Novello è un piccolo paese nelle Langhe, all’1 di Via Regina Margherita c’è il «Centro Recupero Ricci La Ninna» mi apre Barbara…
di Edoardo Pini
Novello è un piccolo paese arroccato su una collina nel bel mezzo delle Langhe. La maggior parte degli edifici sono secolari, tutti ammassati e con una vista mozzafiato sulle dolci colline piemontesi. Al civico 1 di Via Regina Margherita, c’è una casa del 1711. A lato del vecchio portone di legno, una campanella e una piccola insegna «Centro Recupero Ricci La Ninna». Mi apre Barbara: bandana in testa, guanti e mascherina da chirurgo, maniche alzate e un’aria indaffarata di chi non ha molto tempo per i convenevoli.
Il tempo è poco e il lavoro è tanto, troppo. Troppo perché il centro ospita quasi centottanta ricci che in quanto malati o feriti (spesso investiti per strada), sono lì per essere curati per poi essere rimessi in libertà. Barbara è una volontaria e con lei ho voluto passare una domenica differente nel Centro.
La casa settecentesca è divisa su più piani, con scale e scalette in ogni dove, portoni di legno con serrature di ogni tipo, archi a volta e ampie vetrate con vista sulle colline, pavimenti in cotto o parquet e una quantità di oggetti che a parole è difficile descrivere. Gli arredi principali sono gabbie vuote, libri di veterinaria, innaffiatoi, scope, secchi di cibo per gatti, pile di giornali, scatole di guanti chirurgici e siringhe, farmaci, attrezzi da lavoro e coperte di ogni genere e colore. Tra le varie stanze c’è un salotto che può essere chiamato tale per la presenza di un divano e un televisore.
Massimo, il fondatore del Centro, abita lì e spesso dorme sul divano, perché ama addormentarsi in compagnia dei suoi quattro cani che hanno la cuccia poco lontano. Cerco di capire dove finisca il Centro La Ninna e dove inizi casa sua, ma non mi ci vuole molto per capire che è un tutt’uno. In ogni dove ci sono recinti o gabbie dove gli ospiti spinosi sono accuditi e curati. Un odore intenso permane in tutte le stanze. Molto intenso: dopo ore l’ho ancora sotto il naso. Non sempre si possono aprire le finestre in quanto i ricci soffrono il freddo e gli sbalzi di temperature, e tutto al Centro, è in funzione delle loro necessità.
Bontà coraggiosa a forma di riccio
L’iniziale senso di disordine, poco dopo si rileva essere solo apparente. Ogni cosa ha una posizione precisa e gli animali sono divisi in diverse stanze in base al loro stato di salute. Le gabbie si sporcano facilmente perché i ricci sono animali un po’ pasticcioni: ecco che cibo, paglia, escrementi e acqua vengono sparsi in giro tra le coperte che fungono da caldo riparo e i vari fogli di giornale che fanno da fondo alle gabbiette. Ogni recinto o gabbia riporta il nome del riccio, la terapia in atto e informazioni quali la quantità, la tipologia di cibo ed eventuali attenzioni particolari.
Massimo si ricorda il nome di tutti i centottanta gli ospiti con relative terapie. Il problema è che ne arrivano sempre più anche grazie a staffette organizzate sul gruppo Facebook del Centro (più di 180.000 seguaci), portati da chi li ritrova malandati per le strade di tutto il nord Italia.
Centro la Ninna, il piccolo riccio con un grande cuore
Ogni riccio ha una sua storia. Molti di loro devono essere imboccati con una comune siringa da insulina in quanto non riescono a mangiare da soli, o hanno patologie che richiedono una particolare alimentazione. Ogni riccio segue cure dedicate e necessita di farmaci di ogni tipo, somministrati in differenti modi e con tempistiche precise. Le mie mansioni, quel giorno, sono di pulizia delle gabbie e dei recinti. Confesso a Barbara che, facendo pulizia e spostando le casette di legno dove i ricci dormono, ho paura di svegliarli e spaventarli, ma vengo tranquillizzato in quanto difficilmente ne vedrò qualcuno. Gli ospiti se ne guardano bene di uscire allo scoperto, quando possono rimanere accucciati in comode e calde casette piene di paglia.
