minorile Beccaria di Milano abbiamo intervistato il maestro Andrea Bocelli: bellezza, innovazione e rinascimento digitale i temi dell’incontro.
Maestro cosa sognava di fare da grande? Qualcosa di diverso da quello che è? O è riuscito nel suo intento?
«La musica è stata sempre la mia grande passione ed è diventata ben presto un sogno, quello di diventare un cantante e vivere di musica. Devo confessare però, che da bambino per anni ho sognato di fare il pugile o il calciatore, evidentemente non avevo capito ancora bene come funzionano le cose nella vita».
Lei studia ancora oggi? È vero che nella vita non si smette mai di imparare?
«Rispondo a questa domanda con la risposta che dette il grandissimo Beniamino Gigli a un giovanissimo Luciano Pavarotti, quando da piccolo lo raggiunse nel camerino e fece al grande tenore la stessa domanda. La risposta fu: “cinque minuti prima di questa recita”. Questo è quello che secondo me è utile pensare per tutti».
Gli incontri di Andrea Bocelli
C’è un incontro che le ha cambiato la vita?
«Molti incontri mi hanno cambiato la vita, anzi direi tutti: dal più banale, all’incontro con la persona più famosa e celebre. Perché bene o male ogni nostra azione e parola incide sulla vita degli altri. Ricordo in particolare l’incontro con il mio precettore, si chiamava Amos Martellacci, in suo onore ho chiamato così mio figlio, perché a lui debbo quel poco che so. Poi ci sono stati incontri fatali: quello con la voce di Franco Corelli, che ha preceduto di tanti anni l’incontro fisico con questo grande artista e poi quella con Papa Wojtyla. Oppure ancora, quello con Cassius Clay. Potrei continuare a lungo perché ho avuto la fortuna di incontrare tante persone, ciascuna delle quali mi ha lasciato qualcosa».
Che cosa significa per lei talento? Si può insegnare o è innato?
«Il talento è un dono del Cielo, non si impara, non si costruisce, si può solo curare, si può solo allenare giorno per giorno, in modo che ci restituisca il massimo delle possibilità».
Superare gli ostacoli
Superare una barriera generata da un conflitto interiore o esteriore cosa significa per lei?
«La vita è fatta di ostacoli e ogni giorno ne incontriamo sul nostro cammino, così come lo scultore incontra l’ostacolo della materia che lo divide dalla realizzazione della propria idea. Winckelmann diceva proprio questo, che alla fine c’è sempre uno scarto tra la scultura e l’idea originaria dello scultore, perché evidentemente l’artista ha incontrato un’infinità di ostacoli nella realizzazione della propria opera. Nella vita è la stessa cosa: incontriamo ostacoli tutti i giorni, tocca a noi trovare le risorse interiori e la forza per superarli».
Dieci anni fa ha creato la Andrea Bocelli Foundation, che si occupa di empowerment, delle persone e delle comunità. Cosa significa?
«Significa cercare di offrire a tutti la possibilità di gareggiare nella vita, tutti alla pari. È una cosa che ritengo fondamentale, un’idea che mi ha accompagnato per tutta la vita».
La creatività può contribuire alla propria crescita personale?
«Assolutamente sì, perché l’uomo è creato a immagine e somiglianza del suo Creatore, quindi l’uomo nasce proprio con la missione di creare».
Quanto influisce l’arte dull’anima
Quanto la musica e l’arte possono influire nei sentimenti e nelle azioni di ognuno di noi?
«Credo che in generale, come disse a suo tempo Dostoevskij, “la bellezza salverà il mondo”. Salverà il mondo proprio perché la bellezza incide sulle nostre coscienze, sulle nostre anime, e quindi può cambiare il mondo. Lo sapeva bene anche Catone Uticense, che predicava ai soldati di non ascoltare musica, perché sapeva bene che la musica intenerisce i cuori, cosa che non funziona per chi deve fare il soldato. Ma noi che siamo una società pacifica e pacificata, pensiamo che la musica e l’arte, e più in generale ancora la bellezza, possano fare la differenza».
Sentiamo spesso parlare di nuovo rinascimento, c’è davvero?
«Ogni giorno è una manifestazione di nuovo rinascimento, ogni giorno nasce o rinasce qualcosa. Ci sono momenti in cui questo è più evidente, altri meno. Ma in fin dei conti la vita che avanza sul pianeta è un continuo incedere. Io sono sempre stato dell’opinione che il mondo vada sempre avanti e sempre in meglio, a dispetto di quello che descrivono a volte i giornali e i media, che si focalizzano solo sulle notizie brutte. È chiaro che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce, ma l’albero che cade è la notizia brutta, la foresta che cresce è l’attività di tutti gli uomini di buona volontà che la mattina si alzano, vanno a lavoro, creano e portano sulle spalle quello che noi oggi chiamiamo progresso».
I ragazzi sono travolti dal cambiamento digitale secondo lei, o riescono a gestirlo?
«Come sempre ci sarà chi lo saprà gestire e ne farà uno strumento di emancipazione e di progresso per infinite possibilità, e ci sarà chi lo tratterà in modo da generare una tragedia individuale od umana, perché la tecnologia è come una lama. Come scrive Antonino Zichichi nel suo libro che consiglio sempre a tutti di leggere, Perché credo in colui che ha fatto il mondo, la lama è un’invenzione miracolosa, però bisogna essere consapevoli che da essa si può forgiare un bisturi che ti restituisce la salute, o un pugnale che ti toglie la vita, e tocca a noi fare la scelta giusta».
Il web talk integrale uscito il 15 dicembre per FabricaFloridi, condotto dal filosofo Luciano Floridi e diretto da Enzo Argante è visibile su dearete.org