Guido Gallini e Martina Manfreda, hanno scelto una vita non convenzionale, sono in Francia a Fronton, con una telefonata mi sono fatta raccontare la loro storia.
Guido Gallini e Martina Manfreda, 30 e 27 anni, hanno scelto una vita non convenzionale. Come in Nomadland, il film di Chloé Zhao, sono partiti in viaggio in giro per l’Europa vivendo l’essenziale. Attualmente sono in Francia a Fronton. Li raggiungo con una telefonata per farmi raccontare la loro storia.
Come vi siete conosciuti?
M: «A un Festival musicale, molto tempo fa e siamo diventati amici. Abbiamo sempre mantenuto vivo il nostro rapporto. Nel 2018 in Francia, avevo iniziato la mia esperienza vivendo in tenda, Guido mi ha raggiunta e abbiamo unito le nostre strade. Durante il viaggio ci siamo innamorati».
G: «Lavoravo come rider a Cremona. Ho sempre avuto il desiderio di partire per aprire i miei orizzonti. Con Martina ho avuto l’occasione di condividere questo sogno e l’ho colta».
Qual è la vostra «casa»?
G: «Un camion Mercedes di nove metri e mezzo, attrezzato con tutto ciò che serve a me e Martina».
Come vi guadagnate da vivere?
M: «Con lavori stagionali. Raccogliamo la frutta nel periodo estivo o tagliamo la vigna in inverno. I soldi che guadagniamo in sei mesi ci bastano per un anno. Nel resto del tempo viaggiamo. Quando siamo in movimento, arrotondiamo con spettacoli per bambini».
Come decidete il percorso di viaggio?
G: «Dipende dai soldi. Se abbiamo più denaro per il gasolio ci possiamo permettere di aggiungere tappe e perderci nella natura. Se scarseggiano, scegliamo delle mete più turistiche dove stazionare più a lungo e fare spettacoli».
Come vivete il rapporto con la natura?
M: «L’impatto ecologico è un tema che abbiamo a cuore. Ci teniamo molto a rispettare l’ambiente inquinando il meno possibile e adottando uno stile di vita sostenibile. A livello alimentare riduciamo al minimo gli sprechi, ricicliamo i cibi in scadenza dei supermercati».
Come vivete la vostra quotidianità?
M: «Viviamo il presente. Per il momento non abbiamo in progetto di avere un figlio, abbiamo la nostra cagnolina e siamo felici così».
G: «Abbiamo la fortuna di non avere affitti e scadenze. Quello che guadagniamo, ce lo sudiamo e ce lo godiamo insieme giorno per giorno».
Guido e Martina, un messaggio per tutti
Cosa pensano le vostre famiglie di questa scelta?
M: «Mia mamma era preoccupata, non condivideva. Dopo cinque anni si è ricreduta. Sono indipendente, so gestire il mio tempo e le mie risorse. Ora mi sostiene, è felice perché sa che sono felice con Guido».
G: «Mia mamma è sempre stata dalla mia parte. All’inizio non voleva lasciarmi, essendo figlio unico. Ora rimpiange di non aver fatto anche lei questa scelta».
Che cosa vi ha insegnato questa esperienza?
G: «A godere di cose semplici, come l’acqua. Immergersi nella natura incontaminata. Gioire dell’essenziale. Sono appagato e soddisfatto».
M: «Ad avere più rispetto per le persone. A fare amicizia in modo più sincero. Aiutare, aiutarsi a vicenda. In Francia molte persone vivono come noi. In questo ambiente ci si approccia al prossimo con più solidarietà. Nessun soldo o bene materiale potrà mai sostituire questa ricchezza».
Com’è il vostro rapporto con la tecnologia?
M: «Avevamo ricevuto una proposta per raccontare il nostro diario di viaggio attraverso Instagram. Siamo stati tentati, ma abbiamo capito che non fa per noi. Impiegare tempo per fare foto, video, e passare ore poi a doverle editare, montare, non ci interessa. È solo apparenza. Cercare l’approvazione di un pubblico è parte del sistema ed è incoerente se hai scelto una vita non omologata».
Il ricordo più bello che avete?
M: «Ho un ricordo speciale dei due mesi in Albania. Abbiamo incontrato persone che viaggiavano come noi. Si è creato spontaneamente un piccolo villaggio dove ognuno si occupava di fare qualcosa per contribuire al bene di tutti: è stato emozionante».
G: «Una sera, a fine anno, facemmo un enorme falò in gruppo. Un amico mi spiegò che ogni anno celebrava questo rito per purificarsi e liberare le cattive energie. Mi colpì talmente che promisi a me stesso che lo avrei fatto anch’io».
Cosa vi preoccupa? Avete brutti ricordi?
M: «I problemi ci sono, ogni tanto possiamo attraversare momenti di difficoltà. Il camion è l’unica cosa materiale fondamentale per noi, essendo la nostra abitazione. Così siamo più esposti a situazioni di disagio. Il maltempo, per esempio, a volte può essere insidioso. Anche quando mi sono rotta una gamba, è stata dura, ho pensato di tornare a casa per un periodo, ma Guido mi ha costruito un carrellino per aiutarmi a camminare».
G: «Tutte le volte che si rompe il camion. È la mia unica paura. Vivendo sulla strada qualsiasi imprevisto può essere pericoloso. Anche banalmente bucare una gomma, o avere problemi al motore».
Come vi immaginate fra dieci anni?
M: «In realtà non sappiamo neanche cosa faremo fra un mese. Un progetto sarebbe acquistare un terreno per vivere di autoproduzione. L’intento è continuare a essere indipendenti e a contatto con la natura».
Avete un messaggio che volete lasciare?
G: «Mi pento di aver sprecato cinque anni a lavorare in una pizzeria. Tanti giovani si adattano a fare lavori sottopagati, spesso lontano dal settore che hanno scelto come percorso di studi. Il mio consiglio è di provare a fare una scelta con una mentalità diversa. Eliminate il superfluo. Partite se non avete legami. Fate un’esperienza che vi permette di esplorare nuove culture, imparare una lingua nuova, conoscere persone stimolanti. Migliorerete voi stessi».
M: «In Italia il lavoro a tempo indeterminato è un po’ sopravvalutato. Se accettassi un lavoro che non mi rispecchia, sarebbe una grave forma di sconfitta e tristezza. L’importante per me è essere felici e mettere questo sempre al primo posto».