Intervistiamo Piero Angela, giornaliste e importantissimo divulgatore scientifico che lotta contro le fake news
di Pietro Lenzi
Sembrava un sogno e, in effetti, è stato incredibile.
Tutti i ragazzi de Il Bullone ed io abbiamo incontrato e intervistato uno dei colossi della televisione italiana, Piero Angela, un giornalista che si distingue per la grande passione per le scienze, per una divulgazione attenta e corretta e per la lotta contro le fake news.
Ci hanno colpito subito la sua lucidità, il senso dell’umorismo e un’apertura mentale incredibile. Quest’uomo è un vero e proprio pozzo di idee, un’ispirazione.
Un’autorità che tutto il mondo della scuola e, non solo, dovrebbe ascoltare, affinché l’insegnamento e la trasmissione della cultura risultino efficaci e piacevoli come è stato e continua ad essere il suo SuperQuark per milioni di persone.
La scienza non contempla le fake news
La scienza ci è venuta in soccorso in più occasioni (come nel caso eclatante della pandemia) ma, al tempo stesso, gli scienziati non sono riusciti appieno a comunicarne i risultati e a convincere il pubblico dei progressi raggiunti. Che cosa ne pensa a riguardo?
«Ciò che mi ha colpito, incontrando scienziati e ricercatori di tutto il mondo è la loro costante risposta di fronte ai nostri interrogativi che pretendono certezze assolute e inconfutabili: “Non lo so”, è stata l’affermazione più frequente in riposta ai miei numerosi quesiti. Non bisogna pretendere di avere sempre la risposta definitiva, costantemente vera, come accade spesso, nel mondo della politica. È importante dire ciò che realmente si può dimostrare. Questo non sempre succede, perché le risposte certe non appartengono alla scienza che è in continua evoluzione e ha un atteggiamento dubitativo nei confronti della realtà. La gente pretende conferme, confortate da un numero sempre crescente di informazioni che, nella maggior parte dei casi, non è neppure in grado di comprendere. La scienza non contempla le fake news, queste ultime sono fantasie e nozioni inventate e dannose. Il dibattito scientifico, se non accuratamente trasmesso al pubblico, rischia di diventare una giungla di notizie. Così, personalmente, ho sempre cercato di ordinare le informazioni, grazie all’appoggio di scienziati brillanti. Oggi il web è ricco di “pseudo scienza” e bisogna stare molto attenti».
Come fa l’ascoltatore o il lettore a orientarsi in un mondo saturo di informazioni confuse e contrastanti?
«Bisogna affidarsi a persone competenti e alla comunità scientifica. Un esempio potrebbe essere il caso Stamina che ha dato false speranze ai malati. È perciò importante che venga insegnata la scienza ai ragazzi e, in particolare, venga spiegato il metodo scientifico. È altrettanto essenziale sapere che le informazioni affidabili sono quelle pubblicate da riviste e portali certificati. Proprio per questo, mi sono sempre dedicato alla divulgazione e, negli ultimi tempi, alla creazione di sedici puntate di SuperQuark per la scuola: le prime otto dedicate all’ambiente e le altre al sapere scientifico in generale. Lo scopo è di porre le basi per comprendere la veridicità dell’informazione scientifica. L’informazione è carente e anche nei giornali e in televisione le notizie non sempre rispettano giusti parametri. Bisogna, dunque, dare ascolto a esperti e addetti ai lavori, anche se la comunità scientifica non ha sempre la capacità di imporsi come dovrebbe, in situazioni dove, purtroppo l’opinione pubblica prende il sopravvento. Sono necessari servizi di informazione a cui rivolgersi. A questo riguardo sono stati aperti portali dai massimi enti di sanità per aiutare a distinguere, in ambito medico, ad esempio, le cure fasulle da quelle efficaci e validate dalla comunità scientifica».
La lezione deve essere uno spettacolo
Che cosa migliorerebbe nella scuola? Quanto vale l’emozione nell’apprendimento?
«”Ludendo docere”, è questo il punto di partenza, il divertimento scatena l’interesse e, se non c’è interesse, non c’è attenzione e quindi non si riesce ad apprendere nulla. Il fattore emotivo è indubbiamente fondamentale per fissare le informazioni e per acquisirle. Nel nostro cervello c’è una zona, l’ippocampo, una struttura che funge da “ufficio smistamento pacchi”, filtra cioè tutto ciò che ci emoziona. Questo materiale mette in moto il sistema limbico, ossia la parte più antica del nostro encefalo. Viene promossa la formazione di sostanze in grado di attivare la memoria. Quindi se qualcosa ci emoziona e ci colpisce, sarà più facile ricordarla. Per comprenderlo più facilmente, basta immaginare di passeggiare in un prato. Il nostro passaggio lascia una traccia che svanisce col vento se si percorre quel pezzo di terra per una volta, mentre se il passaggio è accompagnato da un caterpillar, cioè un bagaglio di emozioni fortissime, si crea una vera e propria strada e un percorso indelebile nella memoria. Per attuare questo procedimento è essenziale il ruolo dell’insegnante che dovrebbe essere una sorta di regista, in grado di trasformare la lezione in uno spettacolo teatrale o in un grande film».