Girovagando tra i vari locali mi colpisce una teca di vetro con all’interno decine di copie di 25 Grammi di Felicità tradotto in differenti lingue. Scritto da Massimo, è diventato un best-seller ed è il motivo per cui oggi sono qui. La mia compagna me l’aveva indicato in una libreria di Varese, sapendo che la foto in copertina di un cucciolo di riccio mi avrebbe colpito al cuore. Massimo ha poi pubblicato altri tre libri: Ninna, il piccolo riccio con un grande cuore, dedicato ai bambini, Cuore di Riccio e Raccontami Qualcosa di Bello.
Un posto angusto è reso luminoso da 180 ricci
La giornata passa in fretta e, salutato Massimo, mi avvio verso casa. L’esperienza non è semplice, sotto diversi punti di vista. Un posto angusto, un odore acre, la pulizia di escrementi, vomito e sporco nelle gabbie non sono le prime caratteristiche che balzano alla mente quando si pensa a una comoda domenica di relax.
Eppure, arrivato a casa mi sento in debito. Mi sdraio sul comodo divano di casa, immerso tra il silenzio e una pulizia sia letterale che visiva. Ho arredi semplici, minimali e pochi oggetti. La casa profuma di nuovo e l’unico animale è Achi, un volpino di cinque anni tutto pelo che viene sgridato se sale sul divano. In quel momento provo la stessa sensazione che ho avuto di ritorno da un viaggio come volontario in una favelas di Rio De Janeiro. Mi sembra come se la vera vita sia là, tra i campi di calcetto e la povera gente, tra centottanta gabbie di ricci in una casa del 1700, tra gli odori e i profumi delle favelas brasiliane, tra le terapie di Narzole, riccia neurologica, e Vick arrivato al Centro pieno di rogna e ora rinato.
Centro la Ninna e la strada per un mondo migliore
Sarà la casa settecentesca con porte in ogni dove, sarà che non è usuale trovarsi letteralmente attorniati da quasi duecento ricci, ma è come se fosse un mondo parallelo, con le sue logiche e la sua dimensione temporale. Penso a Massimo che sta facendo una diretta Facebook mentre sfama un riccio disabile alle undici e trequarti di sera, così come cinque anni fa pensavo alla Rio che non dorme mai, con gente ai bordi della strada che balla, gioca a calcio e si gode la vita con il poco che ha. Mi sento in debito con Massimo, perché Massimo è l’eccezione. La sua è una missione e, se non lo vivi in prima persona, viene difficile spiegare cosa è il «Centro la Ninna». Chissà quanti lo reputano fuori dal mondo.
Dopotutto i ricci sono piccoli animali selvatici, all’apparenza inutili, meno attraenti di un bel gattino tutto pelo e che hanno sempre vissuto senza che nessuno si prendesse cura di loro. Eppure, credo, che la strada verso un mondo davvero migliore parta anche da un accrescimento della nostra sensibilità. Un riccio è un essere vivente indifeso, innocuo e che spesso rimane vittima per opera nostra. Se c’è un uomo che sta letteralmente dedicando la vita a prendersi cura di loro va solo stimato e ringraziato.
Come recita una scritta sul muro del Sermig di Torino, «la bontà è disarmante». Questa sera mi sento in debito perché oggi Massimo e Barbara mi hanno sbattuto in faccia palate di bontà e arrivato a casa non vedevo l’ora di mettermi a scrivere queste righe. La bontà è disarmante quanto contagiosa e uno dei modi che ho per sdebitarmi con loro è contagiare voi, lettori, parlandovi di tutto il bene che ho visto oggi, in quella casa del 1700 arroccata con una vista mozzafiato sulle Langhe e centottanta ricci indifesi bisognosi di aiuto.