Il fenomeno dei NEET e le parole del Cardinale Zuppi

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Di Margherita Luciani

Il mondo giovanile è molto complesso e variegato e nella complessità dei ragazzi che lavorano, studiano, non studiano e non lavorano, troviamo anche I cosiddetti NEET, ragazzi che non cercano lavoro e che non studiano. Purtroppo l’Italia è in testa alla classifica in Europa per numero di NEET, ragazzi che vivono disagi anche molto profondi.

Abbiamo intervistato il Cardinale Matteo Maria Zuppi, nominato nel 2015 arcivescovo di Bologna da Papa Francesco, in qualità di grande esperto di giovani e noto per le sue posizioni aperte nei confronti di tutti: Matteo, come ama farsi chiamare, è un prete di strada e sta segnando una svolta nella Chiesa di Bologna con la sua azione profondamente riformatrice e innovativa.

È stato infatti il primo vescovo di Bologna a parlare sul palco del Primo Maggio, a entrare in un centro sociale, a dialogare con la comunità LGBT e a far ballare i profughi nella basilica di San Petronio durante la messa per il Santo Patrono.

Michele: Buongiorno a tutti. Io volevo chiedere questo: noi giovani siamo il futuro. Per la nostra esperienza, pensiamo che una strada possibile sia quella di unire le fragilità e i talenti, le difficoltà e le forze, quindi dolore e vita, creando però, bellezza e valore condivisi. Voi cosa ne pensate?

Cardinale Zuppi: I valori condivisi sono fondamentali. È il punto del noi. Per chi faccio certe cose? C’è bisogno di ritrovare quei valori condivisi, per esempio l’Europa.

A me ha colpito tantissimo per motivi non solo personali, l’affetto che ha circondato David Maria Sassoli, al di là di qualsiasi appartenenza, era proprio un affetto trasversale, perché c’erano dei valori condivisi.

È anche un modo di esprimersi e di dare senso alla propria vita.  Ci sono cose per cui vale la pena curare questo mondo, dare attenzione ai più fragili e seminare un’altra espressione davvero molto importante quando si guarda al futuro.

Margherita: Giovani e vecchi sono stati sempre percepiti come separati nella mentalità del senso comune? Ma sono un po’ un falso binomio, in verità, perchè separati non lo sono mai stati.

Come possiamo evitare quelli che vogliono separarci e che vogliono metterci gli uni contro gli altri? Come possiamo evitare questa frattura intergenerazionale per riunirci?

Cardinale Zuppi: Giovani e vecchi è l’alleanza, perché, attenzione: i vecchi possono diventare anche quelli che ti opprimono sostanzialmente e ti condizionano, quindi anche gli avversari, perché se un vecchio costa e costerà molti soldi, c’è qualcuno che ce li dovrà mettere e i giovani che saranno sempre meno, dovranno curare sempre più «vecchi con più possibilità di vita, con il peso che questo comporta».

Se un vecchio costa e costerà molto, i giovani li dovranno curare. Ci vuole tanta alleanza tra le generazioni e questa è una grande sfida che chiede anche ai vecchi di sognare. Se i vecchi sognano, anche i giovani troveranno il loro modo e la loro responsabilità per sognare. I giovani saranno sempre meno e dovranno curare sempre più vecchi.

Silvia: La mia domanda è abbastanza generale. Qual è la differenza tra la sofferenza dei ragazzi di strada, di quelli che si trovano in carcere, di chi non ha una prospettiva e di chi invece come noi del Bullone si trova in situazione di malattia o di ospedale?

Cardinale Zuppi: I disagi hanno tanti nomi, si esprimono in tanti modi e tutti sono diversi, qualche volta chi è più fragile ne risente ancora di più e a volte questo disagio diventa disperazione, a volte addirittura dipendenza.

C’è chi lo sa gestire meglio, ma non è detto che non si porti dietro quello stesso disagio o quella stessa malattia, e quindi anche qui se ne esce davvero soltanto insieme. Spero di aver risposto.

Oriana: Io faccio parte della generazione precedente rispetto a quella di cui stiamo parlando dall’inizio dell’incontro, che è quella dei trentenni. È un buco nero immenso e lo è da anni.

Abbiamo parlato di progetti bellissimi fin qui, ma tutti dedicati agli under trenta o alle scuole. In questo momento di pandemia si è sentito anche di più. Dobbiamo sempre dipendere dalla generazione precedente: abbiamo una facilitazione per i mutui agli under trentasei, che però non hanno mai avuto un contratto a tempo indeterminato e non lo hanno da almeno quindici anni. Io dovrò sempre dipendere dalla generazione precedente alla mia, e non sento mai parlare nessuno di questo.

Da parte vostra, della generazione dei boomer, si potrebbe iniziare a fare qualcosa nel concreto e nella pratica. Quando eravamo ventenni eravamo troppo giovani per fare tutto, quando siamo diventati trentenni c’è stato precluso tutto, perchè passati i ventinove anni non sei più neanche parte di una statistica dei NEET.

La mia domanda riguarda la paura, perché noi B.Liver la paura la conosciamo bene: la pandemia lascia una paura che non fa intravedere il progetto di futuro, quindi qual è l’approccio che si può decidere di avere tutti insieme per affrontare la paura?

Cardinal Zuppi: La paura è importantissima e anche il discorso su questa generazione, che in effetti non entra nel treno del PNRR perché è arrivato dopo, però si sono beccati tutti i problemi, per esempio il precariato, che è una tragedia.

Noi ci dobbiamo vergognare perché effettivamente quel precariato vuol dire anche che tu mantieni il tuo potere, vuol dire che non ti sei compromesso e che non ti sei preso le tue responsabilità, vuol dire che non hai qualcuno che si gioca con te. Non hai qualcuno che ti dica «io ti assumo, punto, e poi ci pensiamo insieme». Io servo a te tu servi a me.

Il precariato invece, è molto volubile. Credo poi che il discorso della paura perduri nel tempo e faccio il paragone con il terremoto. In fondo è come il terremoto: non lo senti solo quando c’è la scossa, lo continui a sentire anche dopo, specie le conseguenze.

Quindi la paura si riaffaccia. Il contrario della paura, a mio parere, non è il coraggio, ma la passione. Non è che hai tutte le risposte e apri le porte di case. Vai avanti non perché hai coraggio e hai risolto tutto ma perché hai passione. O se volete, possiamo dire amore.

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi chiude l’intervista dicendo che sarebbe bello rivederci, perché queste ultime domande aprono molta bellezza, dei temi fondamentali che sarebbe bello guardare di nuovo tutti insieme.

Chiudiamo il colloquio con un’enorme dose di speranza: quella cosa che permette di credere che un desiderio o un obiettivo si possa raggiungere anche se non ci sono segni evidenti, anche se tutto sembra remare contro e anche se, ad oggi, molti, troppi ragazzi di desideri ne hanno raggiunti pochi, anche perché schiacciati dal mondo degli adulti.

Chiudiamo anche con l’auspicio che le cose che non vanno bene possano cambiare e che si possano creare le condizioni grazie alle quali ci siano sempre meno NEET, perché ogni ragazzo e ogni giovane possa trovare il suo posto, il suo spazio e il suo modo di comporsi nella famiglia, nella società e nel mondo.

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