Quali sono i motivi per cui ha scelto di diventare un conduttore televisivo?
«Ho cominciato come cronista alla radio, sono poi passato alla televisione e ho fatto l’inviato e corrispondente. Mi sono trasferito all’estero per tredici anni ed è stato importante vivere al di fuori dell’Italia per arricchirmi e uscire dal provincialismo della mia città natale, Torino. Ho vissuto sia a Parigi, sia a Bruxelles. Sono convinto siano state esperienze importanti per avere la visione internazionale che queste due città mi hanno offerto. Ho scoperto il mondo della ricerca seguendo il progetto Apollo negli Stati Uniti e ne sono rimasto affascinato. Ho scelto di dedicarmi così ai documentari, girando il mondo per attingere informazioni dagli scienziati, uomini che ho ammirato moltissimo perché sorprendentemente umili, prudenti e rispettosi. Ho avuto la fortuna di scrivere i libri che avrei voluto leggere e di condurre i programmi che avrei voluto vedere».
Come comunicare con il grande pubblico?
«Ho cercato di dare la chiave della serratura della conoscenza a tutti, scrivendo e trasmettendo informazioni a un pubblico che ho reputato pronto e disposto a imparare e a capire, grazie a parole semplici e a un linguaggio scorrevole e divertente. Mentre montavo i documentari chiamavo la prima persona che passava per il corridoio e osservavo le sue pupille. Se si accendeva la luce degli occhi, sapevo di aver fatto centro. Sono un perfezionista e scrivo a mano (la macchina da scrivere allora, e oggi il computer mi paralizzano), straccio le pagine, le riprendo e le rielaboro in un secondo momento. Cerco di trovare la formula perfetta per coinvolgere l’ascoltatore».
A 93 anni Piero Angela scrive ancora mantenendo tale intento con una lucidità disarmante (il giorno dell’intervista stava finendo di scrivere pagina 4 del suo nuovo libro, ndr)
La violenza intellettuale mi terrorizza
Cambiando completamente discorso: c’è qualcosa in particolare che le crea sgomento e la spaventa?
«Ciò che mi terrorizza è la violenza, è difficile ragionare con le persone aggressive, diventa impossibile trovare un compromesso e la violenza porta gli uomini ad essere distruttivi.
La violenza intellettuale danneggia la comunicazione e di solito funge solo come mezzo per screditare di continuo le persone e non le idee. Inoltre nel mondo ci sono competenze e intelligenza artificiale ai massimi livelli, ma il conflitto impedisce di trovare, anche in quel settore, una strada comune per impiegare mezzi che potrebbero aiutarci parecchio. Ma ciò sarebbe possibile solo se si trovasse una linea comune con un dibattito costruttivo e sano».
Qual è l’impatto sulla nostra vita degli affetti, dell’ambiente culturale in cui viviamo e, più in generale, di tutti i condizionamenti che hanno un effetto consistente nella nostra vita? Qual è il suo parere circa l’effetto farfalla, quell’avvenimento all’apparenza irrisorio, come l’infatuazione di Antonio per il naso di Cleopatra, che ha scatenato la caduta di uno degli imperi più importanti della storia?
«Tutte le cose sono collegate tra loro, è come quando si gioca a scacchi: ogni movimento cambia le relazioni tra tutti gli altri pezzi. Certi comportamenti sono incompatibili con altri per ottenere determinati risultati. Quello che occorre a tutti è avere in mente il vecchio bilancino dei mercanti. Fin da bambini, per ottenere una cosa bisogna capire che un vantaggio provoca uno svantaggio. È necessario ricordarlo perché la gente desidera continuamente e non pensa alle conseguenze e un gesto ha sempre delle ripercussioni che, a volte, non accettiamo».
Come possiamo agire per creare un futuro prolifico per noi giovani?
«Quello che è fondamentale per i ragazzi è avere dei valori e delle ambizioni sane. È necessario crearsi delle occasioni, avere atteggiamenti imprenditoriali propositivi e creativi. È importante viaggiare, avere un pensiero critico e non rispondere a papera, cioè in maniera meccanica. È fondamentale conoscere perfettamente l’inglese. Lo studio è essenziale e dobbiamo prendere atto del fatto che i Paesi asiatici sono all’avanguardia dal punto di vista dell’istruzione, i dati lo confermano. Non dobbiamo assolutamente abbassare l’asticella del livello delle scuole e università, perché non si può pretendere di giocare in serie A se non abbiamo la preparazione necessaria».