di Evelyn Bollini
Tutto inizia in una giornata di maggio del 2016, e la me tredicenne capisce che qualcosa non va, dormo tantissimo e mi sveglio stanca tutte le volte. Ricordo ancora la visita dal medico insieme a mia mamma: si pensava che fossi solo un po’ anemica, ma la pressione è troppo alta e la dottoressa mi prescrive altre visite.
Vengo ricoverata in ospedale per due settimane e trasferita alla clinica De Marchi per maggiori chiarimenti. Alla fine mi viene diagnosticata un’insufficienza renale cronica in stato avanzato, oltre a trovare una massa tumorale in zona addominale.
In dialisi a 15 anni
Avevo da poco cominciato le superiori, ma ricordo ancora il vuoto dei primi periodi, visto che sono rimasta ricoverata per circa due mesi. Non realizzavo nulla di tutto ciò, come se non fossi io la protagonista, seguivo silenziosamente tutte le indicazioni dei medici, senza porre e pormi domande. Fino al maggio del 2018 conducevo ancora una vita apparentemente «normale», mi limitavo ai controlli una volta al mese, ma poi le mie condizioni sono peggiorate e alla fine, all’età di 15 anni sono entrata in dialisi. La mia adolescenza oscillava tra scuola e ospedale, mi occupava e tutt’ora occupa molto del mio tempo, siccome vado tre volte a settimana e faccio 4 ore a seduta, più un’ora di viaggio per arrivare a casa, oltre alla stanchezza infinita anche per fare le cose più semplici. Non potevo entrare in lista per il trapianto per via del tumore avuto precedentemente, e per questo sono ancora in dialisi.
Il dolore unisce le persone
Mi rendo conto che affrontare tutto questo in un’età così giovane è sprezzante e soprattutto ingiusto, ancora adesso ammetto di non accettarlo, ma so anche riconoscere che mi ha dato molto, e che senza questa malattia io non sarei di certo la persona che sono oggi; inoltre ho avuto l’occasione di conoscere il Bullone e per la prima volta mi sono sentita rappresentata e ho conosciuto persone con storie diverse dalla mia, ma fra cui c’era una sorta di fratellanza velata. Ringrazio che ci siano organizzazioni come queste che cercano in ogni modo di strappare un sorriso a tutti coloro che vivono una situazione difficile. Ovviamente ho anche stretto delle amicizie speciali in dialisi, trovando delle persone meravigliose, d’altronde a volte, è proprio il dolore che unisce le persone. Credo che eventi come questi siano una specie di prova per se stessi, e ci sono solo due scelte: o li affronti o ti lasci travolgere senza rispondere, ma se ti dai l’opportunità di continuare ad andare avanti, saprai tirare fuori il meglio di te. In questi ultimi mesi sono riuscita ad entrare in lista, e nell’attesa mia madre si è offerta per donarmi il rene, stiamo ancora facendo gli esami, spero vada tutto per il meglio e di poter iniziare a riprendermi tutto il tempo perduto.