La memoria. Una facoltà essenziale. è qualcosa che, appena ci rendiamo conto di aver perso tutto, ci tiene attaccati alla vita.
di Pietro Lenzi
Immaginiamo di perdere tutto. Pensiamo per un attimo di trovarci in una sorta di teatro della vita dove si sente unicamente il battito del nostro cuore e la sua eco. Sul palco ci siamo solo noi.
Le cose mondane, gli amici, la nostra famiglia e ogni cosa che ci tiene compagnia sparisce.
Attorno il deserto, scegliete voi quale. Sassi o sabbia? Non importa, ciò che conta è che siamo unici al mondo.
A questo punto, in uno scenario totalmente distaccato da tutto e tutti che cosa ci rimane? Che cosa ci identifica? Che cosa ci salva?
La memoria. Una facoltà essenziale. è qualcosa che, appena ci rendiamo conto di aver perso tutto, ci tiene attaccati alla vita. è ciò che ci permette di accedere ai ricordi, il serbatoio della nostra essenza, della nostra identità, affetti, passioni e, per estensione, della nostra esistenza. Nell’ultimo incontro con il Bullone, avvenuto all’interno del mio liceo a Vimercate (l’emozione è stata unica), è emerso ancora una volta il tema della memoria, quando se ne era appena discusso la settimana prima nella sede del giornale, grazie allo spunto proposto da Chiara.
Sfruttare la memoria
Si è parlato anche di futuro al Liceo Banfi, una delle domande è stata: che cosa ci aspettiamo dai prossimi anni?
Ecco, io mi aspetto che nel futuro si recuperi veramente la memoria e si inizi a sfruttarla come faro, come guida per i tempi che verranno.
Tale «strumento» aiuta le persone a riconoscere chi sono e un esame dei ricordi ci permette di correggere i comportamenti che non ci sono andati a genio o che hanno danneggiato qualcuno, per prevenire errori nelle azioni future. La memoria ci aiuta dunque a maturare.
Un ricordo recente che conservo con molto piacere è quello di una passeggiata per il centro di Monza, dove ho avuto modo di sentire delle signore brianzole DOC che discutevano di un’azione solidale condivisa nei confronti dei profughi ucraini: la loro idea era quella di comprare dei viveri in più per loro al supermercato, un gran bel gesto ancora più bello se voltandosi per strada, si ha la possibilità di scorgere altre molteplici dimostrazioni di umanità (Monza era ricca di avvisi con numeri di telefono per raccogliere altri beni primari da inviare alle vittime di guerra).
Vedere la partecipazione attiva di signore anziane mi ha colpito. Che cosa spinge un gruppo di donne un po’ in là con gli anni ad aiutare altri esseri umani che si trovano a migliaia di chilometri di distanza da loro? Sicuramente una forte umanità e poi chissà, magari i ricordi di esperienze di solidarietà vissute in prima persona, o gesti di generosità ricevuti. Insomma, azioni che, in qualche maniera, hanno contribuito a dare loro un sollievo personale, un sentimento di benessere che si può anche definire «egoistico» e che, sotto sotto, spronano a cercare di nuovo quel tipo di appagamento tanto speciale.
Nel contempo, però, questi gesti danno anche un supporto al destinatario, aiutandolo concretamente, fanno del bene un po’ a tutti.
Dov’è la memoria dell mondo?
Come mai allora la memoria di due anni di pandemia in cui si sono susseguite azioni di umanità disarmanti e di unità tra le persone, perdite, sacrifici e rinunce ci troviamo oggi, come tutti i giorni, ad assistere a episodi di violenza e guerra? Dov’è finita la memoria mondiale? Non ci basta un campionario di oscenità da una parte contrapposto ad azioni squisite dall’altra per indicarci ciò che è giusto o ciò che non lo è? Non ci basta analizzare i nostri ricordi personali per capire dove abbiamo sbagliato? E quando la memoria è così fresca e mesi e mesi di chiusure e di crisi sono alle nostre spalle, non dovremmo ripensare a quanto ci mancavano gli altri, prima di assalirli?
Mi chiedo se la malvagità non dipenda anche da un rifiuto di un’accurata analisi dei ricordi.
Poi mi viene in mente che, secondo una prospettiva completamente discordante di Nietzsche, è proprio la non-memoria, l’oblio, ciò che ci permette di vivere completamente nel presente.
Allora forse per trovare un compromesso, bisognerebbe ascoltare la propria morale interiore qui ed ora e, se si riesce, volgere lo sguardo anche ai ricordi, per non perdere di vista come vogliamo veramente agire oggi per evitare, prima di tutto, conflitti interiori.